I Simpson, il ventre onnivoro della tv postmoderna.
Finalmente qualcuno l’ha capito. Non è colpa sua se Bart Simpson ha una allergia sistematica alla scuola e finisce sempre per cacciare l’intera famiglia in qualche guaio. Dipende tutto da Homer, dalla sua incapacità cronica di impegnarsi in qualcosa di diverso dalla visione passiva della tv o dall’ingurgitare ciambelle.
E Lisa? Perché non interpretare la sua voglia di rivalsa intellettuale con il bisogno di riscattare la figura della mamma casalinga, eterna vittima di un marito che ama incondizionatamente ma che, diciamocelo pure, non è proprio un modello di padre (dimentica sempre il nome di Maggie!)?
Ecco, ora, a spiegarci come “funziona” la famiglia cartonata più famosa d’America arriva un libro a più mani, scritto da studiosi di diverse discipline, che interpretano ognuno dal suo punto di vista i ruoli dei quattro personaggi. Il volume, intitolato “I Simpson. Il ventre onnivoro della tv postmoderna”, (Bulzoni ed.) arriva all’uscita del primo film ambientato a Springfield, la cittadina ideata venti anni fa dalla fantasia di Matt Groening. Si va dall’analisi psicanalitica di Marge e Lisa fino alla fenomenologia di Homer come “Outsider dell’arte”, per arrivare a concludere che tutta la famiglia costituisce “un esempio di consumatori tipo del terzo millennio”. Non sarà che la sociologia, l’arte, la psicanalisi vogliano spiegarci che i Simpson ci piacciono perché rispecchiano, come in una divertente e feroce caricatura, la nostra vita di occidentali consumisti? Perché questo, in fondo, lo sapevamo già.
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