Intervistiamo Vittorio De Agrò, autore de Essere Melvin
Prima di iniziare con l’intervista a Vittorio De Agrò, vorremmo conoscerla meglio; ci parli di sé…. chi è veramente Vittorio De Agrò.
Buongiorno a Lei e a Vostri Lettori. Chi sono? Questa domanda me la pongo ogni giorno la mattina davanti allo specchio dopo aver cacciato un urlo per l’immagine che viene riflessa. Sono un “giovane vecchio” di 37 anni ed un proprietario terriero. E’ una vita che mi danno etichette, ma so con certezza cosa non sono.
Non sono uno scrittore e per questo chiedo scusa, sperando di non essere citato per danni dal sindacato degli scrittori.
In fondo, il romanzo parla di lei: quante sofferenze le ha causato doversi mettere a nudo, in questa maniera così decisa?
Ho scritto Essere Melvin su consiglio del mio psichiatra, lo Splendente, per liberarmi dai “i file” e distruggerli. Scrivere per me è terapeutico. Scrivo tutti i giorni sul mio blog, ilritornodimelvin.wordpress.com, delle mie passioni e della mia vita. Quando a Gennaio 2013 decisi di aprire il blog e di condividere la mia storia con “il mondo” ero un po’ spaventato, temevo per lo più indifferenza, ma ho fin da subito ricevuto affetto e attenzione anche dagli sconosciuti. Si dice che la sofferenza ha anche una funzione catartica.
Ho provato cosa significa sentirsi “morto dentro”, non provare nulla, essere uno “zombie” tra i vivi. Scrivere mi ha permesso di “tornare a vivere”. La sofferenza l’ho provata per tre anni, nonostante il percorso terapeutico, dopo che la mia vita è implosa nell’estate del 2009. Raccontare di me è stato solo liberatorio e soprattutto curativo.
Anche in virtù della recensione non troppo lusinghiera, mi piacerebbe sapere il suo punto di vista.
Le critiche si accettano tutte e, soprattutto da quelle negative, bisogna trarne motivo di riflessione e suggerimento. Sono solito dire che la mia maestra delle elementari è morta di freddo. La mia professoressa d’italiano del ginnasio disse a mia madre che lo studio non era nelle mie corde e la invitava a farmi dedicare alla vita contadina. Tante volte mi hanno dedicato “il de profundis” e altrettante volte mi sono rialzato. Essere Melvin è un esercizio terapeutico, divenuto dopo il lavoro dell’agenzia letteraria West Egg, la testimonianza del viaggio intimo che ho compiuto. Sono tornato, dopo aver visto “l’inferno” e dopo aver sfidato il Nulla. E’ una testimonianza, ma spero che possa diventare una speranza per chi affronta un disagio mentale. Se ne può uscire, bisogna crederci e non chiudersi in sé stesso. Il “malato mentale” non va isolato, ma aiutato e soprattutto compreso e ascoltato. Non so se dopo questo viaggio, sono un uomo migliore, ma sicuramente sono più forte.
Leggevo che dovrebbe essere tratto un film da questo romanzo: a che punto siamo?
Ho iniziato a formare un gruppo di lavoro per affrontare, al momento,la sfida teatrale. Ci credo e spero nel 2015 di portare Melvin a teatro. Ci sono altri progetti che spero di realizzare con l’aiuto dello sceneggiatore Giancarlo Buzzi, ma come dico sempre,un passo alla volta e incrociamo le dita…
Lei non vuole essere definito uno scrittore, ma bisogna ammetterlo: una volta imboccata questa strada è difficile uscirne. Non mi dica che non sta scrivendo nulla.
Se il sindacato degli scrittori non dovesse chiedermi i danni, un’idea in mente la tengo, ma ancora devo raccogliere il materiale e capire cosa farne. Vi terrò aggiornati.