Leopardi di Pietro Citati: alla riscoperta dei classici della letteratura italiana
Non sempre i classici della letteratura italiana, al di fuori dei testi scolastici hanno successo presso il grande pubblico. Anche perché, spesso, una loro lettura e altrettanta interpretazione risultano, ai meno esperti, alquanto difficili e poco scorrevoli. Il grande poeta dell’infinito Giacomo Leopardi è il protagonista indiscusso di un intervento di rivisitazione che rende più fruibili le sue opere.
Si tratta del Leopardi (ed. Mondadori) di Pietro Citati, scrittore e critico lettario di pregio e di lunga carriera. È una monografia-biografia che ripercorre la vita del poeta di Recanati schivo e taciturno, attraverso dettagli e particolari della sua storia personale, che ne chiariscono il senso delle opere. Qui è evidente lo stile poliedrico di Citati che ben si adatta alla narrativa, alla saggistica e alle biografie di grandi personaggi.
Dall’infanzia e dalla descrizione dei suoi genitori nel natìo borgo selvaggio, dai primi componimenti sino alle opere della maturità. Dal rapporto freddo e distaccato con la madre Adelaide, figura distante e misteriosa che ricorda la Natura nel Dialogo dell’Islandese al padre Monaldo affettuoso e presente nella vita di Giacomo. Sensazioni e pensieri, dall’infanzia felice e spensierata, all’inquietudine e al tormento che si affacciano in età giovanile, accanto alla malattia e agli studi matti e disperatissimi.
Oltre che dalla documentazione storica, il racconto è arricchito dalla lettura delle opere in versi e in prosa, comprese le lettere dell’Epistolario e alcuni dei passi dello Zibaldone. Una lettura suggestiva che rende più vicino il pensiero del poeta dell’800, accanto a interessanti e poco conosciuti aneddoti. Fa riflettere come Leopardi che non conosceva tempi e luoghi moderni, potesse comprendere anche gli anni successivi. Turbamenti e inquietudine, ricerca della felicità nelle sue pagine che risultano ancora più che attuali. C’è un passo nel libro infatti in cui questo concetto è espresso da Pietro Citati: “Leopardi non apparteneva a nessuna epoca, né a quella presente né a quella passata. Era a casa dappertutto e da nessuna parte. Questa radicale estraneità gli permise di comprendere come nessun altro il diciannovesimo secolo e il ventesimo secolo, la società borghese e quella di massa”.
Pietro Citati con questa ulteriore rivisitazione conferma il suo innato amore per gli classici: quelli che ti possiedono completamente. E proprio i classici hanno rappresentato il metro di paragone e il “pomo della discordia” per cui il critico si è scontrato con i nuovi autori che mai potranno essere considerati alla stregua dei classici e neanche meritano di essere letti. Una vera e propria diatriba sui classici iniziata tra le pagine del Corriere della Sera e proseguite in televisione e in rete con Giorgio Faletti.
Un libro che fa riscoprire l’intensità della parola leopardiana, dalla prosa alla poesia, la musicalità del verso, la suggestione delle figure retoriche. La vena malinconica dei suoi pensieri, le illusioni, la giovinezza conosciuta nel momento in cui passa e rimpianta proprio quando è ormai perduta, come unico fiore della nostra arida vita. Ma aldilà della realtà contingente, aldilà di ogni siepe, i versi di Leopardi raggiungono la luna e le stelle, sino a toccare l’infinito.