Il Mestiere di Scrivere…
L’indomani, rigenerata in corpo e spirito (per fortuna sono ancora nella fase in cui basta una bella dormita a rimetterti al mondo) ho voluto immediatamente immergermi nei diversi ambienti della Residenza (che la sera prima avevo attraversato solo di sfuggita), per assaporarne forme, colori, luci, odori ed atmosfere.
La grande sala da pranzo, quei camini così diversi dai nostri eppure non meno affascinanti, l’attrezzatissima cucina, insolito set delle più disparate disquisizioni (armeggiando tra i fornelli).
Il giardino fiorito, col rilassante dondolo e la lavanderia, da cui si accede alla sauna (che a noi altri parrebbe un lusso, ma che in realtà è parte integrante delle loro pratiche corporali, un po’ come lo erano le terme per gli antichi romani)…come direbbe il saggio: “Paese che vai, usanza che trovi!”.
Poi è la volta di una luminosa sala meeting, con tanto di pianoforte, per arrivare alla confortevole biblioteca interna.
Una serie di scaffali raccolgono ed espongono il frutto di ben 10 anni di residenze letterarie, con scrittori e traduttori provenienti un po’ da tutto il mondo.
Sarà stato l’odore dell’inchiostro su carta o il mix di essenze lignee di cui gran parte della casa è rivestita, fatto sta che ho sentito l’istintivo desiderio di entrare a più stretto contatto con quei testi: studiandone le copertine, le illustrazioni, le scelte tipografiche mi sembrava di stabilire una connessione con chi, prima di me, avesse sostato e lavorato in quel luogo.
Una strabiliante carrellata di volumi scorreva sotto le mie dita, sino a quando – colpita dall’argomento – ne ho preso qualcuno da sfogliare comodamente seduta in poltrona o da portare in camera, desiderosa di approfondire da quali aspetti si fossero lasciati ispirare i miei predecessori.
Già, la mia camera: “una donna deve avere soldi e una stanza tutta per sé per poter scrivere”, così Virginia Woolf sosteneva nel saggio “A Room of One’s Own”; un volumetto letto per la prima volta, in lingua originale, al liceo, che mi aveva sì affascinata – quando la scrittura mi sembrava solo un lontano miraggio, un obiettivo per raggiungere il quale avrei avuto ancora molto da studiare – ma il cui profondo significato mi è stato chiaro solo appena ho messo piede in quello che considero il mio rifugio lèttone per queste quattro settimane.
Successivamente, munita di mappa della città ho deciso di avventurarmi in una prima passeggiata di orientamento, accompagnata da stuoli di candidi gabbiani, il cui garrito è ormai diventato un irrinunciabile sottofondo nelle ore di scrittura e di studio/ricerca in biblioteca.
Ventspils, infatti, sorge lungo l’estuario del fiume Venta, che divide la città in due parti, una più industriale e l’altra eminentemente turistica, la cosiddetta Old Town, dagli edifici molto caratteristici, variopinti e spesso rivestiti in legno.
Passeggiando per queste strade si ha come l’impressione di essere catapultati in un set cinematografico, con l’unica fondamentale differenza che non si tratta di scenografie realizzate in carta pesta, bensì di vita vera.
Di tanto in tanto, nascoste da edifici moderni, fanno capolino antiche abitazioni tradizionali, immerse nel verde; quasi degli angoli di foresta in pieno centro.
E dopo una lunga camminata (nel tentativo di espiare eventuali peccatucci di gola) l’incontro con Lui, il Mar Baltico, che si staglia – ora furiosamente, ora lievemente – su chilometri e chilometri di spiaggia bianchissima, sulla quale è adagiata una vera e propria costellazione di ciottoli di varie forme e dimensioni, ma tutti dalle spettacolari nuance cromatiche.
Da bambina mi facevano ascoltare la voce del mare appoggiando all’orecchio una conchiglia; ebbene, oggi ricreo un pezzetto di Baltijas Jura in camera, con finissima sabbia e sassi variopinti.
Iniziano anche le prime conversazioni tra “colleghi”: dapprima con Olga, la ragazza polacca con la quale avevo condiviso, ignara, il viaggio; lei è alla seconda residency e stavolta ha aderito ad uno specifico programma d’apprendimento del lèttone, per arrivare a tradurre nella sua lingua madre.
È molto gentile e disponibile e dispensa consigli a tutti sui luoghi da visitare e i piatti tipici da assaggiare.
Poi è la volta di Luize (anche lei di casa ormai) e Cristine, due simpatiche autrici lettoni, entrambe in dolce attesa, con le quali spesso ci confrontiamo anche sugli aspetti storici e socio-culturali dei rispettivi paesi di provenienza.
Qualche giorno dopo sono arrivati anche Emma dal Belgio ed Anibal dalla Spagna, con una consolidata carriera alle spalle, tante esperienze da condividere ed un intelligente quanto umile approccio: il costante desiderio di misurarsi col nuovo, il diverso, da cui trarre ispirazione, quand’anche si trattasse di voler rendere gli altri partecipi di un personale momento di impasse con la scrittura, in cerca di spunti di riflessione.
E così accade spesso che le loro stesse storie di vita abbiano un che di romanzesco e non di rado qualche episodio che colpisce particolarmente l’immaginifico dell’autore di turno, entri a far parte di questo o quel personaggio, come avremo modo di scoprire insieme, testimoni dei processi creativi in atto…!