intervista a Lorenzo Marini
Lei è un’artista poliedrico : quella che sembrava essere iniziata come una passione ha ormai preso piede quasi fosse un secondo lavoro. Come si definirebbe e che ruolo ha la scrittura nelle sua vita?
Un personaggio creativo che amo è il protagonista dell’Uomo dei Tulipani: sono come il pittore Napilut: guardo le donne, ma dipingo i fiori.
La scrittura rappresenta per me un viaggio che prevede una preparazione, un percorso, una meta senza un ritorno. La differenza è che la meta non è mai quella prestabilita ed il ritorno a volte è più bello dell’andata.
La immagino mentre scrive con una musica di sottofondo: non mi deluda e mi dica che è così, oppure menta e mi racconti una favola.
Le mie orecchie ascoltano il pianoforte. Einaudi, Allegri o Chopin non importa. Interiormente, invece, ascolto una polifonia che non si propaga nell’aria, ma trova aria nelle mie corde. E’ un’orchestra che a volte procede veloce, altre si abbandona all’indugio. Un sottofondo interiore fatto di note che si riversano con passione su di un foglio che è un pentagramma.
Prima di farle una domanda su Vaniglia, vorrei complimentarmi con lei per essere stato in grado di raccontare un tradimento come fosse una storia d’amore pura. Lei fa fare a Maurice tutto quello che una donna vorrebbe si facesse per lei: le caramelle, la bacchetta magica, persino il “Piccolo Principe”. Questo libro sembra uno sfogo personale nei confronti di tutte le donne e le loro “esose” richieste. Al di là del ruolo delle donne (del quale mi piacerebbe capire il peso), cosa ha ispirato questo romanzo e la sua particolare struttura?
Questo romanzo Vaniglia non è autobiografico, contrariamente alle apparenze. Nasce dalla volontà di raccontare un amore che nella realtà non trova spazio. L’unicità di questo legame si riflette nella particolare struttura del testo che, pur ricalcando lo schema di una sceneggiatura, si colloca in una realtà sospesa poiché trae ispirazione da un film che nessuno ha mai girato.
Vaniglia è una donna ideale, incarnazione dell’amore perfetto che è quello incondizionato, contrariamente a quello convenzionale, fatto solo di richieste. Chi ama, si concede. Chi cerca appagamento, richiede e basta. In questo sta il limite dell’amore maschile.
In Vaniglia, Maurice è un po’ snob, ma nello stesso tempo sembra sia un ottimo strumento grazie al quale lei riesce a togliersi dei sassolini, nei confronti di quella “mandria” che è lo “chic di massa”, ma anche nei confronti delle agenzie pubblicitarie stesse, raccontandone con non poco sarcasmo i retroscena. Quanto di vero c’è in questo libro?
Il mondo delle agenzie e della pubblicità è meno bello di quello che sembra.
Un libro è un sogno condensato. Un sogno è l’abito notturno della realtà.
In un romanzo, perciò, l’immaginazione e il reale si compenetrano così profondamente da non riuscire a distinguersi. Vaniglia contiene numerosi spunti che trovano radici nel mio personale vissuto in pubblicità.
L’egoismo e il narcisismo sono due macchie scure nel lenzuolo bianco della creatività.
Sia in Vaniglia che nell’uomo dei tulipani, i suoi personaggi instaurano una sorta di personale rapporto con Dio, fatto di domande e risposte in grassetto. Qual è il suo rapporto con Dio?
Molte volte mi chiedono se credo in Dio. Credere è troppo poco. Lo amo.
Non sono attratto dalle religioni, ma dalla spiritualità. Noi siamo spiriti e abbiamo un corpo. Ogni giorno mi rivolgo a Dio e lo trovo in tutto ciò che mi circonda. È la mia costante quotidianità.
L’uomo dei tulipani è un romanzo storico, in cui riesce a combinare armonicamente tragedia e poesia (vedasi il passaggio in cui racconta che il Vasa è affondato perché “quel giorno il mare aveva fame”). Quale percorso l’ha portata a scegliere un romanzo di questo tipo e con tali ambientazioni? Quanto tempo a impiegato per portare a termine questo libro?
Ci ho messo due anni, uno a leggere e l’altro a scrivere.
Ho scelto di scrivere un romanzo storico perché è difficile, devi documentarti molto, e perché rappresenta un genere ibrido. Storia e narrazione, tragedia e poesia, ragione ed emozione s’intrecciano e mettono in contatto differenti realtà che altrimenti non avrebbero mai potuto incontrarsi. E’ come un viaggio indietro nel tempo con la possibilità di dare nuova forma alle cose.
L’ ambientazione, che risale al 1650, trova la sua giustificazione nel mio profondo interesse verso questo periodo storico che, tra le altre cose, vede diffondersi un’ostinata passione per i tulipani che coinvolge l’intera società. Una follia. Un popolo di mercanti che s’innamora di un fiore ammalato.
A che punto è il suo nuovo “non romanzo” e vuole raccontarcelo?
Questo nuovo progetto è un saggio, uscirà prima dell’estate 2011 e sarà un carnet de voyager: Appunto. Ma il mio prossimo impegno si muove nella direzione di territori ancora poco conosciuti e di strade fertili, ma disabitate. In questo caso un libro-disco, in collaborazione con Mariella Nava, sul tema dell’amore espresso attraverso sette fiabe. Lei canterà sette canzoni e io leggerò sette capitoli.
Un libro disco, ancora una volta un ibrido.
L’interesse per la musica nasce anche dal fatto che all’interno delle agenzie di pubblicità non vi siano cultori professionisti del suono. Ci si occupa di immagine e di parole, ma il futuro della comunicazione sarà soprattutto sonoro.