IL SOLE IN UNA LACRIMA di Luca Favaro
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Paragono sempre il mondo ad un frutto, ricoperto da una buccia costituita dal male e, dalla sofferenza, dalla morte, ma con un nucleo d’amore che, pur nascosto, mantiene tutto in vita e alla fine si rivela molto più forte e consistente.
Luca Favaro è nato a Treviso ed è infermiere da vent’anni. In “Il sole in una lacrima” si racconta, racconta il suo lavoro, ma soprattutto racconta e ricorda le persone che ha incontrato, i loro sorrisi e la forza che negli anni queste persone gli hanno saputo regalare.
In un mondo fatto di carriera e soldi, di egoismo e invidia, l’autore riporta a galla le priorità della vita: l’amore, gli affetti, la sofferenza anche, la solidarietà.
Ogni capitolo è dedicato a un malato e a un’esperienza che mai, nonostante la sua fine, si rivela triste e malinconica. La ricchezza d’animo degli assistiti è il filo conduttore dei diciassette capitoli che portano alla luce una vitalità e un potere lontano da questo stramaledetto dio denaro, che non è più al servizio dell’uomo, ma che ha assoggettato l’uomo al suo servizio.
Dobbiamo riscoprire l’amore, scrive l’autore, e tutti i protagonisti di questo libro lanciano e lasciano un messaggio molto forte e di grande ottimismo; sembrano urlare, anche quando sono ormai troppo deboli per farlo, che la vita è bella e va vissuta tutta, da subito.
Nel suo libro più di una volta accusa i media di una informazione “falsa”: che cosa vorrebbe che raccontassero?
I media molto spesso parlano solo dei casi di malasanità come fosse l’unica realtà esistente in Italia, tralasciando il fatto che la sanità italiana, pur con tutti i suoi difetti è una delle più invidiate ed imitate nel mondo. Non a caso il presidente Obama si è ispirato al modello italiano per modificare la sanità statunitense, la stessa cosa dicasi per l’istruzione. Pensiamo a quanti interventi vengono fatti in un giorno in tutta Italia e chiediamoci: quanti di questi interventi riescono bene? La maggioranza per fortuna, però i media parlano solo dell’unico intervento che, per vari motivi va male. Ma a parte questo: quanti giornali parlano dei giovani che non si drogano? Quanti giornali parlano delle persone che assistono i loro cari a casa nel totale silenzio e con molti sacrifici? Quanti giornali parlano di tutte le persone buone che si spendono per il bene degli altri? Quanti parlano di tutte le persone che fanno con coscienza e professionalità il loro lavoro? Quante volte si sente parlare dei medici senza frontiera? Si parla mai nei media di tutte le coppie sposate che non divorziano? Quante volte viene dato spazio alla voce delle persone semplici, che hanno un normalissimo lavoro, che hanno figli e fanno una vita normale e che, paradossalmente costituiscono il motore che fa funzionare il mondo? Quante volte i media parlano della foresta che cresce invece di puntare i riflettori sull’albero che cade? Potrei continuare all’infinito..
Nella sua infanzia lei è stato un ragazzo dai capelli lunghi e poco portato per lo studio che ha fatto uso di droghe leggere, che messaggio si sente di lanciare ai giovani di oggi?
Il messaggio che vorrei lanciare ai giovani è che ogni nostra azione ha delle conseguenze su di noi, sul nostro futuro e su chi ci è vicino. Vorrei dire loro che la vita è meravigliosa e che non vale la pena sprecarla per sostanze che danno solo una felicità apparente, vorrei che capissero che gli stupefacenti, leggeri o pesanti sono una minaccia che può rendere la loro vita un inferno. Vorrei che capissero che nella vita esistono tanti fuochi d’artificio: belli finché esplodono, ma poi cosa rimane? La felicità, quella vera va costruita con pazienza piano piano, un mattone al giorno.
Si è mai pentito, nei momenti di sconforto, della sua scelta professionale?
Sì. I momenti di sconforto però mi hanno sempre aiutato a guardarmi dentro, per scoprire che se non ero soddisfatto del mio lavoro era perché avevo perso di vista le motivazioni fondamentali che mi avevano spinto a sceglierlo.
Quanto questo lavoro ha facilitato il suo avvicinamento a Dio e quanto, invece, ha cercato la fede per avere sostegno nei momenti tristi che ha dovuto affrontare in questi anni?
In realtà non mi sono mai allontanato da Dio, né mi sono avvicinato. Semplicemente sono diventato consapevole della Sua presenza nella mia vita. Lui è sempre stato al mio fianco. Questa consapevolezza può venire in qualunque momento e facendo qualunque lavoro. Molte volte crediamo che chi fa un lavoro umanitario sia più facilitato ad un incontro con Dio, ma non è così. Per incontrare Dio basta volerlo, cercarlo. Non siamo noi che cerchiamo Lui, è Lui che si manifesta a noi indifferentemente da quello che noi siamo o facciamo.
La mia fede, ovvero il mio rapporto con Dio nasce dalla mia meditazione quotidiana, e questa si riflette su tutta la mia vita. Tutte le mie giornate sono impregnate della presenza di Dio, ed io parlo con Lui sempre, quando le cose vanno bene e quando vanno male. La fede non è un riparo per i momenti di difficoltà. In certi momenti ho litigato con Dio anche in maniera pesante, quindi mi è difficile capire in che percentuale la fede mi aiuta perché non la considero un aiuto. Io non frequento le persone che amo solo quando sono in difficoltà. La stessa cosa con il Signore. Si tratta di un rapporto a tu per tu, che chiaramente bisogna coltivare con pazienza e costanza, come ogni rapporto umano.
Lei crede davvero che l’amore, come ci racconta nel libro, sia sufficiente per superare la crisi globale di questi tempi?
Andiamo all’origine di questa crisi economica e chiediamoci: quali sono le cause? Certo gli economisti fanno tanti discorsi, giusti per carità, spiegandoti la storia degli investimenti delle banche, storie di capitalismo, ti dicono che la crisi è come un treno, ogni vagone trascina l’altro…sì è vero, ma io so che all’inizio di ogni treno c’è una locomotiva. La causa della crisi è l’egoismo. Qualcuno ha venduto carta straccia a peso d’oro, e su questa cosa è stato creato un intero sistema economico. I paesi ricchi hanno costruito il loro impero sulla schiena dei paesi poveri condannandoli alla fame alla povertà, e non c’è nessuna volontà che la situazione cambi. Gli uomini hanno sempre pensato ad accumulare denaro su denaro, mettendo la ricchezza al centro della loro esistenza. Ora, proviamo un attimo ad immaginare se ogni uomo sulla faccia della terra si preoccupasse solo del bene degli altri uomini, mettendo l’amore al centro dell’esistenza, e tutto il sistema economico fosse basato sulla fratellanza e sul bene comune, cosa accadrebbe?
Io nel mio libro parlo dell’amore come di un qualcosa che “è destinato alla vittoria, anzi a mio avviso ha già vinto”. Certo, io parlo dell’amore di Dio che non ha nessuna intenzione di distruggere il mondo, e questa è la nostra unica speranza. Dio non vuole la fine del mondo, semmai a volerla è l’uomo. Ma la mia fede in Dio mi fa capire che alla fin fine la sua volontà, cioè il bene è destinato a vincere. La crisi globale? Quello che mi preoccupa è che questa crisi è una cosa voluta, e a volerla purtroppo non è Dio, perché se fosse Lui la causa, saprei che essa sarebbe solo un momento di passaggio che condurrebbe l’umanità al bene. Ma chi la vuole purtroppo sono uomini il cui scopo non è certo il bene dell’umanità.
Alfonsa Sabatino
Marzo 14, 2010
Bravo Luca. Complimenti continua così. i tuoi fans attendono l’uscita del secondo libro.
Dicembre 9, 2010
Complimenti! Libro molto bello e commuovente. A quando il prossimo?
Gennaio 22, 2013
Questo libro è davvero bellissimo, forse troppo poco pubblicizzato. Ho letto anche “Il sentiero della libertà” dello stesso autore, altrettanto bello. Favaro è un talento un po’ sottovalutato, andrebbe scoperto. Chissà che col tempo riesca a emergere.