Discesa all’inferno di Doris Lessing, essere marinai dell’anima
Discesa all’inferno è un viaggio interiore, l’unico, come ammoniva Seneca, che davvero esiste; afferma infatti l’autrice: “Narrazione di uno spazio interiore. Perché c’è un solo posto in cui viaggiare. Dentro.” Ecco abbiamo a che fare con il genere letterario che preferisco: quello che ti induce a cercarti in un das dasein all’orientale, nella consapevolezza che il Nulla nel quale viviamo in realtà è un ritorno al Tutto, in cui gli elementi primigeni si fondono, come risulta dalla bellissima citazione ad apertura da Il Sapiente Mahmud Shabistari, XIV sec. (Il giardino segreto). Almeno a partire dal 1969 la scrittrice inglese Doris Lessing, premio Nobel 2007, ha spostato l’attenzione dall’esterno all’interno, luogo di elezione psicologica. Infatti il libro è uscito in Inghilterra nel 1971 e tradotto in Italia solo nel 2008 con la Fanucci Editore.
La trama
Ci troviamo davanti ad un caso disperato: il 15 agosto del 1969 un uomo viene ritrovato sul lungotamigi, nei pressi del ponte di Waterloo, in stato confusionale e senza memoria. Lo portano in ospedale in osservazione e di lì al reparto psichiatria. Il paziente si agita, straparla, deraglia, è allucinato: è convinto di essere in viaggio da un oceano all’altro e gira gira su se stesso.
Naturalmente gli somministrano i farmaci, che egli non vorrebbe: vuole solo viaggiare con la mente! Sono pienamente d’accordo col paziente, anche l’autrice lo è: i farmaci psichiatrici sono un’eutanasia dell’anima, qui invece si tratta di conoscersi, di ritrovare un centro di esistenza pulsante. I farmaci mettono a tacere, ma lo sconosciuto paziente ha tanto da raccontare. È un Giasone, un Ulisse? Che conta il nome, certo è un marinaio dell’anima, uno che ama sperimentarsi (non lo faceva anche il grande Giacomo con l’Infinito?), vuole varcare i limiti dell’Essere, ricongiungersi all’elemento salvifico Acqua, filo rosso del suo “delirio”. Ma un “delirio” è un significante, è un modo di esprimere un desiderio o un disagio, tanto è vero che il paziente è così determinato che non si fa mettere a tacere dai farmaci (grazie a Dio!) e continua a viaggiare circolarmente, come metafora per me dell’eterno ritorno nietzschiano, mentre infermieri, dottori x e y si avvicendano nel tentativo di sedarlo.
Deve scendere negli Inferi per risalire in anabasi, per dire al mondo il suo segreto, per svegliare dal torpore nel quale la varia umanità vive, come il personaggio pirandelliano de Il treno ha fischiato. Si opta per l’elettroshock: trattasi del professor Charles Watkins, professore universitario, che ha questa alta missione di risvegliare dall’inettitudine il mondo. È una ricerca avvincente del Sé superiore attraverso gli archetipi junghiani , da parte di una sorta di Botthisava che attraverso il suo processo di morte e rinascita spirituale può incontrare la luce e mostrarla agli altri.
Ricordate il mito della caverna platonica? Ecco, siamo sullo stesso piano dei significanti/significati. So che questo libro ha avuto non pochi detrattori e certo! Bisogna avere il coraggio di viaggiare, di interpretare di risignificare, di aprire nuove strade all’umanità chiusa nel ricettacolo delle poche e salde certezze. Ma la vita è rischiosa e vale la pena delirare se questo serve a conseguire una presa di coscienza e a rivolgere un’ aspra critica alla contemporaneità dove vige la legge della giungla e il più forte prevarica sugli altri.
Un libro per chi osa (memento audere semper!), per chi sa uscire dai luoghi comuni, per chi pensa, come me, che dietro una amnesia, un disagio psichico, un delirio c’è una grande volontà di riscatto. No ai farmaci, sì alla conoscenza di sé, perché, come dice il profeta Gibran, ripreso dal bravissimo Battiato: dentro l’imbrunire c’è alba.
Discesa all’inferno (in alcune edizioni anche Discesa negli inferi ndr) di Doris Lessing è disponibile per l’acquisto su Ibs.it a 3,62 euro.