Chi perde paga. Il ritorno di Stephen King al poliziesco hard boiled
Quest’anno, i fans italiani di Stephen King, hanno avuto di che gioire visto i due libri in uscita a pochi mesi l’uno dall’altro. Dopo Revival (arrivato in libreria a marzo), a settembre è stata la volta di Chi perde paga (Sperling & Kupfer, 469 pagine), secondo capitolo della trilogia hard boiled iniziata con Mr Mercedes. Sarà riuscito King a soddisfare le aspettative? Scopriamolo insieme…
Jimmy Gold non deve morire
1978. Tre uomini fanno irruzione in casa di John Rothstein con i volti coperti da passamontagna. Cercano la cassaforte e prendono in ostaggio Rothstein per farsi rivelare la combinazione. Sembra una rapina come tante ma non sono i soldi il vero obiettivo di Morris Bellamy. Rothstein è uno scrittore; anzi, lo scrittore. La sua trilogia di Jimmy Gold è un capolavoro della letteratura americana. Eppure sono quasi vent’anni che Rothstein non pubblica più nulla. Bellamy è lì per i taccuini che contengono i romanzi mai pubblicati della serie. E per farla pagare a Rothstein, colpevole di aver fatto finire Jimmy Gold, icona delle contestazioni del dopoguerra, come uno sfigato qualunque. Bellamy uccide lo scrittore, e nasconde i soldi ed i taccuini in un luogo sicuro, finché le acque non si saranno calmate. Ma le cose non vanno proprio come previsto, e Bellamy dovrà aspettare ancora molto prima di poter mettere le mani sugli inediti di Rothstein.
Più di trent’anni dopo, un ragazzino, Pete Saubers, trova per caso un baule. Al suo interno ci sono quasi ventimila dollari in contanti, e decine di taccuini…
Per una serie di coincidenze Pete Saubers chiederà aiuto a Bill Hodges, protagonista del libro precedente. Con l’aiuto dei suoi assistenti Holly e Jerome, il detective in pensione dovrà indagare sulla provenienza del baule.
Finders Keepers
L’incipit di Finders Keepers (questo il titolo originale dell’opera, sicuramente più adatto ed evocativo rispetto alla ”traduzione” italiana) ricalca l’intuizione che stava dietro Misery, altro romanzo di King (da cui è stato tratto il film Misery non deve morire). Nel libro del 1987, l’idea di un lettore deluso che sfoga la propria rabbia sullo scrittore, faceva da base per un thriller claustrofobico e violento; qui, invece, viene usata come spunto su cui costruire un poliziesco d’azione. Operazione riuscita? Non proprio. Innanzitutto perché di suspense e di mistero, in questo libro, ce n’è ben poca. La narrazione alterna i punti di vista di Bellamy, di Pete e di Hodges: se l’espediente forse può aiutare ad immedesimarsi nei personaggi, fa però in modo che il lettore sappia tutto già fin dall’inizio. La storia, fra l’altro, è abbastanza povera di colpi di scena. Già dopo i primi capitoli non è difficile immaginare come si evolverà la vicenda, e andando avanti la sensazione di ”piattezza” non tende a diminuire. Si sente la mancanza di quel guizzo di creatività in più che avrebbe potuto movimentare il tutto.
A salvare il libro dalla noia, però, ci pensa lo stile colladauto da page turner che contraddistingue King – leggero, veloce e un po’ stereotipato, ma godibile – e un abbozzato sottotesto sull’importanza della letteratura. Tutto sommato un po’ poco, per un genere che dovrebbe basarsi sulla ricostruzione delle indagini (qui ridotta al minimo) e sui colpi di scena. E’ indicativo il fatto che la parte più interessante del libro siano i due capitoletti in cui fa la sua ricomparsa il cattivo di Mr Mercedes – a libro finito, si ha l’impressione che Chi perde paga sia un godibile ma poco ispirato riempitivo prima del capitolo finale della trilogia.
I libri di Stephen King
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