Intervista a Marilù Grace Maraldi, autrice de “Placebo”
Classe ’98, Marilù Grace Maraldi studia chimica presso il dipartimento Ciamician di Bologna. Nonostante gli studi la impegnino molto, cerca di continuare a praticare danza classica e di scrivere.
Parliamo subito del tuo ultimo libro, Placebo. Raccontaci brevemente la trama e in quale genere si colloca.
E’ un romanzo psicologico che mette in luce le ombre proiettate dalla società sull’uomo. La storia si concentra sulla figura di Hulls Kozlov, uomo su cui grava il grande flagello della cecità. Non è tuttavia sempre stato cieco e per questo Hulls cerca disperatamente la vendetta nei confronti di chi gli ha strappato gli occhi. E la narrazione procede esplorando le contraddizioni di Hulls.
Parlaci di te e del tuo amore per la scrittura: come nasce?
In realtà è una domanda a cui non so rispondere. Il mio desiderio di scrivere va oltre la mia comprensione razionale. Ho sempre scritto tanto e in varie forme. Da adolescente scrivevo per evadere dalla realtà, costruendo mondi che erano solo miei. Ora, a 20 anni, la scrittura è per me l’unico mezzo possibile per conoscermi e per capire le sfaccettature dei rapporti umani.
Quanto tempo hai impiegato a scrivere questo libro? Descrivi un po’ l’atmosfera e l’ambiente, lascia che i lettori possano immaginarti mentre sei intento a scrivere.
La parte più bella è stata pensare alla storia. Ero ossessionata da questo personaggio, con questa benda sugli occhi, che inizialmente aveva solo un volto ma poi con il passare dei giorni iniziava ad assumere una personalità sua, con le sue contraddizioni, i suoi desideri, le sue paure; e a quel punto non potevamo più condividere lo stesso corpo: e così in 5 mesi scrissi Placebo.
Sappiamo che hai uno stile tuo, ma stando al gioco, a quale autore del presente o del passato ti senti (o aspiri) di somigliare e in quali aspetti? Fai un gioco analogo per il tuo libro.
Per ora non penso di assomigliare a nessuno degli autori che ammiro, ho ancora un bel margine di miglioramento. Il mio idolo è Dostoevskij, vorrei saper scrivere come lui, saper descrivere i moti d’animo come lui. Placebo non si avvicina troppo per quanto riguarda il linguaggio, per via dell’ uso di parolacce che ho ritenuto opportuno inserire.
Se dovessi consigliare una colonna sonora da scegliere come sottofondo durante la lettura del tuo libro, cosa sceglieresti?
Sceglierei il brano di Arthur Rubinstein “Chopin sonata 2 in B flat minor, op 35”.
Un’ultima domanda per salutarci. Rivolgiti ai nostri 300.000 mila lettori, con un tweet in 140 caratteri.
Forse un giorno sarò una scrittrice, ma per ora mangio biscotti davanti a un foglio bianco che spero di riempire più di parole che di briciole. #inchiostroecioccolato