“Il matrimonio degli opposti” di Alice Hoffman
L’autrice statunitense Alice Hoffman regala con “Il matrimonio degli opposti” un romanzo di una bellezza rara, travolgente al punto da non volerlo mai chiudere.
È il racconto acceso del sogno di libertà di Camille Pizzarro, uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo francese, attraverso la ricostruzione della storia della sua famiglia. Molto spesso il seme delle scelte degli uomini giace nelle lontane origini, come in quei ricordi che hanno preceduto l’arte vibrante di un uomo avido di tutti i colori del mondo.
“Ciò che ci distrugge ci salva”
Rachel Petit è una ragazza ebrea dell’isola di Saint Thomas: la bellezza non è tra i suoi segni particolari, tra i quali spiccano invece una spigliata concretezza e un pragmatismo mascolino, oltre che il vivo desiderio di raggiungere Parigi. Ventenne determinata, baciata dal vento dell’Africa e dal ruggito delle onde selvagge, ogni sua percezione dell’amore viene stroncata sul nascere dalla decisione della famiglia di concederla in sposa a un quarantottenne uomo d’affari, quasi coetaneo del padre, come previsto dalla tradizione. Tra gli insegnamenti impartiti ce n’era uno piuttosto severo che le suggeriva di considerare il matrimonio come nient’altro che una questione d’affari, ripetutogli con costante amarezza da una madre inflessibile.
Tutti quei lieto fine delle fiabe di Perrault lette nella vecchia biblioteca di famiglia, con i piedi scalzi e il silenzio dell’amica luna a sorvegliare le maree tropicali, non erano che malinconiche illusioni infrante dal volto cupo della realtà.
Del resto agli inizi del 1800 le donne non godevano di diritti rispettabili, ma erano subordinate a rigide imposizioni, volontà altrui elevate a volto rigoroso di legge. Rachel però rifiutava di essere un ‘timido topolino’ come le altre, proprio come Jestine, sua compagna di avventure, intima come una sorella:
«Sapevo di dover fare tutto quello che mi si diceva, eppure qualcosa mi bruciava dentro. Forse avevo la mente infiammata dai libri che avevo letto e dai mondi che avevo immaginato. Mi osservavo nello specchio d’argento del salotto e sapevo che avrei fatto quello che volevo, senza badare alle conseguenze.»
Essere la moglie di Isaac Petit non si rivelò un sacrificio insostenibile: Rachel imparò ad apprezzarne la riservatezza, la dedizione per il lavoro e il rispetto per la famiglia; si innamorò, sì, ma dei suoi tre figli.
La morte improvvisa dell’uomo fece bussare alla sua porta il cambiamento, quello che spaventa ma che, inaspettatamente, salva: portava il nome di Frédéric Pizzarro, esecutore testamentario di Isaac, esperto in questioni legali, nonché suo nipote. Fu così che Rachel conobbe il vero amore, infrangendo ogni buon costume e rinunciando finalmente al ferreo controllo che da sempre esercitava sui propri nervi e desideri. Con il gesto più semplice e puro si conquistò l’umiliazione di tutta la sua comunità: una nebbia rossa come la vergogna coprì l’isola e punì il coraggio di Rachel, che aveva semplicemente ascoltato il suo cuore.
«Era così ardente quel bacio che quasi non le riusciva di prendere fiato, ma non le passò neppure per la testa di dirgli che non poteva succedere.»
Il matrimonio tra i due, salvati da quel bacio, non fu una semplice questione d’affari: questo fu subito chiaro a tutti. L’ardente desiderio di libertà rese Rachel combattiva verso quel mondo piegato non alla morale più giusta ma a quella più conveniente.
Dall’unione di questi due spiriti fieri e selvaggi nacque Jacobo Camille Pizzarro, protagonista della seconda parte del romanzo. La vita del ragazzino talentuoso, sin da piccolo affascinato dai colori, si intreccerà con la triste vicenda che coinvolgerà Jestine e sua figlia Lyddie, vittime di una terribile ingiustizia che le separerà.
Camille scelse questo come suo primo nome e giovanissimo partì per inseguire la sua vera vocazione tra i grigi tenui e le distese verdi e blu della splendida Parigi, nel fiore della corrente artistica impressionista, in un primo momento contro la volontà della madre che solo molto dopo rimase basita dalla bellezza di quelle tele che le facevano girare la testa.
«Il tuo modo di dipingere non somiglia a niente di questo mondo. Ho paura che ci sia qualcosa che non va nel tuo modo di vedere», disse lei.
«Credi che esista solo questo mondo?», sorrise lui.
Ed ecco arrivare anche per Rachel, attraverso gli occhi di chi vedeva tutto quello che al resto del mondo era cieco, un dono da quel ‘meraviglioso manicomio’ di Parigi che aveva così a lungo sognato, pullulante di luci, vecchie speranze e rinnovati desideri. Troppo tardi affiorerà la consapevolezza di esser cresciuti in un contesto venato di dolore, in cui la menzogna era preferibile alla verità.
Le parole su tela de “Il matrimonio degli opposti”
La lettura di questo romanzo è assolutamente magnetica. Le parole si rincorrono con una potente carica figurativa, si mescolano come colori, mutevoli come le onde del mare. Impressiona la tecnica con cui l’autrice trasforma istantaneamente ciò che scrive in uno scenario tangibile, al punto da vederlo con i propri occhi. È questa la magia dei quadri di Pizzarro: un viaggio emotivo lì dove non si sarebbe mai pensati di arrivare, persi nei nuovi colori di un cielo che non è più soltanto blu. La trama si fa corale, cambia spesso voce narrante, e questi passaggi intermedi impreziosiscono la storia di dettagli: ogni personaggio impugna il pennello, lascia il proprio tratto su una tela di racconti ossimorici specchio della vulnerabilità dell’uomo. Un romanzo consigliatissimo: dietro un titolo che non anticipa nulla si nasconde la più bella delle sorprese.
Giugno 16, 2016
Sembra molto interessante, grazie per il suggerimento 🙂
Luglio 24, 2016
Un libro emozionante a tal punto che è un dispiacere averlo terminato, ma una gioia averlo letto e poterlo consigliare.