Nessuno si salva da solo, la recensione dell’ultimo e non eccellente romanzo della Mazzantini
“Nessuno si salva da solo” (Mondadori, a 13,30 € da Feltrinelli), di Margaret Mazzantini, è il suo nuovo romanzo che svetta in cima alle classifiche delle librerie italiane. Anche se, a detta di molti, è solo a causa del successo di “Venuto al mondo”, libro che ha entusiasmato una grande quantità di lettori.
Questo nuovo romanzo parla semplicemente di una coppia, Delia e Gaetano, che si è separata e si ritrova a cena in un ristorante all’aperto, anche se non più come fidanzati. Lui è un “artista” che non ha avuto successo, lei una nutrizionista ed ex anoressica. Dopo aver rotto la famiglia, lui si trasferisce mentre lei resta a casa con i bambini piccoli.
A cena devono imparare a convivere in questo nuovo stato, senza sapere in che cosa hanno sbagliato e perché. Entrambi sono cresciuti in un’epoca in cui il sentimento predominante è la solitudine, che non si riesce ad esprimere, e l’urgenza di crearsi qualcosa, quando invece non si è riusciti a farlo. Per cui infine sono i ricordi che appaiono come bagliori che scottano durante questa cena, un dramma in una sera d’estate.
La Mazzantini prova a stilare un ritratto di quello che è la generazione odierna dei trenta-quarantenni, dal punto di vista sentimentale, senza porre qualcosa che li distingua, ma anzi che li assimili alla contemporaneità di così tante coppie.
Secondo il titolo, “Nessuno si salva da solo”, ma questo non significa che essere in due può essere sufficiente. La ricerca di un perché e un percome al disastro sentimentale della coppia viene ricercato in qualcosa che ormai non esiste più, mentre l’affondo onesto sulle proprie emozioni fatica ad affiorare. E alla fine tutto questo risulta in un farsi male a vicenda, senza accorgersi, pungendo le piaghe dei ricordi e confondendo ancora di più le immagini con le proprie sensazioni.
Probabilmente la Mazzantini ambienta tutto questo durante una cena proprio per sottolineare, nei protagonisti, la voglia di ritornare in una situazione collettiva serena – quale momento migliore per riconciliarsi che durante un pranzo? – e per aprire, grazie all’appetito, quegli stomaci chiusi dalla rabbia, che ha tolto ogni sprazzo di pace. Ma il risultato della cena non sarà quello che Delia e Gaetano s’aspettavano, sempre che s’aspettassero qualcosa. Perché il tempo passato è troppo poco.
In questo libro la Mazzantini mantiene il suo stile, asciutto, carsico, diretto, ma non è come i volumi precedenti pubblicati. L’obiettivo principale è dare un chiaroscuro di come sono le coppie di oggi, in cui non solo i divorzi sono in aumento esponenziale, ma gli stessi matrimoni diminuiscono alla stessa velocità per lasciare spazio a convivenze oppure a separazioni – anche e sempre più spesso con figli a carico della madre.
E nel frattempo i sentimenti nella coppia restano, cambiano, permutano, ma quel che prevale sono sempre i ricordi, un passato che non esiste più e non può ritornare alle condizioni in cui si sono lasciati. Odio e amore si rincorrono, l’amico diventa nemico e viceversa, a volte da proteggere altre da distruggere. Essere all’interno di questo attaccamento sentimentale non può portare altro che sofferenza.
Lo spazio temporale è solo una cena, ma è tutto condito di questi attimi che non ci sono più, tramite flashback che portano il romanzo continuamente indietro e avanti. La Mazzantini mantiene come sua tradizione uno stile ottimo, raffinato, conducendoci attraverso i pensieri dei due protagonisti.
Tuttavia i contenuti restano un po’ blandi. Per quanto una storia simile possa apparire interessante, l’autrice resta un po’ superficiale nel racconto, reso un po’ troppo semplice forse da una parte e dall’altra utilizzando parole troppo complesse che esulano dal realismo che si vuole far passare.
Spesso infatti appare anche fin troppo volgare, e sembra una storia costruita non per far piacere al lettore quanto ad un tecnicismo per esigenze di pubblicazione. Più un esercizio di stile che una trama ben costruita e coinvolgente. Forse l’autrice pensava già al film che ne verrà tratto, e quindi l’ha reso più incline al gusto cinematografico che letterario.
Molti aspetti vengono resi in una maniera superficiale, anche se sono magari gravi e profondi come concetti – l’aborto, la malattia – così come l’introspezione psicologica dei protagonisti. La storia, in conclusione, potrebbe essere interessante, ma descritta e narrata così come viene fatto dalla Mazzantini, resta una storia tra tante che non aggiunge niente di nuovo.
Per chi ama l’autrice potrebbe essere un buon libro. Per chi vuole scoprire un buon titolo, consigliamo di acquistare altro.
Maggio 9, 2011
a parer mio che ho comprato il libro solo per la “fiducia” riservata alla Mazzantini, il racconto è scarno, deludente, non riesco a finirlo.
La Mazzantini ci ha saputo regalare decisamente di meglio, forse va assimilato.
Maggio 18, 2011
Perfettamente d’accordo con la recensione.
Ho amato visceralmente la Mazzantini in ” Non ti muovere” e ” Venuto al mondo” ma questo non l’ho nemmeno finito.Leggo nella recensione ” più un esercizio di stile che una trama ben costruita e coinvolgente ” e “.. troppe volgarità” Parole sante!
Maggio 20, 2011
Allora non lo leggo! Che peccato! Tornerò ad Antonia Byatt.
Novembre 8, 2011
Mi spiace leggere un giudizio così arido. Ovviamente il giudizio negativo sul libro è lecito, così come ne ho sentiti tanti da parte di conoscenti che abbiano già letto la Mazzantini (Questo è il mio primo approccio alla sua scrittura) Tuttavia, non penso proprio, tra tutti i difetti che anch’io forse riconoscerei al libro, che lo si possa tacciare di superficialità. Forse va così a fondo che non lo si riesce a seguire, ci si ferma prima. E’una difficoltà, questo è sicuro. E le cose difficili vengono mal digerite.