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Notti al circo | Angela Carter

Pubblicato nel 1984 e vincitore del prestigioso James Tait Black Memorial Prize, “Notti al circo” entra, con pieno diritto, ne “Le Strade”, ovvero la storica collana di narrativa letteraria della Fazi editore.

Notti al circo Angela CarterI rintocchi del Big Ben segnalano la mezzanotte per la terza volta, o almeno così crede Walser, giovane giornalista californiano sbarcato a Londra per smascherare la famosissima aerialist Fevvers e farne l’oggetto principale di una serie di articoli dedicati ai grandi imbroglioni.

Il tempo sembra essersi fermato, come sospeso, all’interno del camerino dell’Alhambra Music Hall, che tra indumenti gettati alla rinfusa e l’odore pungente di un’intimità ormai svelata, rappresenta un capolavoro squisitamente femminile capace di disorientare anche il più abile reporter.

Fevvers, la Venere cockney del trapezio, è venuta alla luce non attraverso i canali normali, ma sbucando da un uovo mentre suonavano le campane di Bow Church. Questo dovrebbe servire a spiegare le due enormi protuberanze presenti sulla sua schiena. Si tratta di un bel paio di ali dal piumaggio squillante di colori, e che servì a i parigini per battezzarla come l’auge anglaise, l’angelo inglese.

Ma Fevvers non ha propriamente delle caratteristiche riconducibili agli angeli (escluse le fantomatiche ali) né tantomeno a una Venere di qualsiasi genere. Alta un metro e ottantacinque per ottantotto chili, quest’aerialist londinese sembra somigliare più a una giumenta da tiro che a un angelo.

Rozza, sboccata e irriverente, Fevvers trascina Walser nella sua vita picaresca attirandolo sempre più verso il basso, tanto che quest’ultimo arriverà ad abbandonare tutto per unirsi al circo itinerante del quale la nostra protagonista è il fiore all’occhiello.

Da Londra a Pietroburgo fino in Siberia, queste le tappe del circo e della storia, che, snodandosi tra bizzarìe e crudeltà, porta il lettore, così come il nostro giornalista-clown, ad arrendersi al fascino di un mondo magistralmente descritto.

Non si può leggere “Notti al circo” senza rimanerne affascinati.

I vari mondi narrati da Angela Carter sono così vividi da venirne quasi risucchiati. Per non parlare di quei numerosissimi personaggi che, al pari di quelli dei fratelli Grimm, rappresentano tanti microcosmi, tante storie a sé, come nella più antica e fortunata tradizione fiabesca.

Un romanzo in tre parti: tre mondi da raccontare

Londra, la prima, è un universo “statico” dove il racconto si snoda solo attraverso la memoria della protagonista che ci riporta alla sua infanzia. Un “movimento del ricordo” ma rinchiuso tra le quattro mura del suo camerino, e che il linguaggio della Carter restituisce in tutta la sua claustrofobica femminilità.

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Nelle ultime due parti, Pietroburgo e la Siberia, si ribalta tutto. Il lettore viene immerso nel mondo del circo in continuo movimento; itinerante quanto basta a coinvolgere i personaggi nelle situazioni più bizzarre. Sono anche la uniche due parti dove la narrazione viene fatta anche dal punto di vista di Fevvers.

Molte sono le storie che troviamo incastonate all’interno della struttura principale.

Tanti piccoli mondi volutamente distinti ed entro i quali si snodano le storie dei tanti protagonisti che arricchiscono il romanzo. Si tratta di un’umanità unica, nel senso più letterario del termine. Sono infatti tutti accomunati da una vita trascorsa tra violenze e vessazioni di ogni tipo.

Una libertà negata e uno svogliato senso di riscatto che non li rende però mai veramente vincitori.

La Carter utilizza un linguaggio crudo, volgare, pieno di erotismo.

Il sesso è presente sempre come un sopruso mai come un piacere. Non mancano però i barocchismi, i riferimenti culturali altissimi (sfido qualsiasi lettore a riconoscerli tutti) e la capacità straordinaria di trasformare il monologo di un clown in una finissima analisi della fragilità umana.

L’autrice non possiede il dono della sintesi e, seppur la cosa non va certo a suo sfavore, bisogna ammettere che alcune descrizioni risultano un po’ prolisse.

Non trovo che questo influisca negativamente sulla lettura, perché proprio quando sembra che la noia stia per prendere il sopravvento, ecco che veniamo risucchiati nuovamente in un’altra storia, cinica e grottesca quanto basta a ridestare la nostra attenzione.

Per concludere, Notti al circo  si può definire come il racconto di un freak-show post-moderno nel quale le diversità (e le deformità) rappresentano un elemento di rivalsa.

Era strano eppure, nonostante il disordine paragonabile agli effetti di un’esplosione in un negozio di biancheria intima, il camerino di Fevvers colpiva per la sua anonimia. Non c’era altro che l’enorme manifesto con la dedica scarabocchiata a carboncino – « TOUJOURS, TOULOUSE» – la cui presenza aveva uno scopo puramente propagandistico, quella cioè di ricordare al visitatore la parte di lei che, fuori dal palcoscenico, teneva accuratamente nascosta. Nient’altro, nemmeno una fotografia in cornice tra gli unguenti sulla toletta, solo un mazzolino di violette ficcato in un barattolo della marmellata, che forse non era riuscito a trovare una sua collocazione sulla mensola del camino. Niente portafortuna, gatti in porcellana nera, vasi di erica bianca. Niente oggetti di lusso personali, come poltrone o tappeti. Niente che potesse tradirla. Il camerino di una stella, più spoglio della stanzetta di una sguattera.

Autore: Maria Del Medico

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