Intervista a Marco Rinaldi, autore de “Il grande Grabski”
70 anni. Ingegnere, dirigente d’azienda, giramondo, Marco Rinaldi vive tra l’Italia e la Polonia, dopo aver vissuto in Algeria e a Cuba. Un paio di volte al mese ospita nella sua casa di Roma concerti jazz. Sposato, due figlie, un nipote. In questa intervista ci parla del suo Il grande Grabski.
Parliamo subito del tuo ultimo libro. Raccontaci brevemente la trama e in quale genere si colloca.
Si tratta di un romanzo umoristico su psicanalisi e dintorni. È la storia di Maurizio, quarantenne ingenuo, amante della cucina e delle belle donne, spinto dalla stronzissima moglie ad iniziare un percorso psicanalitico con il dottor Grabski, freudiano, junghiano, lacaniano e molto altro, sostanzialmente cialtrone, alla ricerca del suo vero Sé. Il fulcro del libro sono le strampalate sedute.
Parlaci di te e del tuo amore per la scrittura: come nasce?
Sono un ingegnere, ma ho sempre avuto la passione per la lettura. Una ventina di anni fa ho iniziato, per mio piacere, a tradurre romanzi, e da lì a scrivere il passo è stato breve, prima racconti, poi un romanzo (serio) di formazione: Non voglio bene a nessuno (AlterEgo ed) e adesso questo romanzo per Fazi, che mi ha divertito molto e ancora mi diverte.
Quanto tempo hai impiegato a scrivere questo libro? Descrivi un po’ l’atmosfera e l’ambiente, lascia che i lettori possano immaginarti mentre sei intento a scrivere.
Questo romanzo l’ho scritto nell’arco di due anni, a tempo pieno solo gli ultimi due mesi. Le storie che lo compongono sono venute fuori in modo discontinuo, nei momenti in cui mi sentivo leggero è incline all’auto-ironia. Ridevo mentre scrivevo e mentre rileggevo.
Sappiamo che hai uno stile tuo, ma stando al gioco, a quale autore del presente o del passato ti senti (o aspiri) di somigliare e in quali aspetti? Fai un gioco analogo per il tuo libro.
Potrei citare Paolo Villaggio per l’immagine dell’uomo ingenuo e un po’ sfigato, o Woody Allen per l’ironia sulla psicanalisi e i rapporti coniugali, ma la vena ironica mi appartiene da sempre.
Se dovessi consigliare una colonna sonora da scegliere come sottofondo durante la lettura del tuo libro, cosa sceglieresti?
Un pianista che improvvisa come nel cinema muto.
Un’ultima domanda per salutarci. Rivolgiti ai nostri 300.000 mila lettori, con un tweet in 140 caratteri.
Il grande Grabski fa ridere, fa sorridere, fa anche pensare alle difficoltà che abbiamo tutti nella gestione dei rapporti personali. La forma surreale e grottesca non impedisce di amare o odiare i personaggi, a seconda delle proprie inclinazioni.