PordenoneLegge 2017: La parola come chiave per raccontare il fluire delle mondo
Anche quest’anno tutto è andato per il meglio a Pordenonelegge 2017.
Nella sua 18esima edizione, quella della “maggiore età”, autori, incontri, conferenze stampa, lettori e tanti, tantissimi libri hanno invaso ancora una volta le strade delle città friulana e dell’intero territorio che attende sempre con trepidazione questo festival come momento privilegiato, quasi magico, dove letteratura, parole e tutto ciò fa cultura diventa protagonista unico e assoluto.
Lo avevamo sottolineato anche nel resoconto dello scorso anno, di come il festival letterario di Pordenonelegge, con il passare delle edizioni non evidenzi segni di “vecchiaia”, stanchezza o ripetitività ridondante e noiosa .
La stessa Margaret Mazzantini, già ospite nel 2000, con Sergio Castellitto nell’incontro che li ha visti protagonisti nel raccontare letteratura e rappresentazione cinematografica, ha ribadito l’importanza di Pordenonelegge nel panorama culturale italiano e straniero accresciutosi e mantenutosi, edizione dopo edizione.
Segno di una costante, ostinata, imperterrita convinzione dei curatori tutti (Garlini Gasparet Villalta) che la letteratura e la lettura siano uniche e insostituibili. Efficaci punti di riferimento a cui aggrapparsi in una sempre maggiore difficoltà al dialogo con l’altro e, perchè no, anche con noi stessi. Non possiamo non notare che, nel nostro quotidiano, è diventata ormai facile consuetudine “fare a meno” o rimandare al “dopo” l’essenza vitale che ci contraddistingue.
Emozioni pensieri, riflessioni (giuste o sbagliate) richiedono sforzo, comprensione, confronto con un contemporaneo che di anno in anno si fa più caotico, incapace di ascoltare convinto, oramai che chi “il contingente” lo vive non abbia più quella preponderante necessità di un angolo “tutto suo” dove riposarsi, ridere, “aver delicatamente paura”, riflettere, sognare. Ma non è così: quell’angolo prima o poi ognuno di noi lo cerca, ma dove trovarlo?
Carlos Ruiz Zafon, titolare dell’apertura ufficiale del festival, ci tranquillizza affermando a chiare lettere che questo angolo c’è , esiste ed è a portata davvero di mano.
“La letteratura e i libri sono il cancello di questa dimensione sensoriale a 360 ° di cui abbiamo bisogno”.
Attraverso di loro possiamo accedere a questo spazio privato fatto di emozioni e sensazioni inaspettate ed inattese, che si intrecciano in mille modi, sempre diversi, creano una musicalità preziosa dove la PAROLA è la protagonista unica.
Il suo sapore sulla punta della lingua quando la pronunciamo, la sua scelta nel contesto narrativo, il suo combinarsi piacevolmente con altre parole, crea “quel chiavistello” sempre diverso per permetterci di aprire quel cancello cancello ed accedere al racconto, al romanzo, alla favola o al al saggio cercando di marcare il filo di quella memoria condivisa che cerca di aggrapparsi a un reale che la vuole “a breve termine”.
Percezione evidente e innegabile, perimetria di una “carestia emotiva”, ribadisce Elizabeth Strout, che evidenzia una incapacità effettiva ed affettiva di vivere i sentimenti, propri ed altrui, allontanandoli da noi per poi facilmente dimenticarli.
Ma quando questi sentimenti si uniscono alla parole e diventano storie racconti drammi o commedie prendono “davvero vita” e potere proprio. In una simbiosi pura, in una vibrazione percepibile, taumaturgica quasi muscolare le parole possono abbagliare, sottolinea Wole Soyinka, possono incidere con la loro tenacia, riuscendo a raccontare con chiarezza ineluttabile. Così facendo permettono di capire la parole dell’altro, facendo intendere reciprocamente i linguaggi, individuando il giusto contatto “dialogativo” che solo può tentare i rendere chiara la nostra epoca.
Questo è davvero lo scopo precipuo della letteratura, come ci ha sottolineato Riccardo Mazzeo nel raccontarci il suo saggio scritto con Zygmunt Bauman “Elogio della letteratura”.
Alla Letteratura spetta il compito di identificarsi con l’altro per ritrovare quella fraternità opacizzata, di raccontare i fatti della vita così come appaiono, di esplorare il mondo nel suo divenire, di rappresentare il fluire delle cose semplicemente nella loro complessità. Dove il bello, il brutto, l’agro e il ruvido di ciò che ci circonda riempiono quelli che sono i vuoti comuni che diventano fertili di quell’armonia descrittiva che nel silenzio della scrittura l’autore codifica in storie favole racconti .
Non a caso lo stesso Luis Sepulveda ci ha ricordato che la sacralità della parola e la sua dignità.
“La parola è importante nel raccontare. Non deve banalizzare la realtà. La dignità della parola scritta non solo porta emozione, ma è raccontatrice di fatica. E’ capace di parlare di te e di chi non ha voce per farlo. E’ qualcosa di mediatico. Il mio desiderio, la mia volontà, come scrittore, è di dare attraverso le mie parole voce a chi è ultimo.”
Non stupiamoci perciò che anche quest’anno a Pordenonelegge2017 è andato tutto bene.
Il credere ostinatamente nella letteratura e nelle sue parole non nasce da una testardaggine bieca, ma è frutto di quella convinzione utile e motivata nella letteratura nel libro e nella parola. E nell’attesa che ci separa dall’edizione 2018 di Pordenonelegge non potremmo far altro che affermare che davvero d’ora in poi “ASINO” sarà SOLO chi NON legge.