Ci vediamo a Venezia | Suzanne Ma Ci vediamo a Venezia | Suzanne Ma

Ci vediamo a Venezia | Suzanne Ma

A quali e quanti sacrifici si è disposti per migliorare le condizioni di vita della propria famiglia, dei propri  figli? Rinunciare a vederli crescere?Prendere un aereo e andare dall’altra parte del mondo dove non si è in grado neanche di interpretare una indicazione stradale o chiedere l’ora ad un passante? E magari completamente SOLI? Ci vediamo a Venezia, un reportage puntuale sull’emigrazione cinese in Italia, anzi nel mondo, scevro da patetici sentimentalismi , crudo e vero come solo uno scritto giornalistico può essere. 

Suzanne Ma è una giornalista canadese di origini cinesi. Americana in tutto, ha tenuto vivo il suo legame con il paese di origine dei genitori nel rispetto di quelle radici che evocano in ognuno  un senso di appartenenza alla terra. Impegnata per lo più nello studio del fenomeno della migrazione, ama nominare col termine di “newcomers” coloro che lasciano il proprio paese per tentare la fortuna. Tenendo fede a quello che dovrebbe essere il fine ultimo del giornalismo, l’autrice cerca di scrivere la verità non limitandosi a riportare a posteriori i racconti dei migranti, quando la memoria gioca il “bello scherzo” di attenuare i brutti ricordi.

La giornalista partecipa in prima persona al fenomeno. Infatti, passa qualche tempo in una piccola provincia della Cina, Quintiang, per raccogliere più informazioni possibili su come la popolazione locale si prepari alla partenza e su come si formi il desiderio di partire. Incontra persone che manifestano diverse esigenze: desiderio di ricongiungimento alla famiglia, necessità di migliorare la situazione economica, curiosità e passione verso l’occidente.

Una cosa accomuna tutti i migranti: sono persone intraprendenti, coraggiose e tenaci, portatrici di una grande carica di energia positiva e fondamentalmente sognatrici, appartenente alla categoria di coloro che hanno il coraggio di inseguire il proprio sogno e magari realizzarlo.

La giornalista incontra Pei, una ragazza di 15 anni che insieme al padre e al fratello presto raggiungerà la  madre partita per l’Italia ormai da anni. Conosce la ragazza da prima che in famiglia maturi l’idea di partire; osserva con discrezione la vita di un’adolescente spensierata, nonostante l’assenza della madre ridotta ormai, dopo anni di lontananza, ad una familiare voce telefonica. Suzanne Ma incontrerà nuovamente  Pei in Italia . La ragazza giunta da poco le rivelerà tutte le sue  aspettative e i timori, racconterà  in modo puntuale l’arrivo della famiglia nel “Bel Paese” e gli sforzi di tutti i membri, sia per trovare una propria collocazione all’interno della stessa famiglia che sembra nascere  in quel momento, sia  per trovare un posto nella comunità cinese prima e nel paese ospitante poi.

LEGGI ANCHE:  Fiori di mango | Isabella Schiavone

Il libro prende spunto dall’esperienza di Pei per offrire una visione che abbracci il fenomeno nella sua interezza e complessità. Il tentativo è quello di spogliarsi di tutte quelle sovrastrutture mentali che catalogano gli individui in base a impressioni puramente esterne, visto che alcune culture restano ai margini della comune comprensione occidentale.

La realtà cinese più di altre resta per i paesi ospitanti un mistero che affascina e lascia perplessi. Il motivo è che si tratta di una comunità silenziosa, avvezza al lavoro ininterrotto, poco incline all’apertura verso l’occidente a causa della forte distanza culturale, linguistica e tradizionale. Anche l’idea del lavoro è totalmente votata al sacrificio muto, con una capacità di sopportazione e tenacia lontana dall’indole occidentale.  Il lavoro costituisce  un mezzo per mantenere la famiglia che è il caposaldo della tradizione cinese. Il rispetto di essa e l’orgoglio di non poter tornare in patria senza aver costruito qualcosa sono le motivazioni che guidano e sostengono questi lavoratori indefessi, vittime di sfruttamento degli stessi connazionali.

Lavoravamo tutto il giorno senza scambiare una parola….ero un robot senza un cervello.

I cinesi emigrano per lavorare e null’altro, costituiscono un popolo silenzioso che non infastidisce la nazione ospitante. Anche le beghe vengono risolte all’interno della comunità senza coinvolgere in alcun modo il paese di arrivo. Tanto è silenzioso che i migranti cinesi hanno avuto un ruolo nella Seconda Guerra Mondiale anche se come semplici lavoranti, ma tutto è stato sommerso da quel silenzio che loro stessi hanno costruito.

Suzanne Ma in Ci vediamo a Venezia cerca di sfatare tutti i miti costruiti su questa popolazione, come quella che più stuzzica la fantasia “i cinesi non muoiono mai”.

Inoltre evidenzia l’esistenza, da un lato, di quelle  generazioni che rappresentano un coacervo di culture differenti che coesistono in armonia. I ragazzi  cinesi cresciuti in Italia soffrono l’essere considerati ospiti in quel paese che sentono il proprio.

Ho aspettato 18 anni per essere ufficialmente italiano, ma mi sono sentito italiano tutta la vita.

Dall’altro vi sono quelli che:

si trovavano in un limbo intercontinentale…..appartenevano a tanti mondi eppure non appartenevano a nessun luogo.  

La comunità cinese si rivela così lontana da noi eppure cosi penetrata sotto la pelle della nostra società, così distante eppure così familiare e a quanto pare già presente da molto prima che ne prendessimo coscienza.

 

Autore: Shalika Fiorentino

Condividi Questo Post Su