Intervista a Sabrina Nobile, autrice di "Per metà fuoco per metà abbandono" - RecensioniLibri.org Intervista a Sabrina Nobile, autrice di "Per metà fuoco per metà abbandono" - RecensioniLibri.org

Intervista a Sabrina Nobile, autrice di “Per metà fuoco per metà abbandono”

Per Metà Fuoco e per Metà Abbandono” è l’opera prima di Sabrina Nobile. Un testo lineare, semplice, ma incisivo, che dalla scorsa primavera è disponibile nelle librerie, per SEM editore.

Vincitrice del premio Rapallo 2018, l’autrice è stata ospite anche dell’ultima edizione di Pordenonelegge 2018 ed è stata occasione (oltre che di conoscerla di persona) anche di una chiacchierata sul suo romanzo e sulla sua nuova avventura di scrittrice.

Sabrina è un vero piacere averla alla manifestazione pordenonese e ancora di più di poter parlare con lei del suo romanzo che, le confesso, ho divorato in una notte.

Una storia al femminile che ha certo del già letto, ma con un taglio che lascia spazio a uno dei temi che spesso mettono in crisi punti fermi del vivere: la perdita di un caro, l’abbandono di un amore, il cambiare di una vita.

La narrazione e la sua protagonista appaiono da subito delineate, circondate, perimetrate quasi, da un vivere fatto di DOLORE, che si distingue in PERDITA e ABBANDONO, e di SCELTA, che divine CORAGGIO e FUOCO ritrovato per ri-vivere.

È da questo sentire che nasce la storia ed il suo titolo?

La storia è legata al parallelismo (che è forse più binomio) passione/abbandono che diventano immagini poetiche di narrazione (Sara quando descrive se stessa e il suo vivere parla per immagini). Il titolo però non è frutto mio o del mio editore, ma di una poetessa contemporanea: Antonella AneddaLeggendo una delle sue raccolte se non ricordo male quella dal titolo Notti di Pace Occidentale mi colpì la chiusura di una delle sue composizioni che (dopo i contatti con l’autrice) ha dato il titolo al mio romanzo. Bellissime poesie le sue che consiglio.

Sara è la protagonista. Una donna come tante con un amore che finisce, un rapporto con il padre che è supporto essenziale, un fratello, i figli. Come è nata l’idea narrativa?

Sono partita da una certezza: c’è una “Sara” in tutte noi. Non mi sono, perciò, “ispirata” a nessuno in verità. Sono più le storie che ho sentito, a cui ho assistito, che si sono “attirate” e aggregate,  e che in autonomia hanno creato il personaggio. Credo che traspaia anche dal modo in cui ne descrivo caratteristiche e fattezze: Sara non è edulcorata da “stereotipi”. Ho tentato, spero, di mostrarla per quelle che sono le sue fragilità, debolezze, senza filtri.

Assolutamente sì, anzi appare quasi “nuda” non nel fisico, ma nelle emozioni davanti al lettore: lo si intende nel rapporto con gli uomini, con Andrea (il compagno), con il fratello e con il padre…

Questa sua “nudità” Sara la sente da subito, dall’inizio. Si sente “perduta” quando uno ad uno gli “uomini” che compongono la sua vita si vanno disfacendo per vari motivi. Sara quasi affonda, sopraffatta da queste perdite, da queste latitanze, da questi abbandoni. Una “solitudine”, la sua, imposta che lentamente la fortifica, la ridisegna, la perdona, pacificandola (forse) nel suo rapporto con gli uomini.

Fra i rapporti con gli uomini della sua vita, quello con il padre è decisamente (come è giusto che sia) il più intenso…

Il padre di Sara (malgrado la separazione dei genitori) è riuscito a mantenere un rapporto vivo con lei. Dal padre credo si apprenda il modo di “amare”. In qualche modo, il rapporto figlia/padre diviene una traslitterazione del rapporto con gli “altri” uomini. Dal padre si viene educati/te alle “cose” della vita, mentre in genere le madri educano al “sentire” la vita attraverso il cuore.

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Centrale alla narrazione è il rapporto di Sara con lo specchio. Quasi come una “moderna Biancaneve” si rivolge alla “se” riflessa non con la classica domanda, ma instaurando un rapporto proprio, personale…

Se vuole anche intimo. Non ci avevo pensato a questa similitudine, ma è molto azzeccata. Riesce a focalizzare con più chiarezza il rapporto protagonista/specchio. Sara in esso non vede riflessa solo la sua “anima”, il suo “sentire”, il suo “vivere”. Vede anche quello che di “visibile” ha lasciato il tempo su di lei. Gradatamente il suo vedersi riflessa le impone di ri-conoscersi attraverso i percorsi tracciati dall’itinerario della sua esistenza, e questo le consente di “riprendere e ritrovare” la coscienza di sé. Nello specchio, Sara riesce a scindersi per razionalizzare e far proprio il dolore. Con queste “armi” rielabora l’abbandono del compagno; la perdita “violenta” del padre; le “sconfitte” di ciò che credeva stabile punto di riferimento. Non a caso ho scelto il “racconto a immagini” per rendere il tutto ancor più incisivo e d’effetto per il lettore.

Visto che l’ha anticipato, un paio di domande sullo “stile” della sua scrittura. Non appare essere uno “scrivere alle prime armi” , anzi si percepisce un vero e proprio amore per quest’arte. 

Ha colpito nel segno. Per me scrivere è una esigenza. Scrivo prima di tutto per me stessa da sempre. Va, in qualche modo, di pari passo con ciò che sento, che vivo. Ma è anche solo un modo per lasciare traccia di ciò che mi accade. Una sorta di diario di viaggio di vita, insomma. Forse alle volte ha anche un che di terapeutico ma non solo. Credo che il veder scritto “ciò” che accade aiuti a capirlo meglio, ad analizzarlo.

Questo fa intendere che la vena della “scrittura” ha origini lontane.

Ho iniziato a scrivere (poco più che adolescente) poesie, che poi hanno visto affiancarsi piccoli racconti, e racconti sempre più corposi. Un processo strano, fatto di piccoli nuclei emotivi che si sono auto alimentati creando scene, storie e personaggi. Questo ingranaggio, piano piano, ha preso vita propria, sempre più specificandosi in quello che ha letto e che i vostri lettori, mi auguro, leggeranno.

Questa è la sua prima “esperienza” letteraria apprezzata dalla critica e non solo, pensa ad altre storie da raccontare?

A dire la verità scrivere non è la mia “professione principale”. Per me è un piacere, lo è sempre stato e mi piacerebbe rimanesse, così senza vincoli o pressioni. Vorrei restasse “libertà pura”, di esprimere qualcosa quando c’è ovviamente. Quindi, al momento, non metto limiti. Materiale comunque ne ho. Ma vedremo.

Una lunga chiacchierata, davvero piacevole, che concludiamo con la domanda di rito. Il nostro sito si rivolge a lettori e lettrici seriali. Lei che lettrice è? Ha qualche “consiglio di lettura” da lasciarci?

Con piacere, un libro è sempre un piacevole compagno. Il compagno di quando stai da solo, in un angolo anche se in realtà sei in compagnia di una infinità di persone e di luoghi. Io leggo di tutto (poesia, saggistica, romanzi). Ho già accennato ad Antonella Anedda, una poetessa contemporanea. Tra i saggi e i romanzi amo molto Emmanuel Carrère. Al momento sono affascinata (nuovamente potrei dire) da Pier Paolo Pasolini. Sul mio comodino c’è “Una vita violenta”. Un autore e un testo sempre attuali, intensi, che si rinnovano con chiavi di lettura e scoperte sempre nuove. Raccomandato!

Grazie per la disponibilità, Sabrina, e per i consigli “di lettura!

Noi speriamo di poterla leggere davvero presto e nuovamente con una nuova intensa storia fatta di reale vita.

Autore: Marzia Perini

Scrivere, leggere due aspetti palesi di un'unica passione: la letteratura. Alterno scrittura originale (racconti, poesie, resoconti letterari) a recensioni librarie. Completano il quadro personale altre due passioni più "movimentate" , ma che si intrecciano e completano le precedenti: la fotografia con mostre dedicate a Roma Bergamo e Venezia e i viaggi (solidali e non). Sono Accredited Press al festival di Pordenonelegge dal 2015.

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