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Storia della mia gente. Il Premio Strega 2011 racconta la sua storia, che è stata quella di molti di noi.

Storia della mia genteStoria della mia gente (ed. Bompiani, 10,25 € su Feltrinelli.it), di Edoardo Nesi, non è un romanzo, ma un racconto veritiero di una realtà che esiste sempre meno.

L’autore, grazie a questo libro, ha vinto il Premio Strega 2011, con 138 voti totali ma il dissenso di Antonio Pennacchi, presidente della Giuria in quanto vincitore dello Strega 2010.

E’ un libro che colpisce sotto alcuni aspetti, ma è un po’ nostalgico per la vicenda stessa che narra, ovvero proprio la sua storia, quella della famiglia di Nesi.

L’autore è nato nel 1964 ed è stato erede e proprietario del Lanificio T.O. Nesi & Figli SpA, l’azienda tessile della sua famiglia. Ma nel settembre 2004, quarant’anni dopo, per la crisi è stato costretto a venderla, con il consenso di tutta la famiglia. E Nesi stesso ci dice che “quando vendi un’azienda, vendi anche la sua storia”.

Questo è il suo racconto, che racchiude le problematiche e i bisogni della provincia italiana, in questo caso di Prato, ma che si può generalizzare in molti altri luoghi della penisola.

L’industria tessile del capoluogo di provincia toscano è cresciuta, nel secolo scorso, fino a diventare un modello per il Paese e in grado di esportare all’estero prodotti di altissima qualità. Questo ha creato con il passare degli anni, tra gli abitanti della cittadina, un benessere diffuso a cui pian piano ci si è abituati, oltre al lavoro costante che ha permesso loro di prosperare.

Le aziende della città, piccole e medie, erano per lo più a conduzione familiare, con una sua moralità e la capacità di “trasformare gli stracci in buoni tessuti” e “che aveva trasportato tutti, capaci e incapaci, industriali e dipendenti, ben oltre i loro limiti”.

Nesi ci racconta gli anni tra i telai e i viaggi in Germania con la Mercedes del padre, le grandi produzioni e dei vari materiali prodotti, dalle coperte ai cappotti ai paltò.

Dunque accetta volentieri di far parte dell’azienda del padre perché, per quanto non certo uno dei più prestigiosi, tuttavia era ben redditizio se fatto bene e con serietà. Racconta che, da buon padrone di fabbrica, dava lavoro a molti conterranei e loro famiglie, ma questo negli anni ’60 e ’70, quando l’Italia era in rapida crescita economica, e Prato non era da meno.

Poi nel 1990 è iniziato il processo di globalizzazione dei mercati, insieme alla lenta ma forte e inesorabile crescita cinese, che ha cominciato a portare una concorrenza schiacciante. E con questa, la crisi e il disfacimento del tessuto industriale.

Nesi non poteva far altro che raccontarci tutto questo con una struggente malinconia, il collasso del mondo in cui è nato,vissuto, prosperato e infine declinato. Il racconto prosegue per tutti gli anni fino alla cessione dell’azienda. Ma lo stile che usa non è da diario, né tantomeno da racconto di storia. Certo in questo modo non avrebbe vinto lo Strega.

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Invece ci porta all’interno di questo mondo passato – pur recentemente – con uno stile diretto a metà tra reportage giornalistico e pagine di letteratura. Nesi infatti non è solo un’industriale ma, come ci racconta, anche un appassionato di scrittura e letteratura americana, specialmente Francis Scott Fitgerald – da lui deriva appunto il titolo: “La storia meravigliosa mia e della mia gente” – e David Foster Wallace.

E il suo tempo da padrone lo spendeva anche con la famiglia, ritraendoci sua figlia adolescente, oppure ammirando i tramonti sulle Alpi apuane.

Con dolcezza e lentamente l’autore ci trascina avanti nella storia con una prosa elegante al dissanguamento della sua città: la fine di una parte di storia di imprenditoria italiana e di artigiani, fino a chiudersi un’epoca.

Non c’è solo nostalgia però. Nesi dà voce anche alla rabbia e agli umori contrastanti dei piccoli e medi imprenditori, coloro che hanno vissuto la crisi e la fine di un bel periodo in maniera molto diversa rispetto al grande establishment industriale.

“Questa è la storia della mia gente – conclude Nesi – non solo degli stracciaroli di Prato, ma di una provincia felice e intelligente, sacrificata alla globalizzazione”.

Il tutto a metà tra il romanzo e il saggio, l’autobiografia e il trattato economico. E’ dunque un libro particolare che va apprezzato per la sua sincerità. Nesi non si è identificato in un genere unico perché la realtà non è così semplice, è complessa e va resa come tale. Non è solo la sua storia, ma la storia di un’intera provincia, e i personaggi sono reali e numerosissimi.

Insieme ai modelli d’oltreoceano, lo scrittore ci tratteggia la storia con una sorta di linguaggio cinematografico, cercando non solo di trasmettere un messaggio ma anche la complicità attiva del lettore, per vedere il procedere degli eventi come rapide sequenze, intercalate con dissolvenze ad arte. Questa lingua non è solo per esprimere il suo interiore, ma anche per utilizzare una serie di simboli che palesano l’immanente decadenza.

Un libro consigliato per conoscere una parte di noi che c’era e non c’è più, ma che forse non c’è mai stata, perché è stata un’illusione costruita ad arte e durata praticamente un decennio.

Autore: Alex Buaiscia

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