Pordenonelegge2018, dove la parola viva si fa corpo dell’oggi
Uno tira l’altro uno tira l’altro uno tira l’altro, e poi è scorpacciata. Non certo di leccornie, di salse o di intingoli uniti: ma di buone idee, pensieri nuovi, riflessioni diverse, autori, attori e scrittori dalle molte sfaccettature ed interpretazioni e molti tanti e diversificati libri. In una parola #pordenonelegge2018.
L’appuntamento con i libri e gli autori anche quest’anno ha visto la città friulana pronta alla prova, conscia che di anno in anno la sfida si fa sempre più dinamica, diversificata e l’evoluzione del contesto contemporaneo non è sempre pedissequo e logico, ma oramai imprevedibile.
Di una imprevedibilità che non è solo nelle storie, nei personaggi , ma proprio nella parola e nel suo uso, nelle sue declinazioni e sfaccettature.
Dal romanzo alla filastrocca, alla poesia. Dal discorso politico, alla canzone, all’articolo di giornale, passando dalla musica fino a raggiungere la sua massima concretezza, libertà e carnalità che è il teatro, l’affiancare verbi sostanti e complementi non è solo un esercizio grammaticale, ma un vero è proprio specchio. Rappresentazione palese di ciò che siamo, di ciò che abbiamo smarrito, di ciò che ostinatamente cerchiamo per riaffermare, per essere riconosciuti individui.
“La parola è sempre la parola”. Una piacevole nenia ripetuta da tutti, davvero tutti gli autori durante le più di 600 presentazioni che si sono susseguite dal 19 al 23 settembre a Pordenone.
La parola che si condensa nella ricerca e nello studio per definire l’ossatura di una storia.
Che prende per mano l’immaginazione dello scrittore nella tracciatura del personaggio.
Che prende vita raccontando, dettando, ipnotizzando l’autore che diviene traspositore di storie immaginifiche, possibili e reali. Intrecciando situazioni con i tratti innegabili del vero. E vere lo sono davvero.
Storie che non sono solo semplice conseguenza di vocali e consonanti: ma evidente potere di vita.
Robert Harris lo sottolinea ribadendone l’obiettivo: intrecciarsi con l’altro, con i suoi romanzi non è semplice finzione, ma solo trasposizione di un presente, “storia” vissuta, contemporanea visibile.
Ma attenzione. La parola rischia (se non correttamente modulata) di diventare prosopopea, perdendo il suo compito primitivo che è “riflessione del vero”, come afferma Tiziano Scarpa “ Così facile all’incupimento appena si allontana e percepisce in sé e in chi la pronuncia paura.”
Trasformandosi in quel populismo demagogico che confonde e di essa si alimenta. Sunjeev Sahota, autore inglese di punta del momento, legge tutto ciò come “minaccia e ombra” sul suo operato e su quello di ogni scrittore/autore: dare “voce” attraverso la parola scritta a coloro che voce non hanno, in una verità consensuale che non è moralismo, ma scoperta di una paternalità che Paolo di Paolo assieme all’attore Lino Guanciale sottolineano, nel ridare corpo e anima teatrale a un classico del cinema italiano “La Classe operaia va in paradiso”, come fatua: dove il paradiso è di giorno in giorno nebuloso, smarrito non concreto.
Ma attenzione, riflette Paolo Mieli, ricordando l’amica e collega Oriana Fallaci:
La parola che passa attraverso lo scrittore, l’autore o il semplice utilizzatore della stessa è un coltello affilato.
Potente nel bene e nel male. Innegabile baluardo di vera libertà. Capace di risvegliare, attraverso l’eticità del suo uso, il piacere di “lavorare con le parole”, di “smuovere pensieri ed emozioni” delineando quella responsabilità civica di verità.
In un costante e imperativo rispetto dell’altro, essa non deve travisare la liquidità Baumanina di un incerto contemporaneo, ma acquistare quella carnalità tanto amata da Pierluigi Cappello. Dove la parola non è opaca, violenta o capace di uccidere. Ma dolce come il pane caldo, e non si limita a narrare solo una notte di sogno.
Essa si dona agli scrittori, autori, poeti e alla letteratura donando una innata possibilità: raccontare attraverso di essa le molteplici asimmetrie dell’essere umano nel bene e nel male, facendo forza su quell’unicità fatta di debolezze, timori e disequilibri di cui è fatta la vita.
Su questa innegabile universalità, la voce dell’uomo, forse e con fatica, potrà farsi aria senza confini definiti librandosi libera fino al 18 settembre 2019, quando sarà ancora e nuovamente #PordenoneLegge2019.