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Zero K | Don DeLillo

Zero k Don  DeLillo

Ci sono libri che riescono a metterti in difficoltà, al punto tale che è sempre difficile poterli raccontare in modo imparziale e obiettivo, così come vorrebbe una recensione fatta in piena regola.

Ciò capita quando non ti trovi davanti un romanzo dove si racconta una storia, ma un testo dove ti vengono buttati addosso argomenti che toccano, oltre al nostro gusto personale, anche cose come l’etica, la scienza, con una bella infarinatura sulla vita, sulla morte e sul loro significato sotto ogni punto di vista.

Nel suo Zero K DonDeLillo, autore che si è sempre contraddistinto per il suo stile e per il suo modo di raccontare la realtà, fa ruotare il tutto intorno a un argomento molto delicato: la crioconservazione del corpo umano e la possibilità di sviluppare una tecnologia in grado di rendere l’essere umano immortale.
Sì è un argomento delicato, ma questa è pur sempre la recensione di un libro e di esso si deve parlare.

La storia è raccontata in prima persona da Jeffrey Lockart, figlio di un magnate multimiliardario di nome Ross, ossessionato nel dare nomi casuali a cose o persone sconosciute.
Ad attendere Jeffrey, recatosi in un laboratorio scientifico chiamato Consequence, in un posto sperduto del Kazakistan, sono proprio suo padre Ross (principale finanziatore del laboratorio) e la sua compagna Artis, gravemente malata. Artis è in attesa di sottoporsi a un trattamento per la crioconservazione del proprio corpo sperando di risvegliarsi in un futuro, vicino o lontano, in cui sia stata trovata la cura per la sua malattia.
Zero K è il nome della procedura di crioconservazione, ispirata al concetto di Zero Assoluto, ossia la temperatura più bassa esistente.

In poche pagine subito capiamo che tipo di libro abbiamo di fronte: con l’escamotage, o il vizio, di Jeffrey a dare nomi a qualunque cosa, DeLillo riesce in maniera abile a costruire dei perfetti stereotipi, allo scopo di snocciolare e sviscerare ogni aspetto etico, filosofico, morale e scientifico dell’argomento che vuole trattare.
Il che non è un difetto: si parla di stereotipi perché i personaggi sono fin troppo chiari nella loro ruolo, ma hanno la particolarità di funzionare in maniera egregia.

Ogni personaggio rappresenta un punto di vista, una visione, un modo di vedere concetti come la vita o la morte e non solo! A DeLillo non basta porre questioni etiche e religiose, ma fa del concetto di “Vita Eterna” o della tecnologia in grado di attuarla un questione di élite,come se l’immortalità fosse qualcosa da comprare in un negozio o in una farmacia, ipotizzando un futuro dove questi “uomini immortali” possano prendere tra le mani il destino del mondo e salvarlo da qualsiasi catastrofe.

Chi guarda molte serie tv, molto probabilmente penserà: “Questo libro sembra una puntata di Black Mirror!”.
Per chi non lo sapesse, Black Mirror è una serie tv inglese dove in ogni puntata vengono analizzati degli scenari futuri in cui la tecnologia entra di sana pianta nella vita degli esseri umani sconvolgendo il concetto stesso di umanità. In termini tecnici, si parla di realtà distopiche. Zero K di DeLillo rientrerebbe perfettamente in questo genere che negli ultimi anni sta riscuotendo un enorme successo.

Per quanto il libro abbia tutte le carte in regola per essere un best seller, ci sono cose che purtroppo fanno storcere il naso: in alcuni frangenti il lettore si ritrova a leggere non pagine, ma interi capitoli dove Jeffrey descrive in maniera minuziosa ciò che lo circonda, spiegando e raccontando dettagli che alla fine dei conti non portano avanti in alcun modo la trama; cosa che può risultare fastidiosissima a molti. Questa scelta di stile, voglio credere, è da ricondurre a una sorta di colpo di scena che viene fuori man mano che si va avanti con la lettura e riguarda la vita privata dello stesso Jeffrey, come se il libro volesse portare avanti una sorta di trama secondaria, ma questa non ha nulla a che vedere con l’argomento della crioconservazione.

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Detto ciò, si può dire che Zero K di DeLillo è sicuramente un romanzo che vale la pena leggere, soprattutto per chi è affascinato di tematiche riguardanti il futuro, la tecnologia e i risvolti morali delle stesse. Al tempo stesso, però, il romanzo di DeLillo lascia un po’ di amaro in bocca perché, davvero, si ha la sensazione di avere tra le mani un capolavoro che poi, pagina dopo pagina, va scemando i suoi effetti a causa di scelte stilistiche alquanto dubbie.

Autore: Luigi Russo

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