Perché ti ho messo al mondo, il romanzo di esordio di Stefania Bonomi
Perché ti ho messo al mondo di Stefania Bonomi edito da MEF, l’Autore Libri Firenze (a € 15,80 su bol.it) intreccia le voci di quattro donne, legate l’una all’altra da legami parentali. Si tratta di una coppia di figlie, Sveva e Valentina, e delle loro rispettive madri, Ginevra e Laura. Tutte si ritrovano malauguratamente a condividere con ruoli diversi – moglie, figlia naturale e figlia acquisita – lo stesso uomo, il potente editore Gregorio. La caratteristica che le accomuna è una spiccata intelligenza che consente loro di conquistare notevoli successi lavorativi. Nessuna delle quattro, però, sembra pronta a affrontare i propri sentimenti, la propria emotività e la propria fragilità. Finiscono così per parlare a se stesse, cercando di esorcizzare l’evidente difficoltà di comunicazione attraverso la scrittura. E la parola diventa purificatoria soprattutto quando trova un mittente, quando si trasforma in lettera che racconta e produce risposte. Allo stesso modo il romanzo parla al lettore inducendolo a riflettere su tematiche importanti come quelle della maternità e della paternità.
L’avvincente trama inanella colpi di scena che lasciano con il fiato sospeso, consentendo a chi legge di identificarsi con le vicende delle protagonista, Sveva, dilaniata da un difficile rapporto con la figura paterna e da un conseguente altalenante rapporto con l’altro sesso. Tutto muta con la maternità che sarà il momento più tragico della sua giovane esistenza, ma anche quello più risolutivo. L’urgenza di difendere la stabilità affettiva e la crescita della sua bambina minacciate da un padre inaffidabile mette a nudo gli errori, a volte tragici, commessi dai personaggi, diventando il punto di partenza della loro rinascita.
In questo universo femminile, gli uomini definiscono se stessi solo attraverso i rapporti e i legami che instaurano con le proprie partner. E spesso soffrono di una visione che appare inevitabilmente condizionata dalle difficoltà di relazione delle suddette. L’autrice priva i personaggi maschili di una propria voce, ma il romanzo non perde di oggettività nei loro confronti. Il carattere dei personaggi maschili viene inchiodato, nel bene e nel male, dai fatti. E nel caso di Gregorio i fatti in parte lo scagionano, o meglio sfumano il suo carattere facendone emergere quei contrasti soffocati da una lettura unilateralmente negativa.
L’aspetto interessante messo in luce dal romanzo è proprio il gap esistente tra percepito e vissuto, tra i fatti e la loro interpretazione. Alla fine, solo la presa di coscienza dei propri errori e l’elaborazione degli stessi consente alle protagoniste di andare avanti e di voltare pagina. La richiesta di decadenza di paternità che Sveva è costretta a inoltrare per proteggere la giovane vita della sua bambina è il pettine che scioglie tutti i nodi. La domanda che fa da titolo al romanzo e che sembra venir rimandata di pagina in pagina, riceve risposta in un gesto di amore che testimonia l’indissolubilità del legame madre-figlia. E il messaggio di coraggio che l’autrice invia a tutte quelle donne, madri e non, che leggeranno il suo romanzo diventa ancora più significativo alla luce della verità delle vicende ispirate dalle sua storia personale.
Intervista all’autrice:
La maternità e le difficoltà connesse alla crescita di un figlio all’interno di un nucleo familiare non tradizionale sono le protagoniste del romanzo. Nonostante il dolore che accompagna costantemente le vicende narrate, Perché ti ho messo al mondo potrebbe essere comunque definito un inno alla maternità?
Perché mi hai messo al mondo è la domanda che prima o poi ogni figlio rivolge alla propria madre. Perché ti ho messo al mondo è la risposta che prima o poi ogni madre deve dare o che comunque si pone in modo intimistico. Il romanzo è senz’altro un inno alla maternità, soprattutto quando questa viene vissuta senza la presenza di un marito-padre nella vita dei propri figli. Un grande vuoto affettivo che ogni madre in questa situazione si trova a dover colmare.
Ognuna delle protagoniste si racconta in prima persona, ma tutte finiscono per acquisire una maggiore consapevolezza di sé in relazione a Sveva. Perché questo personaggio è così importante e decisivo per il microcosmo in cui vive?
La protagonista principale del romanzo è senz’altro Sveva. Ginevra, essendo la madre rappresenta il suo principale punto di riferimento. Spesso il legame che si crea tra madre e figlia, all’interno di famiglie separate, diventa fortissimo e indissolubile. Laura, essendo la seconda moglie del padre si introdurrà nella sua vita quando Sveva è ancora bambina impersonificando colei che le ruba l’amore paterno. Una presenza comunque incisiva per la crescita psicologica della bambina. Valentina è il riscatto dell’amore. Non essendo una sorella di sangue l’affetto che si crea tra queste due giovani donne è assolutamente privo di legami imposti.
Come mai ha deciso di non dare voce ai personaggi maschili lasciando che fossero le protagoniste del romanzo a descriverli?
Credo di aver inconsciamente voluto esaltare la sensibilità e la forza della femminilità come elemento protagonista del romanzo
L’errore di giudizio che tutti i personaggi finiscono per commettere nei confronti del protagonista maschile, Gregorio, è sintomo della difficoltà di comunicazione tra uomini e donne? E quanto questa difficoltà ha influenzato la trama?
Tutto il romanzo è un misunderstanding di comunicazione. Nel corso della trama il lettore attento si accorge che ognuno è diverso da quello che realmente appare. La particolarità è proprio nel contrasto tra l’evolversi della trama, degli avvenimenti e la vera essenza affettiva e sentimentale degli stessi personaggi. Nessuna di queste quattro donne è realmente quella che appare. Trent’anni di errori portano a un verdetto finale totalmente inaspettato.
Alla fine il personaggio che con i suoi errori, Ginevra, ha distrutto o comunque deciso le vite degli altri non subisce alcun contraccolpo, ma anzi sembra finalmente pronto per una vita più consapevole e piena. La capacità di elaborare gli errori commessi diventa, dunque, all’interno del romanzo un motivo di perdono?
Ginevra ha fatto tutto in modo inconsapevole dettata dal dolore per un grande amore reciso. Lei stessa capisce di aver fatto molti errori trasportata dall’amore e quando c’è amore, l’errore va perdonato. Ginevra non può far altro che perdonare se stessa perché solo perdonando se stessa potrà liberare la figlia Sveva dalla sua stessa colpa e darle quella famosa risposta: Perché ti ho messo al mondo .