Intervista a Emiliano Gambelli, autore de “Racconti assurdi ma non troppo “
Emiliano Gambelli nasce a Roma nel 1984 e questo è tutto quello che è certo. Cantautore, scrittore, sarto della parola, paroliere, Scarabeo e Tabù. Il tutto per diletto, gioco, passione ma soprattutto per sbaglio. Non solo per lui ma anche per chi lo legge. Però si sa, lo sbaglio è l’ingrediente principe per una vita più giusta.
Parliamo subito del tuo ultimo libro, Racconti assurdi ma non troppo. Raccontaci brevemente la trama e in quale genere si colloca.
Il senso di colpa si misura all’etto? Oppure a letto, sdraiati? Si può curare una sogno-deficienza andando ad indossare VegetAli per volare? Avete mai annusato l’E-senza?Io sì e ho scoperto che ha il sapore della mancanza. Manca anche vita in un corpo di un uomo che non può scegliere di morire con dignità, così mi chiedo: si può avere fede senza anulare?
Parlaci di te e del tuo amore per la scrittura: come nasce?
Non amo la scrittura e credo che sia reciproco. Provo rispetto per le parole, quel rispetto che spesso non porto in questo mio passaggio terreno. Rispetto la scrittura questo sì, perché quando le parole scelgono di mostrarsi al mio pensiero lo fanno con delicatezza, regalandomi momenti di appagamento e serenità.
Quanto tempo hai impiegato a scrivere questo libro? Descrivi un po’ l’atmosfera e l’ambiente, lascia che i lettori possano immaginarti mentre sei intento a scrivere.
Il primo racconto, che è il più lungo e si intitola “L’etto di colpa” ha impiegato solo tre giorni a nascere. È stato un flusso di coscienza rapido, per la prima volta ho avuto paura di affogare. Dopo aver comprato i braccioli ho deciso di scrivere gli altri e in tutto ho impiegato circa sei mesi. Ho scritto tante altre cose che non sono nel libro e che, spero, vedranno luce in un secondo volume.
Sappiamo che hai uno stile tuo, ma stando al gioco, a quale autore del presente o del passato ti senti (o aspiri) di somigliare e in quali aspetti? Fai un gioco analogo per il tuo libro.
Senza ombra di dubbio ad Alessandro Bergonzoni, Artista che stimo, rispetto e alle cui labbra ho appeso una fune per poter pendere in sicurezza.
Se dovessi consigliare una colonna sonora da scegliere come sottofondo durante la lettura del tuo libro, cosa sceglieresti?
Il silenzio. Spero che i pensieri del lettore siano l’unica colonna sonora. Forse qualche risolino e il voltare pagina, nulla di più.
Un’ultima domanda per salutarci. Rivolgiti ai nostri 300.000 mila lettori, con un tweet in 140 caratteri.
“Ci vuole il filo intermentale”. Mi presento con una citazione di Bergonzoni, adatta al libro, a me, all’interpretazione della vita e dei suoi segni in generale. Ci vuole tre volte al giorno per liberarci dai pregiudizi, anche su di me perché no.