Le streghe di Dominique, un romanzo di Marisa Saccon
“Rue Dominique era una stradina che finiva nei campi, alla periferia di Marsiglia, in un dedalo di strade strette, case vecchie corrose dalla salsedine e sferzate dal mistral, muretti da riparare, panni stesi al sole, colori e rumori e bellezze di donne, di una sfrontatezza forte e solare”.
Così inizia il romanzo di Marisa Saccon Le streghe di Dominique edito dalla Butterfly Edizioni. Un incipit che sembra già la scena iniziale, a sipario appena aperto, di una rappresentazione teatrale: una strada, rue Dominique, incastonata nella ragnatela di viuzze di un quartiere periferico e popolare e loro, i ragazzi di rue Dominique; ragazzi come tanti, intenti a vivere quel loro residuo di tempo, sospeso fra la spensieratezza giovanile e l’avvento di un’età che richiederà – a ciascuno di loro – di crescere, di cominciare il cammino dilemmatico verso la maturità, verso la costruzione dell’Io, nella difficile ricerca di un loro posto nel mondo.
Siamo in Francia, a Marsiglia, negli anni ’50, nel dopoguerra, un mondo che torna a essere quella realtà esistenziale sintonizzata sulla “normalità”, in cui, al rumore dei cannoni, si sostituisce la dinamica profonda dei sentimenti umani, della inevitabile fatica che comporta per ciascuno il mestiere del vivere.
A Rachele Kapka e Estebanah Rousell, due ragazzine prima e due giovani donne poi, l’Autrice sembra affidare il compito dell’eterna lotta fra il Bene e il Male, un Bene e un Male che solo formalmente avranno un aspetto comune, quello della Bellezza, una Bellezza che – nella sua ambivalenza – sarà ora catalizzatrice del Sordido che pur esiste nell’animo umano, ora suscitatrice della Virtù, di una visione del mondo dove il Bene deve pur ritrovare la sua funzione morale e socialmente vitale, una sua necessaria e necessitata positività, dal momento che non può essere assunta – neoclassicamente – a defintivo e assoluto Valore salvifico.
Ed è così che Marsiglia, una delle sue tante strade, diventa lo scenario di una commedia umana i cui contorni antropologici non hanno più una dimensione topografica e geografica definita, ma assumono la spazialità sfumata e universale de “la comédie humaine”, a ogni latitudine e sotto ogni bandiera.
Il romanzo Le streghe di Dominique, è certo un romanzo di formazione, per la presenza protagonistica di ragazzi/giovani, ma è anche un romanzo che presenta una ricca galleria di personaggi adulti, di genitori, di uomini e donne che costituiscono, se non il fulcro della narrazione, lo sfondo onnipresente della dimensione mondo, con le sue luci e le sue ombre, il suo equilibrio e le sue grettezze, i suoi adulti buoni e quelli cattivi.
La scrittura di Marisa Saccon è fluida e accattivante, una “scrittura americana”, che poi vuol dire soprattutto moderna, capace di coniugare profondità e spessore a linguaggi e costrutti di senso comune, i paradigmi dell’eleganza formale alla scioltezza viva e dinamica del parlato.