Autore pugliese, Puglia immaginaria
Un giallo, a tinte scure, nella Puglia interna, lontana, remota, isolata. La pugliesità del romanzo, tuttavia, è solo immaginaria. Quella dell’autore è certa, invece. Perché Spinòsa non esiste, o meglio è una sintesi di tanti luoghi reali, nella mente di Luigi Sorrenti. Nato a Canosa, in provincia di Bari (Puglia interna) nel luglio 1976, studi di ingegneria a Pisa, ha girato l’Italia, lavora in una società di telecomunicazioni a Roma e collabora online a siti di sport americani, con rubriche a carattere storico, firmandosi Goat. Le sue passioni sono la storia, la buona musica e la scrittura. Nel 2010 ha esordito col primo titolo, “L’Uomo Nero”, un noir, ora in versione ebook per Koi Press, che nel 2013 ha pubblicato il nuovo, “Immagina i corvi”, tornato in libreria da poche settimane per i tipi Tre60 (444 pag. 12,90 euro) e disponibile anche nel formato digitale.
Immagina un paese… L’estate del 1986 – quella del Mundial de futebol, di nuovo nel Messico, dei dribbling a tutto campo di Maradona, della “mano di Dio” contro l’Inghilterra , per gli abitanti di Spinòsa, fu l’estate dei corvi. Spinòsa, in Puglia, sull’Alta Murgia, poco distante dalla Basilicata: sessant’anni prima, nel 1926, era solo un’imponente masseria in cima al colle, circondata dalle capanne di fango e paglia dei braccianti. Poco più in là, una grande chiesa in muratura, la scuola elementare e una piccola stazione ferroviaria, non ancora in servizio. Tutt’attorno, una distesa verdeggiante, viti basse e ulivi secolari, campi dorati, spighe protese verso il cielo, stagliate contro l’orizzonte. Contadini schiavi, lavoravano dall’alba al tramonto, schiene curve e volti segnati dal sole. Eppure, contava più di tremila abitanti. Nel 1986 superava di poco i seicento. Acciaierie e miniere di carbone avevano attratto al Nord e all’estero i figli e i figli dei figli di quei lavoratori. Erano partiti, con le valigie di cartone, legate con lo spago, spopolando il borgo. Sicchè, mentre Maradona vinceva, la masseria era un rudere disabitato alla periferia della nuova Spinòsa, un paese di tufo e cemento cresciuto ai piedi della collina. Della piccola stazione mai nata restavano quattro muri. La chiesa sconsacrata era coperta di erbacce, invasa dagli uccelli. Perché Spinòsa prima e dopo? Perché nel 1926 quella terra assolata ha ospitato un delitto crudele. E nel 1986, altri episodi di sangue.
Spinòsa, però, non esiste. È il luogo immaginario dove Luigi Sorrenti ambienta il suo giallo. Non rappresenta la Puglia, spiega, è un qualsiasi paese nel mondo chiuso in se stesso, isolato, lontano da tutto e nel quale si vive di egoismi. Gli interessi comuni sono trascurati, a vantaggio di quelli privati. È una realtà su cui aleggia un’aria strana, malata, che fa decisamente paura a chi viene da fuori, ma che tutti gli abitanti, pur riconoscendone i limiti e i difetti, sono pronti a difendere e di cui alla fine sono visceralmente innamorati. Però è anche il paese che dopo aver toccato il fondo sa dare grandi prove di coraggio e guardare al futuro con timido ottimismo. Spinòsa, quindi, è Canosa ma è anche dovunque e qualunque.
La trama. Un piccolo paese arroccato, circondato dal nulla, senza contatti col mondo, estraneo al tempo e allo spazio, abitato da soggetti ambigui, patetici, inquietanti. Nel giugno 1986, vi si verificano eventi gravi, in apparenza scollegati. Un bambino è aggredito da una misteriosa malattia, sembra vittima di possessione diabolica. È solo giugno ed è un’estate di grave siccità, interminabile, che mette a rischio la fragile economia locale. Intanto sempre più corvi svolazzano nei cieli e gracchiano sui tetti, sembrano aspettare qualcosa. Ed ecco un efferato omicidio, in una casa ermeticamente chiusa dall’interno, senza tracce dell’assassino. Il paese sprofonda in un clima di sospetti. L’inquietudine per i tragici eventi riporta alla luce un tremendo episodio di sessant’anni prima, che molti avrebbero preferito rimuovere, ma che resta annidato sordamente nella memoria collettiva. Mentre la popolazione viene risucchiata in un vortice di schizofrenia superstiziosa, sulla pista che dalla Spinòsa fascista e feudale del 1926 porta a quella democristiana del 1986, si snodano le indagini.