Scrivere: missione o castigo? parte III
Scrivere: missione o castigo? parte I
Il filosofo-matematico Bertrand Russell annovera l’invidia tra le principali cause di infelicità che affliggono l’uomo e la considera un male endemico tra colleghi. È forse questo che rende gli scrittori affermati così indifferenti?
L’importanza della copertina nel processo editoriale e di vendita.
Questo sovraffollamento influenza e disorienta le scelte e i gusti letterari degli italiani. Ma tutto ciò cambierà. È soltanto una moda. Un giorno gli italiani riprenderanno in mano i romanzi epistolari, le raccolte di poesie (quelle vere) e tutti i veri libri che adesso sono sotterrati dalle agendine della Feltrinelli…Immaginiamo per un attimo che questi scrittori siano sconosciuti. Oggi avrebbero le stesse possibilità che hanno avuto in passato di arrivare al cuore degli italiani? E se, proprio per tutte le ragioni che abbiamo visto, qualcuno di loro rimanesse sconosciuto soltanto perché prima di lui ci sono migliaia di “finti” scrittori che affollano le caselle postali dei grandi editori? Sarebbe un’ipotesi. Forse tra queste migliaia di poveri disperati c’è davvero il nuovo Primo Levi, ma nessuno lo saprà mai se questo è un uomo o soltanto un pagliaccio…I nostri migliori scrittori italiani avevano qualcosa da comunicare, ognuno in maniera diversa, ma ognuno in maniera assolutamente originale. Uno scrittore oggi dovrebbe chiedersi che cosa vuole comunicare ai suoi lettori. Che cosa vuole lasciare al mondo. E non che cosa vogliono oggi i lettori, né che genere di romanzo vada di moda oggi. Se dalla mia penna dovesse venire fuori un romanzo fantasy, succederebbe perché in quel momento della mia vita sentirei di doverlo fare e non perché lo fanno tutti gli altri.C’è anche da precisare (e non mi va di approfondire troppo l’argomento) che molti scrittori famosi hanno raggiunto il successo non solo per i propri libri, ma anche per l’epoca durante la quale li hanno scritti… Per capire e spiegarsi l’andamento del mercato librario italiano, c’è da domandarsi in che epoca viviamo oggi, che cosa importa agli italiani più delle ultime foto pubblicate su facebook, che cosa amano gli italiani oggi, o, peggio ancora, se esiste ancora una letteratura italiana.Purtroppo esiste. Ne esistono almeno dieci. Se vuoi raggiungere un successo passeggero, è facile. Si possono seguire i miei dieci consigli dei quali accennavo prima e sui quali ci soffermeremo un’altra volta.Ma per chi ama e rispetta i propri libri come dei veri figli, e ambisce non al successo della grande industria editoriale, ma alla gloria immortale, c’è solo da aspettare. Se un libro ha spessore letterario (a patto che tu lo faccia girare il più possibile e non lo lasci nel cassetto) prima o poi qualcuno che ha le mani nella pasta buona (quella fatta in casa, quella con l’aroma di limone e zucchero a velo o del liquore strega) gli renderà omaggio… E in questo secondo caso sarai davvero ricordato anche nei secoli che verranno, come Salgari (lui è un esempio di gloria postuma. Tra l’altro quest’anno cade il centenario della sua morte, suicida nell’aprile del 1911).Peccato che fra cento anni (cento e qualcosa) io non ci sarò più per scoprire se si festeggerà anche il centenario della morte di Melissa P.Ed eccoci arrivati al mio argomento preferito: gli editori italiani.Devi sapere, caro Giovanni, che l’unico modo per arginare questo fenomeno è smettere di inviargli i libri. Come al solito sono un po’ drastico, ma temo proprio che sia l’unica soluzione:Oggi è possibile “distruggere il nemico”, perché con l’e-book e l’auto pubblicazione (dove in alcuni casi si spende molto, molto meno rispetto ai nostri finti editori, e si ottiene il codice ISBN, il codice che “battezza” un libro e lo rende tale) è molto più facile farsi conoscere. Perché è a questo che un autore esordiente deve ambire, giusto? Farsi conoscere, far girare il proprio libro. Non di certo diventare ricco con 5 centesimi a copia (se sei fortunato te ne offrono anche 10).I piccoli editori purtroppo non hanno tutta la colpa, sono costretti, per sopravvivere, a chiedere contributi o l’acquisto di un minimo di copie da parte degli autori. Ma i giovani autori italiani ormai dovrebbero aver imparato il trucchetto. Mi auguro che non ci sia più nessuno che, pur di vedere il proprio manoscritto pubblicato, sia disposto a pagare migliaia di euro o acquistare centinaia di copie (diffidate dal prezzo scontato sulla copertina. Quello è il trucco più antico dei commercianti: alzare il prezzo di base e fingere di fare lo sconto.)Ripeto che secondo me la soluzione è smettere di inviare i manoscritti ai piccoli editori e spedirli soltanto alle grosse case editrici. Ci sarà probabilmente una possibilità su un milione che il tuo libro diventi un vero libro. Ma almeno diventerà un vero libro. Immaginiamo per un momento che tutti noi autori ci ribellassimo all’editoria a pagamento, smettendo di inviare i manoscritti. Per forza di cose la metà degli editori chiuderebbero bottega.C’è una seconda alternativa, per quelli che proprio non ce la fanno a resistere e decidono di cedere alla pubblicazione con case minori (ed è quello che ho fatto io tempo fa):La pubblicazione in questo caso è soltanto il punto di partenza. Il tuo lavoro inizia quando arrivano le copie omaggio o acquistate. A quel punto puoi prendere un bel carrello della spesa, quello che usava tua nonna per andare al mercato, metterci dentro 100 copie (che nel migliore dei casi ti sono costate il tuo ultimo stipendio) e partire per la vera distribuzione (quella che ti hanno promesso e che a volte non viene effettuata affatto), la tua missione della scrittura. Girare di libreria in libreria per proporre il tuo libro in vendita.Ognuno di noi poi ha una resistenza diversa alle umiliazioni inflitte dai librai (a volte dei veri stronzi che non ti stringono neanche la mano. E non c’è cosa più triste)…Quando ho girato l’Italia con il mio carrello ho avuto molte soddisfazioni, librai che si complimentavano con me per l’intraprendenza, la passione, eccetera, ma anche molte delusioni. Per questo motivo, non me la sento di consigliare questa seconda soluzione a coloro che hanno problemi al cuore.Ho un appello da fare, se mi è concesso: prego tutti coloro che decidono di pubblicare un libro, di controllare ogni dettaglio fino a ritenerlo perfetto, finito, anche se ci volesse un anno in più, di farlo leggere a critici, competenti del settore trattato, correttori di bozze, ai propri professori, a giornalisti, a chiunque sia disposto a dare un’opinione sincera. E soltanto allora, se si è veramente sinceri con se stessi e si ritiene il proprio libro interessante, inviarlo alle case editrici. Altrimenti, con la montagna di testi poco curati che si vedono arrivare, gli editori saranno per forza di cose sempre più prevenuti e quelli che meritano non verranno mai ripescati dal calderone (faccio l’esempio della Mondadori: Ogni volta che telefoni per chiedere se accettano nuove proposte ti rispondono che sono pieni per i prossimi due anni. E tu sei costretto a rispondere che due anni prima ti avevano detto la stessa cosa.)Terza e ultima (ultima?) possibilità: l’auto pubblicazione. Ci sono molti siti dove puoi progettare e far stampare il tuo libro (come questo: http://www.lulu.com) addirittura con l’attribuzione del codice ISBN e un servizio di editing, correzione delle bozze ecc… Servizi che molti editori a pagamento, con i quali tra l’altro spenderesti anche di più, non offrono neanche.No, no, non è l’invidia, piuttosto direi lo spirito di sopravvivenza e soprattutto di riscatto, perché loro ce l’hanno fatta e tu no.Chi scrive è geloso delle proprie opere, della loro originalità e soprattutto della loro esclusività. Ogni autore nuovo rappresenta una possibilità in più per loro di essere superati, di non essere più originali, e quindi di vendere di meno.Spesso ho inviato i miei manoscritti ad autori conosciuti per avere una loro opinione. Non ho mai ricevuto neanche una risposta prestampata (quelle almeno gli editori te la mandano. Fitzgerald ne collezionò 122 all’inizio della sua carriera. Io ne ho un centinaio appese alla parete di fronte alla toilette. Aiutano a concentrarsi.)Il tuo spunto sull’invidia mi fa venire in mente altri mali che affliggono la nostra situazione terrena di mortali ignari di essere mortali, quali la cattiveria, la gelosia, l’abuso di potere, l’ipocrisia, ecc. ecc. ecc… Io non mi lascio spaventare dal male perché scrivere vuol dire anche far trionfare il bene, ovunque esso si sia cacciato.Oggi la copertina è diventata un mezzo per attirare l’attenzione dei lettori. Sugli scaffali delle librerie è una vera guerra di colori e il negozio di libri mi sembra essere diventato il negozio delle caramelle.Ci sono designer specializzati che studiano le giuste gradazioni cromatiche, le immagini che possano attirare l’occhio delle persone e inconsciamente indurle all’acquisto. Ci sono i best seller americani che si presentano sempre con quelle belle carte satinate, stimolanti per i polpastrelli. Compreresti uno di quei libri soltanto perché provoca un certo piacere accarezzarne la copertina.E poi ci sono i minimalisti, che cercano di attirare l’attenzione con poche linee e un titolo font 10”, sperando che almeno qualcuno apra il libro e sbirci tra le pagine.È importante quello che si scrive sulla 4° di copertina (il didietro di un libro). A volte una frase a effetto sul retro di copertina è più importante di un bel disegno o di una bella fotografia in 1°.La copertina ci fa ricordare che il libro è anche un prodotto commerciale, prima di scoprire il suo contenuto si può tirar fuori dalla mensola perché la sua copertina ci ha in un certo qual modo stregato.L’ideale è collaborare con l’editore (se ti è permesso) per la realizzazione della copertina. Soprattutto se si tratta di editori minori (a quelli lì non gliene importa nulla della tua copertina, non ascoltare i loro consigli. Per loro conta soltanto usare meno inchiostro e meno carta.) È meglio che te la progetti da solo, come faccio io. Il risultato sarà molto più soddisfacente e le possibilità di essere notati tra gli altri libri aumenteranno.
Oggi la copertina è diventata un mezzo per attirare l’attenzione dei lettori. Sugli scaffali delle librerie è una vera guerra di colori e il negozio di libri mi sembra essere diventato il negozio delle caramelle.Ci sono designer specializzati che studiano le giuste gradazioni cromatiche, le immagini che possano attirare l’occhio delle persone e inconsciamente indurle all’acquisto. Ci sono i best seller americani che si presentano sempre con quelle belle carte satinate, stimolanti per i polpastrelli. Compreresti uno di quei libri soltanto perché provoca un certo piacere accarezzarne la copertina.E poi ci sono i minimalisti, che cercano di attirare l’attenzione con poche linee e un titolo font 10”, sperando che almeno qualcuno apra il libro e sbirci tra le pagine.È importante quello che si scrive sulla 4° di copertina (il didietro di un libro). A volte una frase a effetto sul retro di copertina è più importante di un bel disegno o di una bella fotografia in 1°.La copertina ci fa ricordare che il libro è anche un prodotto commerciale, prima di scoprire il suo contenuto si può tirar fuori dalla mensola perché la sua copertina ci ha in un certo qual modo stregato.L’ideale è collaborare con l’editore (se ti è permesso) per la realizzazione della copertina. Soprattutto se si tratta di editori minori (a quelli lì non gliene importa nulla della tua copertina, non ascoltare i loro consigli. Per loro conta soltanto usare meno inchiostro e meno carta.) È meglio che te la progetti da solo, come faccio io. Il risultato sarà molto più soddisfacente e le possibilità di essere notati tra gli altri libri aumenteranno.
Febbraio 17, 2011
Complimenti per la passione con cui scrivi che si nota lontano un miglio come pure la rabbia che hai dentro nei confronti degli editori. Ho seguito con molto interesse quello che hai scritto, continua così
Febbraio 18, 2011
Beh Maria… Merci beaucoup…
Sebbene abbia creato questa rubrica con l’intenzione di ricevere delle critiche e utilizzarle per una “auto terapia letteraria”, un complimento sincero come il tuo non può che farmi bene in un giorno grigio come quello di oggi (fuori c’è il sole).
Ti ringrazio, mi fai capire che dall’altra parte di una pagina che scrivo non c’è soltanto cattiveria e invidia, ma anche qualche persona profonda disposta a spendere un prezioso minuto del suo tempo (sempre più tiranno grazie ai datori di lavoro, al traffico e i codici del bancomat) per incoraggiare uno scrittore sfortunato come me.
Mi sento di dire io a te: “Continua così!” In una vita dove tutti continuano a dire “io io io”, tu hai cominciato dicendo “tu”…
Come al solito copierò il commento nella pagina dei “commenti” sul sito web che (con la modica cifra di 39€) sto realizzando io stesso, con tutte le mie limitazioni tecnico-informatiche. Pagina che mi vado a guardare quando (come oggi) penso che non valgo niente come scrittore o come uomo.
Jean Rossignl dice che bisogna sempre ambire ad essere almeno una di queste due cose…
Febbraio 18, 2011
Scrivi, scrivi, e continua a scrivere Frank come respiri, come guardi la vita che gira attorno a te.
Questo è l’importante per un scrittore come te!
L’indifferenza degli editori, dei lettori, la difficoltà di vivere della propria passione, tutto relativo!
Un giorno sei sfortunato, un giorno sei fortunato poco importa. Credi in quello che fai e in cio che trasmetti senza cadere mai nella trappola della commercializzazione e…del successo.
Febbraio 19, 2011
Grazie… Apprezzo tanto! E riprendo a lavorare, a creare, che e’ la mia maniera di amare il mondo e la vita… con piu’ forza e rinnovata passione.