Bruno Giordano. Una vita sulle montagne russe | Giancarlo Governi
Giordano calciatore, al quale il poeta Valentino Zechein dedicò un componimento a seguito di una folgorante tripletta ai danni della Juventus, si racconta attraverso la scrittura del giornalista Giancarlo Governi, in un transfert analogo a quello che Flaubert intraprese per la sua più importante e celebre opera, Madame Bovary, figura della quale assunse l’identità a metà XIX secolo.
In Bruno Giordano. Una vita sulle montagne russe l’autore parla in prima persona a nome e per conto del calciatore pur non essendo, per sua stessa ammissione, avvezzo ai campi di gioco, avendo attraversato il mondo calcistico non dalle pagine della ‘rosea’, o di altri quotidiani sportivi, ma tramite la narrazione della vita e gesta di attori scomparsi (Alberto Sordi, Totò, Mario Carotenuto, Vittorio De Sica e Anna Magnani) e d’icone del mondo del fumetto (Bonvi), sino alle digressioni ciclistiche dettate dalla rivalità fra Coppi e Bartali.
Nonostante queste teoriche ‘controindicazioni’, la scelta dello stesso Giordano di affidare a Governi le proprie memorie appare complessivamente centrata. Nelle sapienti mani dello scrittore, la vita del professionista diventa non solo una fredda statistica di successi calcistici o di retroscena in chiaroscuro di uno dei cannonieri, come si diceva un tempo, fra i più spietati del calcio di casa nostra, ma anche un modo per attraversare oltre un trentennio della nostra storia contemporanea fino ai meandri più nascosti degli usi e costumi della penisola italiana.
La narrazione parte da quella curiosa quasi omonimia con il monaco campano non incline all’abiura, sino al raggiungimento del luogo che quel ragazzino di Trastevere da sempre prediligeva, ovvero il campo di calcio. Prima sotto l’ala protettrice di un parroco che lo costrinse a giocare, per strapparlo ai pericoli della strada, evento che accomuna il futuro bomber laziale a un altro grande del calcio italiano, e non solo, Gianni Rivera.
Dai campetti calpestati da ragazzino sino al raggiungimento della massima serie. Un percorso ricco di episodi, ben trasferiti su carta da Governi. A lettura conclusa, quel che pecca nella narrazione del Giordano calciatore, è qualche cosa che si ricordi al di là di un semplice susseguirsi di successi e insuccessi, inizialmente narrati come tappe di avvicinamento a un personale nirvana: il desiderio di ottenere il primo ingaggio o il viso dell’adolescente che si meraviglia di trovarsi al cospetto di alcuni mostri sacri dei quali era fino a poco prima un semplice tifoso.
Non mancano i riferimenti alla vita quotidiana, che va oltre quella del campione e dell’idolo, e i pensieri sugli affetti familiari, nonché sugli amori e sul rapporto con le donne:
«Qualcuno disse che io con le mie donne non avevo avuto fortuna, che avevo cercato di aiutarle ma poi mi ero arreso. Non è esatto. Se vogliamo rimanere nel gergo sportivo, dobbiamo dire che io con le donne della mia vita ho fatto pari: con mia sorella Silvia e con la mia prima moglie Sabrina ho perso, ma con mia madre e con Susanna ho vinto! Ma quelle due sono state vittorie che valgono cento scudetti perché mi hanno ripagato ampiamente di tutte le sconfitte»
Nella seconda metà del libro, tutto questo diviene fonte di semplici memorie, senza particolari sussulti, forse poco capaci di catturare l’attenzione di un lettore non appassionato di ‘italica pedata’. Nonostante ciò, l’opera cattura e incuriosisce, si legge tutta d’un fiato, alla stregua di una lunga e personale confessione fra l’uomo – calciatore e i propri appassionati, disegnando bene l’idea della vita ‘spericolata’ del cannoniere, come ha evidenziato lo stesso autore.
«Questo altalenarsi di fatti e di momenti positivi con i momenti negativi, di salite gloriose e di disarmanti discese hanno suggerito il titolo del libro. E Bruno questa sua vita “sulle montagne russe” me l’ha trasmessa così bene che ho deciso di raccontarla».