Fiera della MicroEditoria di Chiari, piccolo reportage
Lo scorso 10 novembre ho avuto il piacere di prendere parte, insieme al mio editore (Sensoinverso Edizioni) alla Fiera della MicroEditoria, rassegna tutta dedicata alla piccola e media editoria nella graziosa cittadina di Chiari. Quando si “appartiene” ad una piccola casa editrice questi eventi diventano un po’ come delle festività in famiglia. Ci si ritrova con i parenti che non si vedono mai: abbracci, baci, sorrisi, racconti sulle ultime novità, un po’ come se si fosse tutti seduti ad una lunga e imbandita tavola natalizia. Ma la tavola in questione era imbandita di libri: i nostri!
Eh già perché la tre giorni di Chiari è una vetrina dedicata a chi solitamente nelle grandi librerie, nei mastodonti dalle mille filiali, non può mettere neppure una zampetta. Qui è avvenuto esattamente il contrario; questo evento (così come alcuni altri che hanno il buonsenso di aprire le loro porte alle nuove forme editoriali di questo paese) non nasce per attirare il pubblico con altisonanti nomi da milioni di copie o con i volti noti della TV. Certo ha avuto i suoi ospiti illustri (Philippe Daverio, Giulio Giorello e Andrea De Carlo), incontri tesi però ad evidenziare l’importanza delle piccole realtà che si affannano per tener viva la speranza dei meno blasonati autori emergenti ed offrire un panorama variegato e sempre nuovo ai lettori curiosi.
Memore delle precedenti rassegne a cui avevo partecipato, il BUK di Modena e la Fiera di Cesena decisamente più rilassanti e raccolti, ho faticato non poco a riprendermi dallo shock della Fiera della MicroEditoria di Chiari.
Innanzitutto la spettacolare cornice di Villa Mazzotti. Una location eccezionale, sontuose scalinate, vetrate magnificamente decorate, una delle più belle ville in stile liberty che io abbia mai visto. Ma quello che mi ha lasciato davvero senza fiato è l’impressionante numero di espositori, e visitatori. Gli stand degli editori, stracolmi di libri, riempivano ogni angolo delle ampie sale, persino lungo le scalinate, nei pertugi più stretti, nei corridoi, ogni angolo era stato colonizzato da un tavolo sul quale campeggiavano i rispettivi titoli per l’occasione sbandierati orgogliosamente e non celati ai più, come accade di solito nella vita quotidiana, nelle librerie “convenzionali”.
Fiera della MicroEditoria, un paradiso per lo scrittore emergente
E quanti autori! Ahimè la mia natura pessimista non ha giovato di questa massiccia presenza, anzi… “Quanti siamo!” non facevo che ripetermelo con angoscia strisciante, nonostante la gioia di sentirmi “a casa”. E probabilmente era quello che si ripetevano le migliaia di avventori che si aggiravano frastornati tra gli stand, quasi intimiditi da un tale fragore, da una simile ondata di carta. Quante facce sorridenti devono aver visto, quanti occhi speranzosi devono averli seguiti, “Prendi me! Prendi me!” come bambini in un orfanotrofio, come cuccioli in un canile, tutti a tirare la giacchetta del passante di turno, tutti a decantare (finalmente!) il proprio lavoro, il proprio romanzo, chi il suo saggio, chi la sua fiaba. E loro, i visitatori, ghiotti di novità si trastullavano come bimbi al paese dei balocchi, con le buste ormai pesanti, con un lieve capogiro per tutte quelle parole… perché questo è certo, saremo anche sconosciuti ai più, ma la favella non ci manca!
Il solo fatto che così tante persone abbiano deciso di visitare la Fiera della MicroEditoria è portatore di speranza. Certo, era difficile in una simile baraonda (si parla di circa diecimila visitatori) attirare davvero l’attenzione sul proprio libro, ma tutte quelle persone, erano consce che in Villa Mazzotti non avrebbero trovato dei Best-Sellers, sapevano che i titoli che avrebbero visto erano di sconosciuti, autori spesso alle prime armi, come me. Se anche una sola delle persone che ha avuto voglia di fermarsi a chiacchierare con me, di ascoltare quel che avevo da raccontare sul mio libro, si ricordasse il titolo o il mio nome e lo andasse a cercare in qualche libreria online, basterebbe.
Particolarmente interessante è stata inoltre, la partecipazione degli “addetti ai lavori”. Proprietari di librerie, bibliotecari, persone che con i libri lavorano e che, per la gioia di quelli come me, non mostrano alcun pregiudizio nei confronti degli sconosciuti e delle piccole case editrici. Questo mi dimostra che non tutti guardano solo al profitto, ai grandi nomi che attirano clienti/lettori. C’è chi ha deciso di aprire una libreria per amore dei libri e non si vergogna di proporre al pubblico anche opere “minori”. E per minori intendo con minor risonanza mediatica. C’è dunque un futuro meno cupo all’orizzonte?