Carlo Bo e i cent’anni passati insieme all’Unità d’Italia
In questi giorni si festeggia un anniversario. E non è quello della nascita dell’Italia come nazione unita, almeno non solo. Nello stesso tempo è anche il centesimo della nascita di un grande scrittore – e lettore – che è stato annoverato tra i personaggi che hanno fatto la nostra nazione: Carlo Bo.
Nella sua vita interpretò e divulgò in Italia la più importante letteratura europea del Novecento, facendo della sua passione, la lettura appunto, la sua professione.
Amici suoi erano Montale, Quasimodo, Ungaretti. Infatti, più che romanzi, era appassionato di poesia, tanto da leggere due libri al giorno. La sua carriera si dipana in un’ascesa che è propria del suo talento. Si laureò a Firenze, e in seguito divenne rettore dell’Università di Urbino, incarico che mantenne per mezzo secolo. Inoltre, fu critico che lavorò al Corriere della Sera.
In questo modo, a cent’anni dalla nascita , il Festival musica e poesia d’Europa dedica a Carlo Bo una settimana di celebrazioni tra Verona e Vicenza, in collaborazione con l’università della prima città veneta.
Nella settimana saranno presentate le opere dei poeti più importanti del Novecento, nei tre territori cari a Bo: Spagna, Francia e Italia. Ad accompagnare questi giorni proiezioni e concerti. Il festival è stato inaugurato alla Biblioteca Civica di Verona, dove Eugenio de Signoribus, Sebastiano Grasso e Silvio Ramat hanno ricordato Carlo Bo.
Sergio Zavoli, ha raccontato un episodio del passato: “Una volta, tornando a un nostro irrisolto argomento,gli domandai se era ancora compito dei maestri guidare le nostre letture, e che cosa pensasse di quell’autorità che ormai trasmigrasse nel marketing, cioè negli spot, nelle fascette, nelle classifiche e via così.
“I maestri non ci sono più”, rispose, “perché non se ne sentiva più il bisogno. Le scelte ormai venivano da altri mondi. Avrai visto come alle librerie è stato tolto quel senso di rispetto che ci incutevano. Che cosa si è perduto? L’educazione, lo stupore, il mistero, la voglia di entrare in un libro come si entra nell’esistenza” ”.
Una letteratura, quella che interessava a Carlo Bo, che non si occupa delle vanità, della sola estetica, ma che tende alla formazione umana e presuppone una fedeltà continua alle proprie idee e ai propri ideali, compito specifico non solo degli scrittori, ma anche dei critici. “E che cos’è per noi la lettura se non tenere in mano questa parte viva della verità e consumarsi per non saperla restituire, che cos’è se non durare su questo oggetto chiuso e palpitante dell’animo?“.
In una intervista alla Rai, Carlo Bo affermava: “Sono uno spirito che vorrebbe essere profondamente cristiano e non ci riesce”. Una personalità eclettica che tuttavia faceva del rispetto della religione Cattolica un suo paradigma insuperabile e, difatti, insuperato. Zavoli continua: “Il riconoscimento della politica lo volle a Palazzo Madama, senatore a vita, per i valori civili sempre testimoniati, assertore e custode di scelte mai solenni, né sempre obbedienti ai canoni obbliganti delle fedi e delle convinzioni, dalla più alta alla più terrena».
Già il 9 febbraio, alle 11, a Roma, proprio al Senato, si è svolta una cerimonia di commemorazione per il centenario della nascita, organizzata dall’Università degli Studi di Urbino, dove fu rettore per tanti anni.
L’evento più importante, in questa settimana di celebrazioni, è la presentazione, al Teatro Filarmonico di Verona, dell’opera lirica Chronos Paradoksos, con libretto a cura di Gianfranco de Bosio e Gabriella Zen. L’ultimo giorno sarà lunedì 21 marzo, giornata mondiale della poesia, con appuntamento alle 21 al al Teatro Olimpico di Vicenza, con i poeti veneti: verrà premiato Fernando Bandini per i suoi ottant’anni.