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L’estate muore giovane | Mirko Sabatino

Quando arriva l’estate, tutto sembra possibile. Tutto si sospende in una dimensione che non ha spessore e che può diventare quasi sogno reale. Che non si esaurisce.

La pigrezza del frinire delle cicale è una ninna nanna a sole alto. Nulla si muove nei vicoli di un paese come tanti sulle coste del Gargano, dove la brezza dell’Adriatico muove lenzuola bianche che sanno di pulito ed allevia dal caldo soffocante che picchia sulle teste. E fa molto di più: dilata e modula il tempo, ne fa percepire il respiro che si contrae in passato e futuro, nella sfera senza spigoli del contemporaneo.

Anche la morte sembra non esistere. Si nasconde, si camuffa in un immaginario che può essere accettato. Dove un padre diventa amico di Mastroianni, di Fellini e magari della Loren. E tutto può ricominciare cancellando dolore, errori, presagi di solitudine e infelicità.

Ma è solo un attimo che non sempre aiuta, nel dolore del corpo e dello spirito.

Svanisce, scompare perdendo quella solidità che sembrava indissolubile: ritorna il vuoto, la vergogna e nuovamente morte, forse giusta vendetta solitaria.

Ingredienti appetibili che una scrittura esperta può far divenire romanzo che, lentamente, scuote non permettendo di abbandonare le sue pagine fino a che non sia letta anche l’ultima parola.

Un risultato che Mirko Sabatino con la sua opera prima “L’estate muore giovane” (edito da Nottemtempo) raggiunge appieno.

Opera prima, con i tratti del “romanzo di formazione” , ma che da questo cliché a maglie troppe strette, sfugge e si amplia alle molte sfaccettature dell’animo e dell’agire, facendolo divenire libro per tutti i palati, adulti o meno che siano.

La storia è di quelle semplici, con echi magari già visti: un’estate, tre amici, un segreto condiviso in quel momento della vita grimaldello verso l’età adulta: la giovinezza:

“…l’unica parte che conta davvero nella vita”

L’azione ha la Puglia come sfondo, quella del 1963.

Gli amici sono tre poco più che dodicenni: Primo, Mimmo e Damiano a cui si aggiunge piano piano la delicata e dolce Viola, sorella di Primo per cui Damiano nutre i primi battiti puri che sanno di amore.

Primo (voce narrante e raccontatore dell’intera vicenda) e Viola sono orfani di padre da poco; Mimmo, con un padre da tutti definito “pazzo”, è destinato già da prima della nascita a diventare sacerdote; Damiano, con la mietitrebbia del padre su cui molti ambiscono a fare un “giro”, è il “forte” del gruppo.

In un giorno come tanti di quell’estate del 1963, tra Mimmo, Damiano, Primo e un altro gruppo di coetanei, i più attaccabrighe, nasce una diatriba su un pallone da calcio “autografato” . L’aggressione a Mimmo, di una violenza che sa già di altro, culmina nello squarcio di quel pallone e con un patto che i tre ragazzi stringono subito dopo per “la vendetta” conseguente. Un patto che troverà validità non solo per questa ragazzata, ma anche e soprattutto, per una vendetta verso una violenza più aspra e forte e che di netto spezzerà la fanciullezza, lasciando il passo all‘età adulta.

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Un punto di non ritorno, che per i tre ragazzi si rivelerà definitivo e immutabile, portandoli a prendere atto di come la vita in apparenza “venga scelta” ma in realtà sia

“solo ciò che capita tra la nascita e la morte. Chi la vive sceglie poco. Le persone e gli avvenimenti ti si impigliano addosso, ciechi e tenaci”

Gli avvenimenti, però, imprigioneranno Damiano, Mimmo e anche la piccola Viola. Rimarranno soffocati, feriti, impauriti e orgogliosi. Solo Primo sembrerà sopravvivere impigliato e stretto in quelle ultime frasi lasciategli dal padre nella sua ultima lettera che riportava la frase:

“Sogna Primo, fallo sempre. Ma pianta i tuoi sogni nella terra: cresceranno robusti e non voleranno via.”

Abbinare Estate Amicizia e Morte appare una contraddizione in termini, ma non potrebbe essere diversamente per una storia che non ha nulla dell’impossibile, ma tutto del tangibile, reale e contemporaneo. Mirko Sabatino lo fa con maestria da “vecchio romanziere”.

In un raccontare che ricalca la lentezza estiva delle terre pugliesi, lo scrivere scuote in un crescendo finale che non lascia fiato e il tempo di pensare: azioni, atti e sentimenti hanno acutezza e crudezza ai limiti dell’animale: schiaffeggiano il lettore, lasciandolo in balia degli eventi narrati.

Sabatino impone e presenta la totale fragile solidità della vita. Spettatrice e al contempo madre matrigna delle scelte dell’uomo. Una vita che sembra non lasciare scampo alla vendetta, alla paura, alla violenza: sconfitta di un uomo indifeso, smarrito, risucchiato.

Il lieto fine non è di questo mondo: all’uomo che vive, o forse sopravvive, rimane la magra consolazione dell’accettazione e della solitudine.

Una solitudine distratta, però, che solo il sapore della morte, che trova e vuole avere ancora un appiglio nei sogni.

Sogni, non fini a se stessi, come favole raccontate al vento o nel buio della notte, ma “con radici”.

Piantati per terra, capaci di diventare robusti e non illusioni di una vita.

Diversamente, se ciò non accadesse anch’essi diverrebbero ombre opache, parole smorzate, sussurrate, quasi fischiettate dalla brezza del mare, capaci solo di pronunciare in modo definitivo:

“Addio al mondo
Ai ricordi del passato
Ad un sogno mai sognato
Ad un attimo d’amore
Che mai più
Ritornerà.”

Autore: Marzia Perini

Scrivere, leggere due aspetti palesi di un'unica passione: la letteratura. Alterno scrittura originale (racconti, poesie, resoconti letterari) a recensioni librarie. Completano il quadro personale altre due passioni più "movimentate" , ma che si intrecciano e completano le precedenti: la fotografia con mostre dedicate a Roma Bergamo e Venezia e i viaggi (solidali e non). Sono Accredited Press al festival di Pordenonelegge dal 2015.

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