Il figlio, un western anomalo per Philipp Meyer
“Mi hanno profetizzato che sarei vissuto fino a cent’anni e siccome li ho compiuti non vedo perché dovrei dubitarne. Non morirò da cristiano, ma il mio scalpo è intatto e se esiste un terreno di caccia eterno, lì sono diretto. Oppure allo Stige”.
Il nuovo libro di Philipp Meyer, Il figlio, è già stato definito come un “romanzo western anomalo e modernissimo, fortemente politico e per nulla ideologico”. Protagonista dell’opera è la famiglia McCullough, generazioni di pionieri giunti dal Vecchio Continente nel selvaggio West per ricominciare lì dove la legge è un accessorio poco utilizzato.
Meyer prosegue idealmente il percorso iniziato con il suo Ruggine americana, dove l’attenzione era concentrata sulle rovine dell’impero industriale statunitense, e ne Il figlio riprende proprio il discorso facendo un passo indietro, all’epoca in cui quello stesso impero venne costruito, un tempo passato controverso, dove il confine fra eroismo e ferocia è talmente sfumato da sovrapporsi più volte, forse troppe.
Molti i critici entusiasti de Il figlio di Meyer, definendolo, così come ha fatto Bookseller, «il miglior romanzo americano di questo secolo fino ad oggi. Si pensi a un Cormac McCarthy dai personaggi femminili forti, o a un Jonathan Franzen più viscerale»; «La storia degli Stati Uniti scritta nel sangue sulle pianure del Texas, un ciclo di duecento anni di ruberie e assassini che fa a brandelli qualunque mito aureo di sviluppo civile» secondo The Washington Post.
Il figlio di Philipp Meyer – La trama
Il Texas è stata a lungo una terra di conquista, grandi praterie che aspettano solo un “padrone”, un padrone selvaggio anche se proveniente – così si dice – dal Mondo Civile. Di quelle praterie resta, a poco a poco, sempre di meno, lasciando il passo a ranch enormi di proprietà di pochi allevatori che regnano a mo’ di monarchi assoluti.
Il Texas è una terra violata, vittima del massacro di se stessa. E la colpa è proprio dei nuovi re del petrolio, tutti con la stessa storia alle spalle: arriva, uccidi, comanda, sei ricco.
La medesima condizione accomuna le famiglie locali, compresa quella dei McCullough, dei quali Eli è il patriarca ormai centenario. Giunti da semplici pionieri, oggi sono dei patron milionari.
Eli è “il colonnello”, che con pugno duro non ha fatto altro che calpestare ogni cosa intorno a sé che ostacolasse la sua ascesa. Della stessa tempra è Jeanne, la pronipote di Eli, magnate dell’industria petrolifera in un mondo ormai completamente mutato. Chi, invece, difetta è Peter, chiamato “la grande delusione” perché il suo modo di vedere è diverso da quello degli altri McCullough, perché sogna un futuro diverso che non sia solo quello del petrolio che insozza e viola la terra.
Ma quando lo scontro finale busserà alla porta dei McCullough, sarà Jeanne a dover fare i conti con il passato, lei che adesso detiene in mano le redini della famiglia. Perché il rimosso, spesso, ritorna.
Il figlio di Meyer è edito da Einaudi, e disponibile per l’acquisto su Ibs a 17,00 euro.