Intervista a Antonino Tarquini autore de "L'eccezionalità dell'anonimato" Intervista a Antonino Tarquini autore de "L'eccezionalità dell'anonimato"

Intervista a Antonino Tarquini autore de “L’eccezionalità dell’anonimato”

Antonino Tarquini, nato a Giulianova (TE) nel 1989, da almeno venticinque anni si barcamena tra cose che non vuole fare e scelte di cui si pente. Cresciuto a Roseto Degli Abruzzi, nel 2015 si è trasferito a Roma dove per il momento vive e lavora. Sono due anni e mezzo che si sposta per la capitale con i mezzi pubblici nonostante non abbia particolari colpe da espiare. Nell’intervista che segue ci parla del suo L’eccezionalità dell’anonimato.

Parliamo subito del tuo ultimo libro. Raccontaci brevemente la trama e in quale genere si colloca.

Una volta mio zio mi disse: “Per una persona che di mestiere fa l’artista ce ne vogliono almeno tre che lavorino sul serio per mantenerlo“; questo libro omaggia quei tre. L’eccezionalità dell’anonimato è una serie di racconti brevi su argomenti grevi (amore, Whatsapp, filosofia spicciola) dal tono dolceamaro e con protagonista l’anonimo, colui che non noteresti se qualcuno non te lo indicasse.

Parlaci di te e del tuo amore per la scrittura: come nasce?

Mi piace osservare e spesso ciò che vedo, leggo, ascolto, vivo più o meno direttamente, è fonte di molti spunti. La mia passione per la scrittura credo nasca da questo, per dar sfogo alle idee che mi frullano in testa. Scrivere mi rilassa e allevia i miei turbamenti. E poi mi piace suscitare qualcosa, una reazione, in chi legge; direi che è il mio obiettivo primario.

Quanto tempo hai impiegato a scrivere questo libro? Descrivi un po’ l’atmosfera e l’ambiente, lascia che i lettori possano immaginarti mentre sei intento a scrivere.

Ho scritto questo libro, tranne un racconto, a cavallo dell’estate 2015, nel lasso di tempo trascorso dal giorno della mia Laurea all’inizio di un Master all’Accademia Silvio D’Amico di Roma. I dubbi su cosa fare del mio futuro, l’aver realizzato di non essere più un ragazzino, hanno portato a complessi e ansie che sono riuscito a sfogare soltanto in un modo, ossia scrivendo (non fumo purtroppo).

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Sappiamo che hai uno stile tuo, ma stando al gioco, a quale autore del presente o del passato ti senti (o aspiri) di somigliare e in quali aspetti? Fai un gioco analogo per il tuo libro.

Credo che quel che si legge influisca sempre, inutile negarlo. Io però non vorrei assomigliare a nessuno, nel senso che se assomigli a qualcuno allora quel che scrivi è già vecchio in partenza. In quest’epoca in cui ci sono più scrittori che lettori, non essere in qualche modo originali vuol dire produrre roba superflua. Posso dire che l’idea del libro l’ho avuta da “L’ultima lacrima” di Benni.

Se dovessi consigliare una colonna sonora da scegliere come sottofondo durante la lettura del tuo libro, cosa sceglieresti?

Quando scrivo c’è sempre un sottofondo musicale che mi ispira. E la musica è presente qua e là nel libro. Essendo racconti di vario tenore, ci vorrebbe una playlist dettagliata. Per andare sul sicuro, consiglio Ágætis Byrjun dei Sigur Ros oppure Hurry Up, We’re Dreaming degli M83. Ma non solo per il mio libro, li consiglio in generale come sottofondo a lettura, scrittura, pittura, cucina.

Un’ultima domanda per salutarci. Rivolgiti ai nostri 300.000 mila lettori, con un tweet in 140 caratteri.

Comprate, leggete e diffondete “L’eccezionalità dell’anonimato” il più possibile, è bello e soprattutto tengo famiglia.

Autore: Redazione

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