IL CODICE DELLA FOLLIA: INTERVISTA A EDI E CAMILLO MINGUZZI
Il codice della follia (Gabriele Capelli Editore su ibs.it a € 15,68) è il romanzo di Edi e Camillo Minguzzi. Un thriller raffinato e colto che riesce a coniugare psicanalisi, mitologia, “alta tensione” e rappresenta l’esordio dei due autori. Ne abbiamo voluto sapere di più in un’intervista a Edi e Camillo Minguzzi.
I SEGRETI DE IL CODICE DELLA FOLLIA: INTERVISTA A EDI E CAMILLO MINGUZZI
Il codice della follia è un thriller ad alta tensione. Come nasce l’idea di scrivere questo romanzo a quattro mani?
Camillo: Come nascano le idee è cosa misteriosa. Sappiamo solo come si sviluppano. Forse nascono proprio nelle officine dell’inconscio dove due fratelli desiderano ancora far qualcosa insieme. E non appena uno dei due individua una rotta anche l’altro s’imbarca.
Edi: Per me le prime avvisaglie si sono manifestate mentre andavo su e giù in metropolitana per far lezione alla statale. Non è vero che non ci sono più lettori, mi dicevo, guarda questa che legge appesa alla maniglia e non stacca gli occhi dal libro neppure se la spintonano…Era un giallo naturalmente. Non so chi ne fosse l’autore, so che l’ho invidiato immediatamente. Ma io ero abituata a scrivere saggi: nella letteratura dei thriller mi sentivo straniera. Non ero però straniera tra i comici e i tragici antichi, e sapevo raccontare ai piccoli di casa favole bellissime – che poi erano i miti greci! Ecco dunque la chiave. E penso con questo d’averle risposto. Quanto a Camillo, in materia di trame gialle è davvero competente, è intervenuto su cose che sa. Ha una presa istintiva su tutto ciò che va dipanato.
C’è una forte presenza di elementi della cultura classica e della psicanalisi. Questo connubio fa sicuramente parte del vostro bagaglio culturale. E’ stato difficile coniugare questi elementi ne Il codice della follia?
Camillo: Sì, fa parte del bagaglio culturale di entrambi, in particolare di Edi, che insegna greco antico all’università di Milano.
Edi: Ma il connubio tra mitologia e psicologia era già stato intuito e elaborato da Freud. Secondo il padre della psicoanalisi il mito di Edipo, che uccide il padre e sposa la madre, rappresenta in forma di racconto una pulsione inconscia e inconfessabile, quella dell’incesto, una pulsione che secondo Freud è comune a tutti i bambini in forma più o meno patologica e più o meno duratura. Freud ha rivolto la sua attenzione soprattutto al mito di Edipo, ma il suo allievo Carl Gustav Jung ha pensato che non solo il mito di Edipo, ma tutti i miti rappresentino in forma di racconto le pulsioni, gli istinti irrazionali, i meccanismi psicologici consci e inconsci che governano le nostre azioni. E se uno li reprime, secondo Jung diventano malattie mentali: “gli dèi sono diventati malattie”, dice testualmente. Così è nata l’idea di una clinica psichiatrica dove alcuni malati di mente non sono schedati con il loro nome, ma sono nascosti sotto il nome del dio o dell’eroe a cui si collega la loro psicopatia. E uno degli aspetti più originali de Il codice della follia è il fatto che per arrivare all’assassino bisogna passare attraverso la mitologia classica (in appendice c’è un glossario dei miti per consentire di partecipare alla caccia al killer anche a chi non ha specifiche competenze nel mito classico).
Il codice della follia è anche un viaggio nella mente e nell’animo umano. C’è un’immagine molto suggestiva: “psyché” in greco, significa “farfalla” ma anche “anima”. Ne risulta una metafora interessante?
Edi: In un’antica pittura vascolare greca le anime sono dipinte come farfalle: libere, leggere, volanti. Il nome della clinica, “Le Farfalle” vuol essere l’auspicio che le anime incatenate dalla malattia possano guarire e tornare a volare libere. Ma si è voluto con questo anche sottolineare il distacco da certa produzione americana, che dimentica l’uomo e affida le indagini alla tecnologia; invece al centro del nostro thriller ci sono gli archetipi che da sempre muovono l’anima umana, i fantasmi della mente, le fantasie malate, le pulsioni perverse. Ne Il codice della follia il lettore è invitato ad ascoltare queste, a seguire tracce che lo portano sul crinale ambiguo tra sanità e follia, a cogliere la verità sotto le apparenze, anche senza tener conto dell’esame del DNA .
INTERVISTA A EDI E CAMILLO MINGUZZI: CHE COSA HA ISPIRATO LA STESURA DE IL CODICE DELLA FOLLIA
Quali sono i vostri autori più cari?
Camillo: Leggiamo molto, e in settori così differenziati che i nomi sono moltissimi. Nel primo scaffale della mia biblioteca ho Thomas Mann, William Faulkner, Umberto Eco, Jorge Luìs Borges; mia sorella tiene sempre a portata di mano Calasso, Kerényi, Eliade, Walter Benjamin, Huysmans, libri di linguistica, Dante, su cui ha scritto due saggi, e soprattutto Aristofane.
Edi: In realtà gli autori più cari sono quelli che abbiamo imparato ad amare fin dall’infanzia. Nostro nonno era patito di Shakespeare, e ci raccontava in forma di favola Macbeth e Re Lear. Quando imparammo a leggere fu il momento di Laura Orvieto con la sua Iliade raccontata ai bambini; e in seguito nostro padre ci fece leggere i suoi preferiti: Woodehouse, Cervantes e Dumas.
Quali sono stati, invece, nello specifico, i vostri modelli letterari nella stesura de Il codice della follia?
Edi: E’ un romanzo molto originale, e non si rifà a un modello preciso. Le esperienze letterarie remote che stanno alla base di questo libro sono gli studi di mitologia e di psicologia (da Kerényi a Jung a Hillman), la conoscenza della tragedia classica, Shakespeare, gli studi di narratologia; nell’ambito della letteratura “gialla”, a parte i classici (da Agatha Christie a Conan Doyle a Edgar Allan Poe) c’è, sempre presente, il ricordo di Friedrich Dürrenmatt e un particolare apprezzamento per Martin Suter.
Avete già prossimi progetti editoriali?
Camillo: Sì; visto il successo di questo, abbiamo in progetto un altro libro, questa volta ambientato nel Medioevo e imperniato su un manoscritto misterioso… Ma dovrà essere una sorpresa.