Malattia mentale: le “storie che curano”
A quattro mani e non da soli, per realizzare un collage di storie del disagio mentale, pubblicate dall’editore salentino Lupo, di Copertino-Lecce (Lei se ne va, febbraio 2014, 184 pagine 15 euro). Manlio Talamo ha studiato legge, è specializzato in diritto sindacale, lavora nella formazione professionale ed è attivo nella ricerca psicosociale. Gloria Gaetano, laurea in filologia romanza, è libera docente in letteratura italiana, scrive saggi e romanzi e si impegna in campagne sociali per la legge Basaglia, a difesa dei diritti sociali e civili dei disagiati mentali. “Discutendo insieme agli altri collaboratori– spiega – ho pensato di strutturare questo libro come una raccolta di racconti”.
Pazienti, medici, parenti e operatori animano un dialogo che oltre a descrivere il problema, si concentra sull’ascolto. Sono vicende di chi soffre di disturbi mentali e di quanti li assistono, gli sono legati e vicini. “La ricerca psichiatrica e quella psicoanalitica tendono a incentrarsi sul racconto autobiografico, anche sulla farneticazione, che ancora non si struttura in parola, ma tende una mano verso l’altro per tentare una forma di comunicazione”. Il racconto, la storia, sono importanti per comprendere chi si ha davanti. “Nei casi più facili, aiutano a comunicare con l’altro, in modo che il soggetto possa ricostruire il percorso della propria vicenda e il proprio vissuto”.
“La malattia mentale richiede una scelta di approccio, afferma nella prefazione don Luigi Ciotti. Dopo la grande stagione della chiusura dei manicomi – con la legge Basaglia, n. 180 del 1978 (Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori) – si sono progressivamente radicate esperienze di integrazione dei malati psichici, creando opportunità lavorative, supportando la convivenza nelle famiglie, sperimentando coabitazioni nelle residenze civili, ampliando la gamma di luoghi per la fruizione del tempo libero. Si è promossa, pur con fatica e lentezza, una cultura dei diritti, dell’accettazione e delle occasioni di inserimento”. Un percorso di 25 anni, che ha dovuto fare i conti con un’opposizione che si concretizza in tagli di spesa e preoccupazioni d’ordine economico, ma non ha mai smesso di nutrirsi sottotraccia del pregiudizio e del rifiuto della malattia mentale, dell’enfatizzazione della sua diversità e della presunta pericolosità. Le storie raccontate in questo libro appassionato ce lo ricordano: le mura più difficili da abbattere sono quelle culturali della sordità, dell’apatia emotiva, della superficialità, della disattenzione e dell’indifferenza, frutti velenosi dell’individualismo, della prevaricazione”.
Le storie, talvolta in prima persona, raccontate più spesso da un familiare o un operatore sociosanitario, rappresentano altrettante vicende di ordinaria sofferenza e ingiustizia, in cui l’apporto dei servizi è assente o ispirato a criteri ostili di fatto al paziente, visto non come persona ma come malattia. Nella seconda parte sono invece narrate le “storie che curano”, nelle quali gli interventi, specie di tipo sociale, sono la premessa di nuovi percorsi esistenziali. Le testimonianze dimostrano come sia possibile rivendicare diritti che altrimenti rischiano di restare sulla carta, “a maggior ragione trattandosi di quelli sociali, di terza generazione dopo quelli civili e politici e, in quanto tali, ritenuti non ancora esigibili e quasi sempre rinviati dalle amministrazioni”.