Scicli. Storia, cultura e religione (secc. v-xvi) | Salvo Micciché
La trama
Che cosa si conosce realmente di Scicli nel Medioevo? Che cosa tramandano le fonti, i reperti dell’abitato e del circondario (e poi della città) di Scicli e le varie forme del suo toponimo (Xicli, Sicli, Sycla, Shiklah…)? Per rispondere a queste domande, il volume Scicli. Storia, cultura e religione (secc. v-xvi) di Salvo Micciché (coautrice Stefania Fornaro),analizza la storia, la cultura e la religione di Scicli dal Medioevo al Cinquecento commentando le fonti e i reperti relativi alla storia della città. L’importanza di Scicli nell’ambito della Contea di Modica, il più vasto Stato feudale della Sicilia, si impose con forza anche grazie alla sua felice posizione geografica, non lontana dal mare. Toponomastica, onomastica, culti e storie di uomini e luoghi, cristiani ed ebrei, dal V al XVI secolo: la storia che conduce alla nascita della città iblea che sarà poi barocca e moderna e che Vittorini definì «la più bella del mondo».
L’opera protagonista della nostra presentazione è sostanzialmente un saggio storico con riferimenti all’archeologia medievale, che strizza l’occhio anche a onomastica, toponomastica, ricerca filologica.
Ma come nasce l’idea di dar vita a un testo di questo tipo e incentrato, per l’appunto, su Scicli? Ce lo rivela lo stesso autore: “L’archeologa Stefania Fornaro ed io ci siamo posti l’obiettivo di capire «cosa si sa veramente sul Medioevo a Scicli», una città su cui sono stati scritti ottimi libri sull’archeologia e la storia moderna, ma su cui le informazioni riguardanti il Medioevo erano frammentarie e sparse su centinaia di libri e saggi. Così abbiamo cominciato una ricerca durata oltre due anni a raccogliere fonti, scritti, documenti d’archivio, epigrafi, e ne è venuto fuori un testo che abbiamo sottoposto a Carocci Editore per la valutazione. Con i loro consigli, abbiamo sistemato tante cose e ne è venuto fuori un saggio – manuale che ha l’obiettivo di essere utile sia allo studioso e allo storico, sia al lettore curioso e appassionato di storia e microstoria locale”.
L’ottimo risultato finale fonde e intreccia principalmente le seguenti tematiche: la storia medievale di Scicli (dal tardoantico al Cinquecento), la religione della gente di quel periodo e la cultura in generale, con protagonisti indiscussi la città di Scicli e la sua gente (famiglie nobili, chierici, gente comune).
Sia per i Bizantini, sia per gli Arabi non si hanno quindi, allo stato attuale della ricerca, documenti, epigrafi o iscrizioni che citino in qualche modo la città di Scicli (e l’origine del toponimo), ma non si può negare un’impronta culturale fortemente esercitata sugli abitanti, sui gusti artistici e persino nell’onomastica e la toponomastica. A rigore non si potrebbe provare, con le conoscenze attuali, che le fortificazioni (Castello e Castellazzo) esistessero al tempo degli Arabi, quando questi, nell’864 s’impadronirono del Sud Est, di Noto e di Scicli in particolare, ma si può congetturare con molta probabilità che già i Bizantini dotarono Scicli, come le altre loro città in Sicilia di castelli e fortilizi. Lo si evince già dalla lettura di passi di al Idrîsi (siamo però nel XII secolo), quando ci tramanda il nome del toponimo per gli Arabi: Shiklah, e lo riferiscono, come ricordato, altri autori arabi, come Ibn al-‘Aṭîr e Al Nuwayri.»
Il saggio in esame ha l’obiettivo di consentire di comprendere la storia medievale di Scicli (e di tutta la Contea di Modica), in quanto ciò si esplicita come un passaggio essenziale per capire la sua storia barocca e moderna. Infatti, senza tale conoscenza non si riuscirebbe a capire appieno il successo che la città sta registrando in questi ultimi tempi, che non è da ricercare esclusivamente nel legame con la serie televisiva (Il commissario Montalbano) bensì anche nella “complessità” dei suoi luoghi, non soltanto belli, bensì ricchi di storia.
Diretta conseguenza dello scopo sopracitato, il fatto che il libro sia dedicato «A chi ama la storia, il Medioevo e Scicli Urbs inclita et victoriosa».
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L’autore
Salvo Micciché (1964), saggista, direttore editoriale della rivista online Ondaiblea Rivista del Sudest, è nato a Scicli e vive a Ragusa; è autore di diversi saggi e libri, tra gli altri Onomastica di Scicli (1991), Zàghiri e parmi – omaggio al siciliano (2016), Scicli: onomastica e toponomastica (2017), Scicli, Storia, cultura e religione (secc. v-xvi) (2018). Si occupa di studi medievistici e filologici.
Si occupa di storia locale da moltissimi anni. Già nel 1991 ha scritto un saggio sull’onomastica di Scicli e negli anni seguenti ha sviluppato tanti aspetti di storia dei luoghi e della gente di quel territorio, sino alla revisione ampliata del medesimo saggio nel 2017 con ‘Scicli: onomastica e toponomastica’ che già presupponeva il saggio del 2018.
Il nostro autore si occupa anche di linguistica e filologia, in particolar modo classica e semitistica, e a tal proposito ci dice: “La conoscenza del greco ma anche dell’arabo e dell’ebraico è stata determinante per molti aspetti trattati nel libro. La mia collega è un’archeologa che mi ha aiutato a sistemare l’impianto storiografico ed anche nella raccolta delle fonti archivistiche. Solo insieme è stato possibile scrivere il saggio nel migliore dei modi. Progetti futuri? Con Giuseppe Nativo sto preparando un altro saggio storico sulla Sicilia per l’editore e con Stefania Fornaro ed altri stiamo sviluppando ulteriori progetti che al momento non possiamo rendere noti…”
QUI la nostra intervista a Salvo Micciché
Lo stile
Scicli. Storia, cultura e religione (secc. v-xvi) è il frutto di un lungo lavoro di preparazione, durato oltre due anni, seguito da alcuni mesi di editing, definito dall’autore “entusiasmante ma anche faticoso”.
I legami nati e/o rafforzati durante la stesura del saggio in esame, nonché la componente “autobiografica” (anche se nel caso del genere saggistico può apparire difficile o addirittura impossibile da individuare) sono così chiariti dall’autore: “Mi sento legato a tutti i nomi e cognomi che abbiamo riportato nel libro (e sono tantissimi), mi sento di provenire da quella gente, che ha fatto la storia e costruito quella città, non saprei proprio scegliere un soggetto in particolare: tutti hanno diritto di essere “miei”. Molte cose hanno determinato la scelta di realizzare questo saggio-manuale, non ultima il mio essere oriundo di Scicli, ma anche e soprattutto studi, passione, il lavoro di ricerca di tanti anni”.
Lo stile segue una linea rigorosa e circostanziata, considerati genere e argomenti, ma, al tempo stesso, appare semplice, in quanto gli autori hanno cercato di generare un’opera che possa essere apprezzata e appresa anche dai non esperti e dai non addetti ai lavori.
La scelta di rivolgersi a tutti è ben connessa al titolo scelto, che è molto diretto, semplice, lampante, e anche volutamente delimitante, in modo da comunicare il fulcro dell’opera, che rimanda direttamente all’analisi storiografica della città in un preciso periodo storico.
Ne consegue che Scicli. Storia, cultura e religione (secc. v-xvi) sia la lettura ideale per gli studiosi, in particolare per i giovani ricercatori che vorrebbero partire dal manuale per compiere ulteriori ricerche, ma anche per i lettori curiosi e appassionati della Sicilia e di Scicli, nonché per i turisti che desiderano conoscere davvero Scicli e la sua storia.
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