Intervista a Gian Luca Marino, autore de “Sulle tracce di Majorana – Diario di Sicilia”
Gian Luca Marino, giornalista, fotografo, come scrittore è al suo secondo libro. Collabora con redazioni di giornali online e cartacei, blog, siti e tv. Appassionato di viaggi e mistero. In questa intervista ci parla del suo Sulle tracce di Majorana – Diario di Sicilia.
Parliamo subito del tuo ultimo libro. Raccontaci brevemente la trama e in quale genere si colloca.
In un torrido agosto del 2009 un reporter si trova in Sicilia dove, nella piazza di un piccolo paese, scopre il busto di Ettore Majorana, scienziato misteriosamente scomparso negli anni Trenta. Da quell’istante il passato e il presente del reporter si incontrano grazie anche a un libro profetico letto dal giornalista da bambino. Il genere è narrativa no fiction.
Parlaci di te e del tuo amore per la scrittura: come nasce?
Nasce fin da bambino e prosegue da adulto, diventa un lavoro come giornalista e si fonde con la fotografia.
Quanto tempo hai impiegato a scrivere questo libro? Descrivi un po’ l’atmosfera e l’ambiente, lascia che i lettori possano immaginarti mentre sei intento a scrivere.
Un anno. Ho iniziato la stesura su un balcone in Sicilia con vista sulla valle dell’Alcantara tra muretti di pietra, viti e il vulcano Etna. La scrittura è proseguita in Piemonte accanto ad un’enorme libreria.
Sappiamo che hai uno stile tuo, ma stando al gioco, a quale autore del presente o del passato ti senti (o aspiri) di somigliare e in quali aspetti? Fai un gioco analogo per il tuo libro.
Mi piace molto lo stile di Carlo Lucarelli e per il passato amo lo stile british di autori come Dickens con le sue atmosfere. Il mio libro potrebbe assomigliare a uno dei racconti di Algernoon Blackwood.
Se dovessi consigliare una colonna sonora da scegliere come sottofondo durante la lettura del tuo libro, cosa sceglieresti?
Il clan dei Siciliani di E. Morricone.
Un’ultima domanda per salutarci. Rivolgiti ai nostri 300.000 mila lettori, con un tweet in 140 caratteri.
Scrittura e fotografia sono i miei strumenti per raccontare storie. Sono sempre alla ricerca di ciò che è invisibile.