Nel blu tra il cielo e il mare di Susan Abulhawa | Feltrinelli
Si è rivelato un romanzo splendido Nel blu tra il cielo e il mare, il secondo scritto dell’autrice palestinese Susan Abulhawa, ora residente negli Stati Uniti. Pubblicato per Feltrinelli, dalla bellissima copertina, il romanzo ti immerge totalmente nella condizione di esilio in cui i palestinesi sono costretti a vivere dal 1948. Infatti nelle prime pagine si assiste alla cacciata dei cittadini palestinesi da Beit Daras, un villaggio raso al suolo nel 1948. La Nakba, ossia la catastrofe, comincia nel 1947 quando Israele con i suoi ebrei immigrati dall’Europa, dichiara che il nuovo Stato sarebbe nato al posto della antica Palestina. Le battaglie cominciano in tutto il paese. Atrocità, vendette, distruzioni, stupri sono stati il leitmotiv di una guerra mai risolta e che si spera vedrà un giorno una soluzione. Ogni capitolo si apre con piccole riflessioni di una voce fuori campo, che narra gli antefatti e raccorda gli accadimenti. Con lo scorrere delle pagine, si scopre che la voce narrante è il giovane Khaled. Attraverso le generazioni di una famiglia, l’autrice riesce a farci entrare nelle vicissitudini dei protagonisti e della storia, non solo vivendoli secondo le date e le vicende storiche che già conosciamo, ma seguendoli nell’aspetto sociale, nella quotidianità, nelle vite, negli amori, nelle delusioni e nell’esasperante ricerca della felicità. Solo attraversando le loro vite, si tocca con mano quanto le atrocità politiche della guerra incidano per sempre nell’animo umano. La linea del racconto segue molto la matrilinearità della famiglia Baraka. La matriarca Umm Mamduh è considerata pazza visionaria dall’intero villaggio, però viene consultata dagli anziani del paese quando questi temono l’invasione israeliana. Mamduh ha il potere di parlare con i ginn e in particolare con Sulayman. I ginn sono considerati esseri intermediari tra gli uomini e gli angeli, spiriti alle volte maligni. La famiglia viene devastata e deportata tra enormi sofferenze nella Striscia di Gaza, a Nusseirat. Qui la figlia della matriarca, Nazmiyeh conduce una vita piena d’amore verso suo marito e i suoi figli, nonostante tutto. Dedita alle loro vite, porta in sé un peso gravoso che risale al periodo della distruzione del suo paese. Inoltre in quell’eccidio Nazmiyeh ha perso sua sorella Mariam con la quale però continua a parlare, a confidarsi, a raccontarsi per avere segnali sul futuro. Tanti sono i momenti in cui in modo toccante le due sorelle si sentono vicine, ed emblematici sono gli episodi a metà tra religiosità e credenza soprannaturale. La donna riesce, anche in quella prigione a cielo aperto quale è Gaza, ad invogliare le altre donne a ritornare alla normalità, a condurre una vita sempre più vicina a quella da cui provenivano perché la forza di un popolo proviene proprio dalle donne, che con saggezza e amore riescono a tenere salde le vite di chi amano.
La critica
Ho trovato Nel blu tra il cielo e il mare davvero toccante e coinvolgente. Susan Abulhawa ti porta dentro una storia complessa e dolorosa. La coralità dei personaggi conduce sempre al tema sofferto dell’esilio, alla diaspora palestinese, al desiderio di riconoscere e ritrovare alacremente sempre un senso di appartenenza sociale e di ritornare nella propria Terra. La sofferenza dell’occupazione nemica, le privazioni, le ingiustizie e le violenze che il popolo palestinese ha subito e continua a subire sono qui raccontate con durezza ma anche con grande senso di sopportazione perché supportate e sostenute dal grande amore per la famiglia e dall’immancabile speranza di cambiamento.