L’amore finchè resta | Giulio Perrone
Quanto dura un amore? Tre anni, tre mesi, per sempre.
Le interpretazioni sono le più svariate e dipendono dall’essere più o meno romantici o più o meno realisti.
L’unica certezza è quella di amare, di tornare ad amare e soprattutto di esserne capaci, atto non sempre facile, soprattutto con il tempo che passa. E più si invecchia, più diventa difficile trovare aspetti da amare in un altro o nel “nostro” altro che vediamo dormire accanto noi e che improvvisamente sentiamo estraneo (estranea).
Nascono i dubbi, le incertezze o, peggio, l’abitudine di accettare per convenienza la convivenza lasciando decadere, senza ravvivare, quel barlume di amore forse un tempo presente che si è trasformato in pigro affetto fino a diventare noiosa abitudine.
L’abitudine non ha solo accezione negativa, ma ha anche pregi, uno in particolare: identificare i confini della gabbia in cui per volontà nostra o di altri siamo chiusi all’interno e trovare il modo (una volta conosciuto il suo perimetro) di iniziare a liberarci da lei.
Questo capita, tra il rocambolesco e l’attuale, a Tommaso il protagonista de “L’Amore finchè resta” (HarperCollins Editore – 2019) di Giulio Perrone che in una storia assolutamente contemporanea determinata e diretta.
Giulio Perrone con questa nuova storia, a cui arriva dopo due buoni e meritati successi di vendita e di critica con “L’esatto contrario” e “Consigli pratici per uccidere mia suocera”, con onestà narrativa e di analisi cerca di individuare linee più o meno marcate di quel sentimento che muove “il cielo” del cuore e “le altre stelle” dei legami tra gli uomini e donne (figli, amici o pazienti che siano): l’Amore.
Lo fa da “preparato” sulla materia, “lineare” nell’analisi oggettiva e aperto alle molte possibilità di lettura e di prospettiva nel suo “farlo resistere” tale da rendere quel “resta” più lungo possibile.
La storia è sempre romana. Tommaso Leoni, quarantenne psicologo mantenuto dalla famiglia benestante della moglie Lucrezia, vive ai Parioli. I due condividono un matrimonio opaco (fatto dei tradimenti pianificati di Tommaso e da reciproco disamore in aumento) e un figlio Pietro, classico attuale adolescente usufruttuario di youtube e dialogatore indefesso su social e applicazioni varie di comunicazione. I punti di contatto con il padre due: i messaggi su WhatsApp e le partite domenicali della Roma.
Lucrezia stanca di un amore che non esiste più mette alla porta (letteralmente) Tommaso che si trova e ritrova con una vita approssimativa, vissuta solo in apparenza, senza nessun vero spessore professionale (il fare lo psicologo era solo un passatempo di “distrazione” tra un amante e un’altra) o di vita.
I cocci di quella vita che si trova in mano Tommaso sono molti e taglienti: capirne i limiti per poi ricomporli non è certo facile considerato il fatto che è tornato al punto da cui è partito: la sua ex cameretta (è tornato a vivere dalla madre vittima di un debito insoluto).
“Tirarsi su le maniche” diventa doppiamente l’imperativo per Tommaso.
Riallaccia i rapporti nel suo quartiere di San Lorenzo e trova da far il “barista”.
Qui incontra Lia, una giovane giornalista con cui ha decisamente delle affinità elettive ed affettive e, sempre qui, lo scovano due suoi pazienti indefessi che non vogliono rinunciare alle loro sedute di terapia: Vanessa, ex pornostar ninfomane, e Bambasone, balbettante esperto di social ed informatica.
I due vogliono continuare con le sedute, e, tanto fanno, che lo convincono. Questa volta però non saranno sedute “tradizionali” ma a uso del popolo più vasto in assoluto. Tommaso posterà le sue riflessioni “guida” sul suo canale YOUTUBE così da diffondere il “verbo” in modo più capillare. Il figlio è entusiasta, Lia indecisa, Tommaso perplesso dal successo che ne consegue: immediato imprevisto e inaspettato.
Lo psicologo/barista si troverà nuovamente in bilico tra il facile vivere (anche economico) e quello più tradizionale anche se più difficile costruire e mantenere. Questa volta la scelta dovrà essere più coraggiosa e forse così l’amore deciderà di rimanere.
Giulio Perrone con questo terzo romanzo riprende, in una lineare evoluzione che sa di ricerca, alcuni dei caratteri dei suoi protagonisti maschili rimasti, forse, un po’ in bilico, trasformandoli in punti focali e di sviluppo per comprendere meglio l’uomo adulto di oggi spaesato impaurito, alle volte incompiuto verso quel sentimento che più di ogni altro sa declinarsi in mille sfaccettature: l’amore
Mantenendo e rimarcando con l’immediatezza del suo linguaggio, delle sue descrizioni e del suo raccontare, Perrone propone una storia che si legge da sola e che conduce il lettore senza tanti arzigogoli al nevralgico punto dell’odierna e alle volte annosa situazione “sentimentale” fatta di rapporti tra uomini e donne, figli e genitori, amici, sempre meno “umana” e sempre più “social”.
Attraverso le fragilità della vita del protagonista leggiamo quelle che sono le molte fragilità e manchevolezza del vivere odierno dove oltre la mancanza del dialogo e del rapporto con l’altro viene sempre a mancare di più quella scambievolezza di sentimenti che rendono vivo un rapporto.
Con sempre più facilità maggiore è il delegare ad altri strumenti (molto spesso e via via più informatici) il compito di alimentarli e mantenerli, nascondendo a noi stessi (prima che ad altri) le fragilità del nostro sentire.
Una carenza sottolineata con malizia stilistica dall’autore che fa degli hashtag (#) neo aforismi della contingente vita digitale dove tutto viene condensato, riunito ma non analizzato.
Sintesi semplicistica di aspetti e temi che debbono essere più ampiamente analizzati, ritrovati e riscoperti.
Perché anche se
…“L’amore è un lusso che non sempre ci si può permettere”..
non per questo deve essere considerato una parvenza che può essere raggiunta da pochi, forse non da tutti ma certamente è parte essenziale ed integrante di ognuno di noi, uomo o donna, a qualunque età.
Humus essenziale capace, nelle sue diverse declinazioni, di dare quello spessore di cui la vita ha bisogno, poiché
…”nella vita bisogna provare a dare sempre il massimo per trovare se stessi. Se prendi una strada devi tenerla, anche nelle difficoltà”
perché, poi comunque ti porterà da qualche parte, sorprendendoti.