“Un po’ per celia e un po’ per non morir…”- Ettore Petrolini
Perché Ettore Petrolini, grande artista, ma popolano dichiarato e mai redento, scelse una citazione colta di un’aria della “Madama Butterfly” per intitolare la sua biografia? A quale grande amore si riferisce? Se si trattasse di una donna fra le tantissime più o meno famose che ebbe nella sua vita di donnaiolo impenitente avremmo un bel da fare e non approderemmo a nulla; per capirlo dobbiam leggere il libro fino in fondo e potremo scoprire l’uomo che si cela dietro la maschera di istrione.
Ettore Petrolini nasce nel 1884 anche se per tutta la vita continua a dichiarare il falso, sostenendo di essere nato nel 1886, un vezzo da bella donna che non accetta di invecchiare e che certo non si addice ad un uomo , per altro corteggiatissimo dalle più belle donne del tempo, ma che è già una traccia da seguire per tentare di comprendere, senza poterci riuscire, chi fu davvero Petrolini.
Di sicuro non mancano i dati biografici, compresi quelli poco edificanti come i suoi tre soggiorni in riformatorio, testimonianza inequivocabile di un’adolescenza disgraziata e turbolenta; i suoi natali non proprio altolocati, la sua arte innata che lo ha reso un’icona del ‘900, la sfolgorante carriera, i personaggi che ha creato (Gastone, Nerone e tanti altri), gli innumerevoli quanto effimeri amori, il palesato “amore” per Mussolini, il Duce, il Sole e, infine, la data di morte: 29 giugno 1936 a cinquantadue anni reali e cinquanta dichiarati.
Invece, ciò che si conosce meno è l’altra faccia di Petrolini, quella triste che non gli vietava di avere una relazione con la sofferenza, la sola relazione duratura e mai interrotta per seguire un’altra, l’ennesima, bellezza muliebre. Forse perché alla sofferenza non ci si può sottrarre, è un’amante che non teme rivali eppure Ettore non la trattava da innamorato devoto, anzi la motteggiava chiamandola ” Signora Agonia” quando ella lo accompagnava anche sul palcoscenico.
Ora lasciamo la parola a Petrolini, riportando l’intervista che si trova all’inizio del libro:
I principali tratti del mio carattere?
Allegretto ma non troppo.
Qualità che preferisco in un uomo?
La grandezza.
La mia qualità preferita?
La conversazione intelligente.
Il mio principale difetto?
Raccontare i fatti miei.
L’occupazione che preferisco?
Attaccare quadri, riordinare libri.
Il mio sogno di felicità?
Quello degli altri.
Qual è la mia più grande paura?
Quella di domani.
Che cosa vorrei essere?
Tutto quello che sono gli altri più di me.
Il paese dove vorrei vivere?
Quell’altro.
Il colore che preferisco?
Il rosso.
Il fiore che preferisco?
Tutti.
L’animale che preferisco?
Il gatto.
Il mio prosatore preferito?
Benvenuto Cellini.
Il mio poeta?
Gioacchino Belli.
L’autore teatrale che più a Ovest?
Moliere.
I registi che più apprezzo?
Palladio e Bibbiena.
Il mio musicista?
Rossini.
Il mio pittore?
Francesco Goya.
La bevanda che più mi piace?
L’acqua.
I miei nomi preferiti?
Quelli delle persone alle quali ho voluto bene.
Ciò che aborro maggiormente?
La menzogna.
Il fatti militare che più mi ha sbalordito?
Addis Abeba.
L’uomo di governo che più stimo?
Il Duce.
Il dono di natura più grande che avrei voluto avere?
Essere musicista.
Come preferirei morire?
Il più tardi possibile, sul palcoscenico, tra gli applausi.
Emerge da queste parole autentiche, non solo perché proferite direttamente dall’interessato, l’immagine di una personalità sfaccettata, che non dice ma allude e che lascia intravedere una spiraglio di sincerità solo fra le righe, in preda al timore di mostrarsi per quello che è o, più ancora, di poter vedere il domani portatore di nuove sofferenze.
Ora si può tentare di dare un volto o un nome a chi o a ciò che Petrolini davvero amava e che amò per tutta la sua non lunghissima vita: la Vita stessa. Purtroppo la Morte gli andò incontro troppo presto, quando ancora non era pronto o semplicemente ancora non avrebbe voluto, ma questo sapeva che sarebbe potuto accadere, lo sapeva da sempre e perciò la temeva. A nulla valsero motteggi e sberleffi per esorcizzare timori profondi, eppure Petrolini fece una scelta fra l’essere vittima di una paura e combatterla, fra il lamento e la reazione, fra il vinto e il vincente. Scelse di reagire, di combattere usando le sole armi che avesse a disposizione: la sua sferzante a amara ironia.
Adesso, a mo’ di testimonianza e di testamento spirituale, leggiamo una delle ultime frasi del libro:
Ora frequento un corso di malato saggio, ma da parecchi anni ne seguo un altro, per essere promosso defunto effettivo: sembra impossibile, ma non ancora ci riesco…
Libro interessante per far luce su un artista nella sua concretezza di uomo e sul periodo storico che fa da sfondo.
Consigliato a tutti anche come antidoto contro letture banali.