Intervista a Damiano Lomolino, autore de “Il pugile e l’ubriacone”
In questa intervista conosciamo Damiano Lomolino e la sua ultima opera.
Damiano parlaci del tuo ultimissimo libro Il pugile e l’ubriacone. Raccontaci brevemente la trama e in quale genere si colloca.
Il libro parla, anzi, sparla (quasi diffamando) del pugile e l’ubriacone: chi sono, o chi è, lo si capirà dalle primissime pagine. In altre sedi mi ribadii che i generi servono alla gente solo a far fiutare cosa potrebbe esser loro sgradito, piuttosto che il contrario, ma è una battaglia completamente fallimentare, perciò, fallendo, precipito nel tritatutto dei generi e delle definizioni, facilitando il compito di chi deve scegliere il libro o lasciarlo lì dov’è, dicendo loro che se posso contentarli, concedendo che fa parte del calderone del cosiddetto Realismo sporco, li contento.
Parlaci di te e del tuo amore per la scrittura: come nasce?
Sono fatto di versi, di strofe e di intere canzoni che mi hanno cantato, di controcanti stonati nei cori delle vostre plausibilità; intento ad infrangere certezze nei versi e cantarle a chi mai capirà; Sono fatto di delusioni e sconfitte, disillusioni e di crampi al tritolo che mi esplodono dentro; di scuse date a me stesso, guardandomi dentro, mentendo allo specchio e a una qualsiasi lei.
Quanto tempo hai impiegato a scrivere questo libro? Descrivi un po’ l’atmosfera e l’ambiente, lascia che i lettori possano immaginarti mentre sei intento a scrivere.
Più o meno ci ho messo una trentina d’anni. Ma è bene che nessuno mi possa immaginare mentre sono intento a scrivere, non è il caso… non è proprio il caso, la mia vanità me lo impedisce. Per quel che riguarda il libro, si respirano atmosfere ottantiane, modernismi non ce ne sono. L’ambientazione è asfissiante e alcolica, c’è la strada, ci sono i bar e i locali frequentati ossessivamente per mitigare quella imperitura disillusione che permea il protagonista. L’atmosfera è repentina, a tratti isterica, instabile… da un lato, ma spalanca finestre di dolcezza e malinconia di amori perduti, che saprà cogliere solo chi è disposto a infilare le mani nella merda di vacca sapendo che c’è qualcosa da recuperare che è finito lì sotto.
Sappiamo che hai uno stile tuo, ma stando al gioco, a quale autore del presente o del passato ti senti (o aspiri) di somigliare e in quali aspetti?
L’idolatria mi infastidisce.
Se dovessi consigliare una colonna sonora da scegliere come sottofondo durante la lettura del tuo libro, cosa sceglieresti?
Ho già risposto a questa domanda quando mi è stato chiesto qualcosa di simile, ovvero a quale musica avrei potuto pensare per questo libro, e ho risposto nominando qualche artista che a mio parere sposava le atmosfere e i personaggi del libro, come Tom Waits o Paganini, ma in questo modo non mi era mai stata posta, ovvero, non mi è mai stato chiesto di scegliere una colonna sonora che potesse andar bene durante la lettura! Mi trovo costretto a dirti che se ascolti musica non puoi allo stesso tempo leggere e viceversa, a meno che non si stia leggendo gli annunci erotici o il resoconto del derby della madonnina. Ascoltare musica è impegnativo almeno quanto leggere, l’orecchio è una funziona passiva al ristorante.
Un’ultima domanda per salutarci. Rivolgiti ai nostri 300.000 mila lettori, con un tweet in 140 caratteri.
Vi invito a leggere il mio libro, se non vorrete, ne scriverò comunque un altro.