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Intervista a Silvia Andreoli, autrice de “Nera come una fiaba”

Nera come una fiaba

Silvia Andreoli è nata a Verona nel 1970, ha vissuto a lungo a Milano e scelto Parigi come città dove scrivere. Dopo l’esordio nella narrativa nel 2004, torna in libreria con “Nera come una fiaba“.

Parliamo subito del tuo ultimo libro. Raccontaci brevemente la trama e in quale genere si colloca.

Nera come una fiaba è la storia di un incontro casuale, che accade la notte del 30 aprile, nel pieno centro di una Milano quasi irriconoscibile, tra due ragazzine, Momo, di 13 anni, e Viola, di quasi 17, entrambe in fuga da una violenza. È una fiaba, perché parla di crescita e paura. Una fiaba metropolitana in cui gli adulti sono ombre vuote e il finale sta tutto nelle mani delle protagoniste.

Parlaci di te e del tuo amore per la scrittura: come nasce?

Forse l’inizio è stato proprio nelle fiabe, in quelle che ascoltavo e che poi raccontavo a mia volta. La parola che scandisce, la parola che racconta crea un mondo inviolabile addosso. Ho cominciato a scrivere nel periodo universitario, a Milano, dove ho vissuto a lungo, e poi sono riuscita a farne un “mestiere” negli anni.

Quanto tempo hai impiegato a scrivere questo libro? Descrivi un po’ l’atmosfera e l’ambiente, lascia che i lettori possano immaginarti mentre sei intento a scrivere.

L’idea è nata un pomeriggio, mentre passeggiavo in quella zona di Brera dove vivevo. E mi è sembrato di “vederla”, Momo, la mia protagonista, affannata a scappare. Ho cominciato a “seguirla”, lo stupore, ed è iniziata la prima stesura, a mano, sui Moleskine a righe, inchiostro blu, appunti sui tovaglioli, gli scontrini nei caffè. Da lì ci sono voluti 4 anni e mezzo per tessere la trama com’è.

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Sappiamo che hai uno stile tuo, ma stando al gioco, a quale autore del presente o del passato ti senti (o aspiri) di somigliare e in quali aspetti? Fai un gioco analogo per il tuo libro.

Marguerite Duras per le frasi brevi, incisive. Anna Maria Ortese per l’incanto della fiaba. Italo Calvino perché é maestro assoluto. Ma dentro ci sono infinite influenze, talune consapevoli, altre invisibili. Ogni storia è impregnata di tutte quelle che sono state lette prima di scriverla.

Se dovessi consigliare una colonna sonora da scegliere come sottofondo durante la lettura del tuo libro, cosa sceglieresti?

Domanda meravigliosa e difficilissima. Dentro sento i suoni della paura, quelli dell’attesa, il cuore che martella. Dentro ci sono i Pink Floyd, ma anche la pioggia, Lou Reed, i Velvet Underground, As tears go by dei Rolling Stones.

Un’ultima domanda per salutarci. Rivolgiti ai nostri 300.000 mila lettori, con un tweet in 140 caratteri.

Abbiamo bisogno di fiabe per concederci la paura, per cadere e saperci rialzare. Abbiamo bisogno di fiabe perché senza non sapremmo imparare a guardare anche l’ombra che appartiene inevitabilmente a tutti gli esseri umani. O dimentichiamo chi siamo.

Autore: redazione

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