Il Leopardo, recensione dell’ultimo giallo nordico. Che vi terrà incollati cercando un assassino – o forse due.
“Il Leopardo” (ed. Einaudi, 14,70 € su Feltrinelli.it), di Jo Nesbo, è l’ottavo capitolo dello scrittore norvegese riguardante l’investigatore Harry Hole.
Chi già conosce il protagonista avrà sicuramente apprezzato le qualità di questi gialli nordici, tanto che Nesbo è stato definito da molti, tra cui il Guardian, uno dei migliori romanzi di questo genere, per alcuni addirittura migliore di Stieg Larsson.
Secondo il giornale inglese, questo grazie all’utilizzo di “tutti gli ingredienti chiave di un thriller mozzafiato con saggezza e vivacità. La tensione portata abilmente al limite, il continuo cambio di scenari e di obiettivi, e il modo naturale con cui frustra ogni tentativo del lettore di indovinare cosa succederà, ti tengono incollato fino all’ultima pagina”.
Che sia superiore o meno da Larsson è difficile dirlo, in quanto sono entrambi ottimi autori e, probabilmente, senza il successo planetario del primo Nesbo non avrebbe raggiunto un tale successo.
Talmente grande che in Gran Bretagna è stato il secondo romanzo di un autore non di lingua inglese a raggiungere il primo posto assoluto tra i best seller. Era accaduto, appunto, solo con Uomini che odiano le donne, di Stieg Larsson. Il giallo del nord Europa si conferma dunque uno dei generi più in voga in questo momento. In patria ha venduto quasi un milione di copie, è stato tradotto in più di 40 lingue nel resto del mondo con quasi cinque milioni di volumi.
Il Leopardo è un serial killer che si presenta dalle prime pagine, eseguendo un omicidio efferato lasciando le vittime morire lentamente di un dolore atroce. Sulle prime si rimane un po’ scossi dalla descrizione così dettagliata e violenta di questi modi di uccidere del killer, ma poi la trama comincia a fluire.
Secondo la polizia di Oslo c’è un unico uomo che può risolvere il caso, l’unico specializzato in delitti in serie, ma che al momento non è in Norvegia, bensì ad Hong Kong. Lì, tra fumi d’oppio e debiti con la Triade, si trova il detective Harry Hole, rifugiatosi per dimenticare il passato e lenire le sue ferite, ma caricandosi ancora più di problemi e vizi.
La polizia norvegese non può risolvere da sola questa indagine, quindi manda la detective Kaja Solness a cercare Hole e convincerlo a tornare. Per quanto egli non ne voglia sapere, un problema di salute del padre lo costringe a tornare in patria. Lì la polizia lo convince ad effettuare l’indagine, anche perché pare che la sua amata, con cui il rapporto non è dei migliori, sia in pericolo di cadere nelle mani del serial killer.
Hole, per quanto sembri impossibile trovare un legame tra le varie vittime, ne trova uno, riconducibile ad una serata in un chalet di montagna. E sembra che il killer stia cercando e uccidendo una ad una le persone che erano lì quella notte, non si sa per quale ragione. Ma le indagini non lo lasceranno nel freddo norvegese, bensì nella calda Africa.
La trama si dispiega con continui colpi di scena e, anche se a tre quarti del libro penserete di aver trovato il colpevole, sarà solo alla fine, con una inaspettata conclusione, che riuscirete a tirare le fila di tutto ciò che è successo nelle 700 pagine precedenti.
Nesbo non lascia niente al caso, e ogni elemento che trovate descritto all’interno, poi verrà ripreso con un suo significato. Infatti per quanto il libro sia corposo, vi terrà con il fiato sospeso fino all’ultimo.
Il Leopardo è l’ottavo libro del detective protagonista, però sembra uno dei migliori, per quanto i primi due titoli non siano ancora stati tradotti in Italia.
Il personaggio di Hole è sempre più intrigante, pieno di sfaccettature ma solido, con i suoi problemi esistenzialisti – “tutti siamo vittime” – che forse riflettono un po’ l’ideologia dell’autore riguardo al giallo – “l’amore è una macchina per uccidere”, si legge ad un certo punto.
Hole è molto abile e intelligente, ed è capace di essere molto generoso verso gli altri, ma non ha nessuna indulgenza verso se stesso. Proprio per questo sente questa sua pulsione autodistruttiva, che rende il carattere spigoloso e al contempo molto vivido.
La narrazione, così come lo stile, sono davvero ben costruiti e oliati, non c’è quasi nulla che blocchi in qualche modo la lettura, che prosegue liscia.
C’è un po’ di macabro nella descrizione dei delitti che sono quanto di più sofisticato e improbabile si possa tentare di immaginare, e forse un certo compiacimento dell’autore nella descrizione dei “mille modi di morire” delle vittime del serial killer.
Oltre a questa differenza di stile rispetto a Larsson, ve ne sono altre piccole, per esempio le scene di sesso sono più spinte, come se fosse un aspetto necessario alla vicenda, e i dettagli delle azioni del killer sono più truculenti.
E’ comunque un libro che consigliamo di leggere, soprattutto a chi piace il filone del giallo nordico.