Intervista a Norma Stramucci autrice di Se mi lasci ti uccido
Se mi lasci ti uccido. Variazioni sul tema. Un libro di Norma Stramucci, edito in formato e-book da Abel Books. Al centro, la violenza sulle donne e il femminicidio. Un tematica purtroppo molto attuale ai giorni nostri. Ha deciso di parlarne raccontando storie di donne come tante. Perché la scelta di questo tema?
La risposta è molto semplice. Vivo. E vivendo percepisco i drammi che mi circondano. Non ho scelto io di raccontare storie sul tema del femminicidio. È stato, al contrario, quanto purtroppo accade a imporsi alla mia attenzione, a chiedermi di essere narrato. All’inizio ho avuto un dubbio, quello tra la possibilità di rendicontare, ossia raccontare storie realmente accadute o di narrare secondo il canone della verosimiglianza. Nel frattempo però è accaduto che, pensandola, vera è diventata Cristina, vera sua madre, veri i suoi bambini. Ho sofferto scrivendo ciò che le succedeva tanto quanto che se avessi avuto una persona in carne e ossa a confidarsi. Non importa dunque che sia inventata la sua storia perché Cristina sono tutte le donne che hanno subito maltrattamenti, imposizioni. Ho sentito la necessità, quasi un dovere morale, di dare un mio “civile” contributo contro la violenza sulle donne. E dunque l’ho fatto come penso di saper fare: scrivendo, dando voce, vita e anima a Cristina, Eva, Simona.
Cristina, Eva, Simona hanno in comune un tragico destino, nonostante le “variazioni sul tema”. Un invito a riflettere su un sistema che forse non tutela abbastanza donne che hanno una situazione come la loro?
Sicuramente. È facile sostenere che chi è vittima di violenza dovrebbe denunciare perché la denuncia a volte non basta anche se, da quando lo stalking è entrato a far parte del nostro ordinamento con la Legge 23 aprile 2009, n. 38, un passo avanti è stato certo compiuto. Ma lottare serve. Serve innanzitutto che le donne vittima di violenza (e tante sono le forme in cui si manifesta) sappiano di non essere sole, maturino la consapevolezza che operano tante Associazioni in grado di fornire loro soccorso. Chiedere aiuto non è vergognoso mentre il non farlo può avere conseguenze tragiche. Nella mia prima storia, quella di Cristina, racconto di come anche una madre può essere responsabile di quanto subisce una giovane donna, se non vuol vedere. E di quanto responsabili possiamo essere tutti se, per esempio, ci accorgiamo che nella casa dei vicini si “urla” ma si fa finta di non sentire.
Nel libro, fra le storie, c’è un intermezzo che è una sorta di testo teatrale intitolato La sposa lumaca. C’è una metafora in questa storia. La natura di questi uomini con le loro donne, raccontata attraverso la lumaca e la lucciola maschio. Perché questo intermezzo? Perché questo titolo? Ci spiega la metafora che si cela?
La sposa lumaca è la spia che chiarisce che il mio non è un libro “femminista”, nel senso che non è “contro” gli uomini. Esistono uomini sensibili, attenti, che sono in grado di controllare sempre le proprie reazioni emotive, che non farebbero mai del male né alle loro compagne né ad altri. Tale è appunto lo sposo della lumaca che dà il titolo al racconto. Essere sposi (e in questo senso si è sposi anche se non si è sposati, nel senso che non è un documento ciò che sancisce un’unione) significa amarsi nella diversità; significa anche contrastare la violenza altrui fino a che si può, con gli strumenti che ciascuno ha a disposizione. Mi parla di metafora e dunque la esplicito ancora, con parole semplicissime: l’amore è possibile e negli uomini ho tanta fiducia. E infatti, tanti sono gli uomini che allibiscono di fronte alla violenza. E reagiscono!
Se mi lasci ti uccido. Variazioni sul tema non è la sua opera d’esordio di cosa si è occupata precedentemente?
Con Se mi lasci ti uccido. Variazioni sul tema sono al mio sesto libro. Ho esordito come poeta e, in quanto tale, ho avuto la fortuna di essere pubblicata in una splendida collana della Manni, insieme a nomi come Caproni, Sanguineti, Pagliarani, Malerba, Volponi… Ho avuto anche la fortuna di avere una critica all’avanguardia, da Luperini a Raffaeli che insieme a Mario Luzi hanno curato le introduzioni dei miei libri, a Dante Della Terza. Già in poesia però ho amato la poemicità, il senso della storia che poi, narrativamente, è confluito in Se mi lasci ti uccido. Soddisfazioni (ma non quante ne avrei desiderate!) mi ha poi procurato la mia quinta pubblicazione, anch’essa attualissima: Lettera da una professoressa, ancora Manni editore. Un libro in cui ho voluto parlare di quel rapporto stretto e ben particolare che si crea tra un insegnante e un suo studente, un bulletto, in questo caso, che la professoressa, al contrario di quanto avevano denunciato i Ragazzi di Barbiana, cerca di condurre alla dignità di cittadino, mostrandogli la strada per conoscere non solo i suoi diritti ma anche i suoi doveri.
Ha in cantiere nuovi progetti editoriali?
Sto lavorando a un romanzo particolare poiché vi convivono quotidiano e surreale. I miei maestri preferiti in questo percorso: Kafka e Tozzi. Mi è difficile ricondurre a poche parole il tema ma credo che il nucleo concettuale possa essere riassunto dall’idea che ogni vita può essere preziosa purché si creda in qualcosa, in un obiettivo da raggiungere per esempio, anche se poi il destino può ostacolare in mille modi.