Tutti i figli di Dio danzano | Haruki Murakami
Tutti i figli di Dio danzano è una delle raccolte di racconti brevi di Haruki Murakami, scritta nel 2000 e pubblicata da Einaudi. Filo conduttore è il terremoto, venuto nel ’95 a devastare la città di Kobe: le immagini di rovina e distruzione, impresse nelle menti e nell’animo dei protagonisti, fanno da sfondo alle diverse storie di vita.
Realismo e minimalismo si fondono con la dimensione onirica, riproposta anche nei titoli surreali dei sei racconti che compongono l’opera.
Nel primo un uomo, improvvisamente abbandonato dalla moglie, reagisce allo sgomento con un viaggio nell’isola di Hokkaido, dove un collega gli ha chiesto di consegnare un piccolo pacco. Il pacchetto è leggero: contiene, forse, il vuoto che l’uomo ha dentro di sé, quella ”bolla d’aria” per la quale la moglie, sia pur meno attraente e gradevole di lui, lo ha lasciato per sempre.
Segue la storia di un’amicizia fra una giovane, in fuga dalla famiglia, e un pittore che ama accendere falò sulla spiaggia:
mentre li fa ha una luce incredibile negli occhi.
Le fiamme dei suoi fuochi non sono né rapide né violente perché il loro unico fine è “riscaldare il cuore delle persone”. La ricerca e la composizione dei pezzi di legno da ardere, restituiti dal mare, sono per l’uomo pari all’atto dello scultore che intravede, nascosta nella pietra, la figura a cui dare forma.
Il terzo racconto, da cui la raccolta trae il titolo, narra l’inquietudine di un ragazzo alla ricerca del vero padre, nel tentativo di risolvere l’ambiguo e opprimente rapporto con la madre. La donna, a cui è legato da un affetto morboso, ha trovato rifugio nella rigida devozione a una setta religiosa e lo ha cresciuto nella convinzione di essere “figlio di Dio”.
L’opera prosegue con la vicenda di una donna affermata professionalmente ma profondamente ferita dalla vita coniugale. Si concede una vacanza in Thailandia e incontra un uomo che, nel farle da autista e guida, coglie il peso che da tempo trascina nel cuore. Da lui la donna imparerà che non occorre “investire troppe energie nel vivere”, in modo da prepararsi ad affrontare la morte con dolcezza.
Il penultimo racconto, in chiave totalmente surreale, ci propone l’esistenza grigia di un uomo nella quale un giorno irrompe un ranocchio gigante. Il protagonista, intrappolato fino ad allora nella propria debolezza e nei propri fantasmi, grazie a Ranocchio avrà l’occasione di combattere un essere orribile e viscido, il Gran Lombrico, che vive sottoterra ed è pronto a causare un terremoto in grado di devastare Tokyo.
A chiusura dell’opera, un racconto che prende avvio con una fiaba narrata a una bambina e che sempre con una fiaba si conclude. E’ una storia di amicizia e di amore fra tre giovani: due ragazzi profondamente diversi – l’uno sensibile e solitario, l’altro dinamico e spavaldo – e una giovane donna forte e delicata, amata da entrambi. Un terzetto che resterà affiatato nonostante, nello scorrere della vita, i rapporti muteranno l’iniziale fisionomia.
La leggerezza narrativa dell’opera, consentita anche dalla dimensione misteriosa e visionaria in cui sono calate le vicende, non ne annebbia la profondità. L’autore riesce a delineare con semplicità e grande efficacia la psicologia dei protagonisti: esistenze comuni, talvolta al limite del banale, spesso solitarie e sempre attraversate da crisi esistenziali. Il pessimismo però non ha la meglio: in ogni racconto intervengono infatti incontri – reali o sognati – ad illuminare quelle esistenze dolenti.
Alcuni personaggi trovano così il proprio posto nel mondo, mentre altri, sia pur non ancora risolti, divengono più consapevoli dei viaggi interiori da intraprendere, una volta appreso che
questa cruenta battaglia si è svolta tutta nell’immaginazione. E’ quello il nostro campo di battaglia. E’ lì che vinciamo o siamo sconfitti. Naturalmente siamo tutti esseri limitati, e alla lunga finiremo col perdere. Però, come aveva intuito Ernest Hemingway, il valore definitivo della nostra vita non sarà determinato da come avremo vinto, ma da come avremo perso.