Anja, la segretaria di Dostoevskij | Giuseppe Manfridi
“Dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna”, si dice. Una frase abusata, che oggigiorno risulta anche banale e fasulla. In cosa si misura, in cosa si sostanzia la grandezza dell’uno o dell’altro elemento della coppia? Anna Grigorevna Dostoevskaja (1846-1918), nata Snitkina, non era una grande donna per meriti diplomatici, scientifici o letterari, ma di certo nel corso della sua vita si dimostrò una grande donna per la sua semplicità, per la sua fedeltà, per la capacità di riuscire a stare accanto – non avanti, né dietro, ma accanto – a un marito difficile, un gigante della letteratura e del pensiero, ma dalle enormi fragilità emotive e psichiche: Fëdor Dostoevskij.
In Anja, la segretaria di Dostoevskij (La Lepre Edizioni, proposto da Claudio Strinati al Premio Strega 2021) Giuseppe Manfridi traccia i contorni di una relazione pura, dolce, ma complicata. Un legame nato per caso, ma solidificato da quel misterioso sentimento che, per convenzione, soliamo chiamare amore.
Quello di Manfridi è un romanzo biografico che sembrerebbe concentrarsi sulla figura, comunque non sconosciuta, di Anna Dostoevskaja, autrice dell’importante libro testimonianza Dostoevskij mio marito (pubblicato postumo nel 1925); sembrerebbe, perché il libro comincia con uno degli episodi fondamentali della vita di Fëdor Dostoevskij – del quale quest’anno ricorrono i duecento anni dalla nascita –, una di quelle epifanie che segnano in maniera incontrovertibile una esistenza intera: la condanna a morte, poi commutata in lavori forzati all’ultimo istante dallo zar Nicola I, cui Dostoevskij fu condannato nel 1849, successivamente al suo avvicinamento alla cerchia eversiva, con idee liberali e di stampo occidentale, del rivoluzionario Michail Vasilevič Petraševskij.
Manfridi ci porta all’anno 1866. Era autunno e, mentre in Italia si concludeva e si facevano i conti della Terza guerra d’indipendenza, nella Russia di Alessandro II, una giovane ragazza, Anna Grigorevna Snitkina, conosceva Dostoevskij, autore già di Netočka Nezvanova – libro amatissimo da Anja –, Memorie di una casa morta e Memorie dal sottosuolo. Il padre della ragazza, Grigorij Ivanovič Snitkin, era lettore dello scrittore e pensatore; per lei, perciò, era una gioia senza confini poter servire l’uomo che, nonostante la sua vita poco ordinata, era considerato un autentico genio. Una euforia che pervade Anja dal momento in cui il maestro della scuola di stenografia le comunica che sarà lei a stenografare il famoso scrittore e che non la abbandonerà mai.
Col suo carattere dolce, mite e servizievole, Anna ricorda molto i personaggi femminili – spesso finiti male, è vero – di Dostoevskij; la giovane donna era però anche dotata di razionalità e capacità di gestione dei soldi e dei contratti, faccende con le quali lo scrittore russo non aveva di certo un buon rapporto, ridotto come era sempre senza un soldo e sempre pieno di debiti da pagare. Sarà proprio Anna a risollevare la condizione economica di Dostoevskij, già poche settimane dopo il suo arrivo alla Malaja Mešcanskaja – la via pietroburghese in cui dimorava lo scrittore – con la stesura de Il giocatore, il romanzo breve che Dostoevskij doveva consegnare all’editore Stellovskij per onorare uno scellerato contratto che fu costretto a firmare a causa della sua indigenza e scarsa avvedutezza.
Galeotto fu Il giocatore, la cui realizzazione occupa buona parte del volume, sicché pochi giorni dopo la consegna del manoscritto Anja e Fëdor Dostoevskij, vent’anni lei, quarantacinque lui, si fidanzano e poi si sposano, nei primi mesi del 1867.
Sotto forma di romanzo, Giuseppe Manfridi, già autore teatrale e sceneggiatore cinematografico, percorre tutte le fasi della vita di coppia dei coniugi, dai continui viaggi in Europa, alle difficoltà economiche che ciclicamente riemergevano, ai dolori per la morte della primogenita, Sofja, alla nascita delle ultime opere dello scrittore, come il monumentale I fratelli Karamazov, dedicato proprio alla “buona Anna Grigorevna”, l’ultimo amore di Dostoevskij.