Napoli 2122 | Nicola Iuppariello
“Vorrei incontrarti fra cent’anni, tu pensa al mondo fra cent’anni” cantava Ron nel 1996, anno dal quale tecnologicamente parlando – non vi erano le reti sociali e gli smartphone e internet era ancora una faccenda per sparuti smanettoni – sembrano davvero separarci cento anni.
Una domanda rinverdita di generazione in generazione, un pensiero sempre attuale nell’animo umano: come sarà il mondo nel prossimo secolo? quando noi non ci saremo più? Un quesito che ci trasmette curiosità, certo, ma una curiosità non tanto impellente, anzi piuttosto distaccata, ché tanto sappiamo che il “mondo fra cent’anni”, epicurianamente, non ci riguarderà.
Forse è un esercizio troppo complesso e soggetto a infinite variabili immaginare il mondo in cui vivranno i nostri posteri; probabilmente è più percorribile il viale che ci porta a figurarci una piccola porzione di quell’universo, un paese soltanto, magari a noi già conosciuto, magari quello in cui stiamo sbarcando il lunario, a come esso sarà nel XXII secolo. È questo, in estrema sintesi, il lavoro che ha svolto Nicola Iuppariello nel suo romanzo Napoli 2122 che, come è chiaro già dal titolo, conduce il lettore nella città di Napoli fra cent’anni, esattamente cent’anni da oggi, al 2122.
Come sarà la Napoli del 2122? Quella descritta nel romanzo di Iuppariello è una città immersa in una società tecnocratica che ha mutato irrimediabilmente lo stile di vita delle persone. Come accaduto a Claudio e Luisa, in unione da qualche tempo, prossimi all’acquisto di un figlio. Esatto, acquisto. Sì perché la razza umana figurata dall’autore è divenuta sterile già sul finire del XXI secolo, con l’ultimo figlio degli uomini nato nell’anno 2091.
La razza umana è sulla via dell’estinzione e Claudio e Luisa, tra gli ultimi esemplari di napoletani autoctoni in un mondo ridotto a poco più di cinque miliardi di abitanti, sono chiamati a fare i conti, a tentare di rimediare a quel tracollo demografico che chiaramente si riflette anche nelle singole città, come la loro Napoli, ex metropoli che nell’anno in cui si svolgono gli eventi conta appena trecentomila abitanti.
Data l’impossibilità di procreare, ogni coppia si ritrova a comprare e crescere un bambino, uno e uno soltanto come stabilito per legge, ma di che sesso? Non è una domanda pertinente, ché nel XXII secolo il genere sessuale è un concetto superato; quello che assume maggiore importanza è l’aspetto fisico del pargolo rilasciato dal Centro Acquisti Umani e il nome, definibile fino al giorno del ritiro, a nove mesi esatti – tempistica in omaggio ai vecchi tempi quando i bambini nascevano a seguito di un accoppiamento e di una gestazione – dalla conclusione della trattativa.
Nuove criticità martellano questa Terra futura, proprio per nulla il migliore dei mondi possibili: su tutti la speculazione degli ovuli e del seme, il commercio illegale dei gameti e in generale quello dei bambini, un grosso business per gli appetiti della criminalità organizzata.
In poco più di centocinquanta pagine dense e a tratti asfissianti, Nicola Iuppariello è bravo a comporre un romanzo certamente fantascientifico, ma che è attento a non andare oltre quello che può essere immaginato già oggigiorno; ci si trova infatti di fronte all’esasperazione – possibile – di alcune criticità già presenti nel nostro tempo: il surriscaldamento globale, l’alienazione delle genti, la scomparsa della moneta a vantaggio dei pagamenti digitali – in Napoli 2122 le transazioni avvengono col riconoscimento sia del soggetto sia della sua volontà – lo smaltimento dei rifiuti che principia attraverso un tritatutto nel lavello e che risulta sempre un enorme affare per le mafie, una vita sessuale e sentimentale senza più dogmi, una informazione infame che antepone le vicende di cronaca, sciorinate con dettagli tanto macabri quanto inutili, alle grandi questioni di politica nazionale e internazionale, quelle che influiscono sulla vita di tutti. Quelle che la cambiano.
Buon 2122 a chi avrà la fortuna (?) di esserci.