Intervista a Mario Cottarelli, autore de “Parliamo di parolacce senza dire parolacce”
Mario Cottarelli, nato a Cremona nel 1956, si è laureato in Scienze Biologiche all’Università di Pavia nel 1982. Dal 1983 ha lavorato al quotidiano cremonese La Provincia. Ha anche composto molta musica, dal genere da ballo – nel cui ambito ha anche collaborato con Claudio Simonetti e Ivana Spagna – al progressive-rock, per il quale è stato menzionato in un libro di Massimo Salari. In questa intervista ci parla del suo Parliamo di parolacce senza dire parolacce.
Parliamo subito del tuo ultimo libro. Raccontaci brevemente la trama e in quale genere si colloca.
E’ un saggio sul turpiloquio in controtendenza: gli studiosi tendono oggigiorno a giustificare il turpiloquio, io invece lo condanno; ma non sono un retrogrado-perbenista: sostengo infatti che l’eliminazione delle parolacce a sfondo sessuale porterebbe a vivere la sessualità in modo più naturale e soddisfacente. Il motto del libro potrebbe essere VIVA IL SESSO – ABBASSO LE PAROLACCE.
Parlaci di te e del tuo amore per la scrittura: come nasce?
Più che amore per la scrittura si tratta di amore per la creatività. Essa si è sempre manifestata in me, mutando la propria veste: da piccolo mi piaceva disegnare; dall’adolescenza in avanti mi sono dedicato alla composizione di musica di vario genere. La scrittura è diventata necessità nel momento in cui ho capito che avevo qualcosa di nuovo da comunicare riguardo all’argomento turpiloquio.
Quanto tempo hai impiegato a scrivere questo libro? Descrivi un po’ l’atmosfera e l’ambiente, lascia che i lettori possano immaginarti mentre sei intento a scrivere.
L’ho scritto nell’arco di un anno, nei ritagli di tempo. Ho provato sensazioni molto simili a quelle che si manifestano in me quando creo una musica. Ho parlato di come, nella mia vita, ho vissuto l’esperienza delle parolacce e, sulla base della riflessione, della logica, dell’osservazione e della lettura di testi sull’argomento, ho espresso il mio pensiero, semplice ma almeno in parte innovativo.
Sappiamo che hai uno stile tuo, ma stando al gioco, a quale autore del presente o del passato ti senti (o aspiri) di somigliare e in quali aspetti? Fai un gioco analogo per il tuo libro.
Vorrei somigliare ai grandi divulgatori come Isaac Asimov o Piero Angela; nell’ambito narrativo invece il mio punto di riferimento è Alessandro Manzoni, sempre attualissimo. Dei primi due ammiro la capacità di esporre in modo semplice concetti complessi, di Manzoni amo il rigore e la coerenza narrativa oltre a una scorrevolezza che tuttavia non trascura i dettagli: una sobria completezza.
Se dovessi consigliare una colonna sonora da scegliere come sottofondo durante la lettura del tuo libro, cosa sceglieresti?
Sicuramente una musica da me composta: ho anche nel cassetto due canzoni sul turpiloquio.
Un’ultima domanda per salutarci. Rivolgiti ai nostri 300.000 mila lettori, con un tweet in 140 caratteri.
Il turpiloquio è una forma di inquinamento, perciò ha grossi effetti nocivi. C’è un malcontento sommerso su tale tematica: aiutatemi a farlo emergere comprando il mio libro. Usare le parolacce non è un atteggiamento spontaneo, ma una convenzione.