1984 di Orwell: l’analisi della società contemporanea
Uno dei poteri della letteratura è di attraversare il tempo, senza appartenervi. Un’opera come 1984 di George Orwell, edita da Mondadori disponibile su Feltrinelli.it a € 8,07, colloca nel passato quello che per noi è già presente. Descrive i cardini culturali, politici e sociali su cui poggia la nostra realtà, risveglia l’attenzione critica all’interpretazione di ciò che ci sta intorno, richiama il bisogno di non adagiarsi sul pensiero pigro instillato dall’informazione e dall’industria culturale.
Oltre il Grande Fratello. Non è solo quest’immagine così evocativa a stigmatizzare l’attualità prefigurata da 1984 di Orwell. Certo, è l’elemento che meglio di altri incarna la nostra epoca, sopraffatta dalla perdita (consenziente e imposta a un tempo) di qualsiasi privato: un cellulare GPS è tracciabile ovunque, la navigazione con account Google attribuisce all’individuo ogni chiave di ricerca immessa, Facebook fa della vita uno squallido reality show. Ma c’è dell’altro, forse ancora più inquietante.
Il potere dei super-stati immaginati da 1984 di Orwell, prima del controllo sulle azioni, innesca il processo di ridefinizione della lingua. Cortocircuito semantico, denominato Neolingua, alla base di uno smarrimento interpretativo ineludibile. Non potendo più nominare le cose, non si è più capaci di comprenderle e quindi, in una certa misura, di controllarle.
Oggi abbiamo anche noi una Neolingua, “La pace è guerra” si traduce in “Peace kepping” o “Missioni di pace”. “L’ignoranza è forza” si trasla in quel vocabolario oscuro e d’uso comune composto da “spread”, “deflazione”, “crescita”, “Pil” e “green economy”. Perduto l’appiglio del senso, è facile avventarsi e fare scempio della logica, lasciando il dibattito pubblico a retori e sofisti (mediocri, per giunta).
L’economia piana della globalizzazione, il mercatismo, fornisce i presupposti per una spaccatura del mondo in grandi super-potenze continentali, tra loro in permanente conflitto e alleanza. Come descritto da Orwell. I singoli stati perdono il diritto alla loro autodeterminazione. Questo almeno nelle apparenze. Portato oltre la superficie, lo sguardo incontra un potere solo, lontano e indefinito. Qui, la costruzione di un sistema di apparati che tracciano oltre l’orizzonte conoscibile individuale l’ossatura della società.
L’ottimismo della lettura orwelliana. A quel grigiore tetro, a quell’humus di barbarie e aridità sensibile di 1984, si contrappongono i miraggi edonistici della nostra società, un’ipocrisia ancora più sottile e sfuggente. Non c’è opposizione allo smantellamento del paradigma socio-economico instaurato. Ciò che ha le sembianze di un contrasto è, in realtà, nutrimento alla stasi del pensiero, senza la quale le colonne portanti del nostro 1984 si aprirebbero in un rivolo crepe.