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Roberto Saviano propone: Wislawa Szymborska

Domenica 05 gennaio 2012 Roberto Saviano ha proposto al pubbico di Che tempo che fa la lettura della poetessa polacca premio Nobel per la letteratura nel 1996, recentemente scomparsa: Wislawa Szymborska.

Lo spettatore rimane letteralmente incollato allo schermo ad ascoltare ed a farsi trascinare dal candore della scrittura della poetessa polacca.

Di seguito vi proponiamo alcuni stralci del monologo di Saviano.

Questa poetessa dal nome impronunciabile, Szymborska, polacca Wislawa Szymborska, a me personalmente è sempre venuta in soccorso nei momenti più difficili; anche nei momenti più facili, ma soprattutto quando  le cose sembrano essere complicate o ti stai perdendo:  i suoi versi arrivano in soccorso. In questo momento è quello che io consiglierei a chi si sente totalmente sull’orlo del baratro

Perchè le sue poesie sono poesie che hanno una semplicità incredibile.

Chi non ha mai letto poesie […] si trova tra le sue pagine assolutamente a suo agio.

[…] . È una poetessa che rimette al mondo le parole, le rigenera, le ricostruisce. Tu, nei suoi versi, incontri parole che già conosci, sensazioni che hai già provato, ambienti che hai visto mille volte; solo che, come fa Mozart con la sua musica, te la legge sul pentagramma e ti sembra tutto lineare, poi l’ascolti ed è l’universo.

Ha la stessa potenza, questa poetessa. Una poetessa che, durante il suo discorso al Nobel (ha vinto il Nobel nel ’96, divenne nota per questo), fa un discorso bellissimo: “Essere poeti è un pò imbarazzante”. Infatti nessuno, anche tra i poeti affermati, con profonde bibliografie, si dichiara poeta, preferisce dire: “Sono insegnante, sono professore, sono giornalista. Sono scrittore”, perchè la prosa sembra più seria;  la poesia, in fondo è un po’ imbarazzante, come una perversione. Lei stessa, quando ha vinto il premio Nobel per la letteratura per le sue poesie era imbarazzata, ma la cosa più importante che dice “Io non sono riuscita mai a dare risposte, mai. Nelle mie poesie io provo a declinare in mille modi il NON SO.” Il non so per lei è il percorso. Quando arrivi a dire “so” ti stai fermando.

E quindi la poesia inizia ad essere come un’interlocuzione continua, un risvegliare la curiosità, un cercare di separare il grano dalla feccia, il dolore dal non dolore, insomma, soppesare, capire.

Scrive una poesia sull’11  settembre e quello che può fare la poesia, lei dice, a volte è fermare un momento e cercare di dargli una sorta di immortalità o percepire l’immortalità di quel momento. E sull’11 settembre lei scrive alla fine di questa poesia questi versi: “Solo due cose posso fare per loro: descrivere il volo e non aggiungere l’ultima frase”. Il poeta di fronte a questa tragedia descrive il volo, ma non l’impatto col terreno e lei ha questa capacità quasi timida di ricostruire quello che ti sembrava dato per scontato.

Per esempio l’anima. È la cosa su cui spesso si riflette, su cui tutti i poeti hanno detto la loro, su cui le religioni dicono la loro, su cui non si smette mai di discutere: se c’è se non c’è.

Ebbene nei suoi versi, l’anima per esempio è qualcosa che appare e scompare. Quando vai dal macellaio non c’hai l’anima oppure quando soffri e stai male scappa, quest’anima. L’anima per questa poetessa è qualcosa che c’è, è come se riempisse dei vuoti, ma è soprattutto una resistenza. In un’altra sua poesia[…], lei dice tutto quello che abbiamo dobbiamo ridarlo: dobbiamo ridare le dita, i vestiti. La vita è questo: tutto è in prestito. Ma nel conto finale non c’è l’anima che è la resistenza alla morte; c’è un momento in cui lei descrive in un verso bellissimo che cos’è la resistenza alla morte infatti in una poesia che ha un titolo molto bello Sulla morte senza esagerare dice “non c’è vita che almeno per un attimo non sia stata immortale” .Esplode! Quando leggi una cosa del genere: è incredibile. La sua capacità è proprio quella di costruire una serie di sensazione che avevi lì, già e che non ti eri accorto essere così forti o essere così necessarie

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Sull’anima lei scrive queste parole che non posso che leggere, non riesco a descrivere; la poesia si intitola Qualche parola sull’anima” : L’anima la si ha ogni tanto, nessuno la ha di continuo […]  

[…] lei descrive la quotidianità: quante volte ci è capitato di trovarci a scrivere il curriculum. Un curriculum. Tu scrivi il tuo curriculum e dici: ma io questo sono? Una pagina, con questi quattro dati insopportabili, tante cose fatte nell’esistenza e solo questo mi resta?  […] scrive una poesia descrivendo esattamente la sensazione terribile di scrivere spesso inutili curriculum, dove la tua vita è sintetizzata in orridi codici e la poesia si chiama proprio “Scrivere un curriculum”:

[…] Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu.

I viaggi solo se all’estero.

L’appartenenza a un che, ma senza perché.

Onorificenze senza motivazione.

Scrivi come se non parlassi mai con te stesso

e ti evitassi.[…]

[…] Cosa si sente?

Il fragore delle macchine che tritano la carta.

Testo in polacco a fronteLe poesie che leggo sono un libro edito da Adelphi, La gioia di scrivere che è stato tradotto magistralmente da Pietro Marchesani. […] Per i poeti i traduttori, non sono traduttori, sono genitori perché fanno nascere le parole. E Pietro Marchesani è morto poco prima di lei. Più che una coincidenza, sembra quasi un destino. Lei, già molto malata, ha mandato al suo traduttore italiano un cuscino di rose. Stiamo parlando di una poetessa timida allegra; spesso diceva: “le persone intorno a me  mi descrivono come una persona un poco leggera”, facile, facile alla risata, al gioco, perché lei dice “le melanconia l’ho sempre tenuta per me, non ho mai voluto far pesare e sembra quasi che la vita mi sia passata sulla testa come una farfalla.” Il fatto è che la sua potenza vera per quanto mi riguarda è la sua riflessione sull’amore, la cosa più complessa che possa essere esistere in poesia perché è una parola pronunciata mille volte, toccata da milioni di lingue e sembra la cosa più scontata che possa esistere. Per lei è l’esistenza dell’amore felice che è la cosa più difficile da raccontare. L’amore infelice è molto facile da raccontare. Piena la letteratura e l’arte dell’amore infelice, ma dell’amore felice che basta a se stesso, quello è la cosa più complessa da raccontare.

Lei sull’amore ha scritto il verso più bello –  per quanto mi riguarda, è soltanto il mio giudizio – del Novecento. Un verso che una volta che entra credo che sia esattamente la sintesi massima di quello che vorremmo dire alle persone che si amano, in tutte le sue declinazioni. E questo verso di una poesia molto famosa che si chiama “Ogni caso” di cui leggo solo la fine appunto. Dice questo “Ascolta come mi batte forte il tuo cuore” che io trovo potentissima.

Tutto qua.

Roberto Saviano a Che tempo che fa, puntata del 05/02/2012

Autore: Monica Pintozzi

Come controller, ho appreso che i numeri contano solo se li sai analizzare, come lettrice che le parole contano solo se le sai utilizzare. Maniaca del dettaglio, pretendo che il libro rispetti lettore e sintassi; ignoro volentieri testi pieni di parole e concessioni dal sapor di refuso. Il libro è regalo per me non per l’autore.

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