Un incontro tra anime affini…conosciamo Emmanuèle Sandron
Personalmente non sono affatto fatalista; anzi credo piuttosto nell’auto-determinazione; tuttavia, nel mio percorso, ho ricevuto dalla vita diversi “segnali” (o che come tali ho voluto interpretare), di come alcuni incontri non capitino affatto per caso.
Qualcuno direbbe che erano predestinati: a me, piuttosto, piace pensare che – con le energie, la costanza e la passione che guidano le nostre azioni – sia possibile attirarne la positività; insomma, delle linee-guida favorevoli entro cui muoverci da artefici consapevoli.
È questo ciò che è accaduto il giorno in cui ho incrociato, per la prima volta, in quel “porto di mare” che è la cucina della nostra residenza, lo sguardo di Emma, scrittrice e traduttrice belga.
Al secolo Emmanuèle Sandron, si è subito fatta conoscere ed apprezzare per la sua simpatia e spontaneità.
Occhi vispi, folta chioma leonina di un meraviglioso rosso mogano e risata coinvolgente hanno immediatamente fatto breccia nel cuore di noi altri ospiti.
Scambiati i primi convenevoli abbiamo immediatamente legato e così la nostra amicizia è cresciuta giorno dopo giorno.
Quella con lei, dunque, non sarà la solita intervista o “conversazione salottiera”, quanto piuttosto una carrellata di flashback; come delle finestre aperte sulle tante nostre passeggiate serali lungo il porto fluviale del Venta e sino in spiaggia, in silenti colloqui con l’imponente Mar Baltico.
Per non parlare delle visite ai numerosi luoghi d’interesse cittadini, le incursioni in biblioteca (a caccia di fonti sempre nuove) e finanche le “missioni esplorative” nei dintorni.
A differenza della maggior parte degli scrittori, che difficilmente condividono il loro personalissimo modus operandi, Emma ama confrontarsi con gli altri, osservare l’umanità che la circonda, mettendosene in ascolto (uno dei nostri primi punti in comune).
Ogni storia, per lei, è spunto di riflessione e “rischia” di entrare a far parte, a vario titolo, di uno dei suoi scritti.
Se vogliamo il vero valore aggiunto dell’esperienza di writer-in-residence (già sperimentata allo Château du Pont d’Oye), che entrambe abbiamo colto e fatto nostro, pur venendo da percorsi apparentemente molto lontani, dal punto di vista spazio-temporale.
Per nulla gelosa del proprio lavoro Emma ama condividere anche momenti di impasse, con l’umiltà necessaria per far proprio un consiglio altrui, laddove lo ritenga valido.
Non di rado, infatti, davanti ad una gustosa tisana pomeridiana – dopo l’ennesima “job session” – aggiornava gli altri sulle nuove soluzioni individuate, a ridosso di snodi narrativi particolarmente delicati, frutto semmai di precedenti conversazioni mattutine.
E così, a poco a poco – proprio come la strada di mattoni gialli del Mago di Oz – Emma ci accompagna in un viaggio alla scoperta del suo mondo; raccontando di quando, poco più che adolescente, è stata per quattro anni a lavorare in Inghilterra, decidendo di consacrare la propria vita alla traduzione e più in generale alla scrittura.
Frequenta la scuola per Interpreti Internazionali di Mons e segue un ciclo di studi sulla traduzione letteraria presso il CETL di Bruxelles.
Casualmente, poi, si ritrova a condurre degli atelier di scrittura creativa nelle scuole, dapprima per bambini e ragazzi e poi anche per giovani ed adulti.
Parallelamente intraprende anche la carriera di critica letteraria per alcune riviste di settore.
Quando si parla di traduttologia (che da sola non può certo instillare il talento, né la fibra artistica), Emma ha le idee ben chiare:
“Il traduttore letterario è uno scrittore, deve fare attenzione alla musicalità della lingua, arrivando anche a creare neologismi e giochi di parole, pur di ottenere la resa migliore nella lingua di destinazione, a partire da quella sorgente”.
Ma non son forse le direttrici che stanno dietro al titolo della presente rubrica, “L’Autore Invisibile”? Ci siam dette entrambe nel toccare questo aspetto (ndr)!
Con l’unica sostanziale differenza che mentre la traduzione di un’opera preesistente affina la nostra padronanza linguistica, la scrittura personale è un qualcosa da conquistare, ad ogni testo, paragrafo o frase che sia.
Dopo svariati anni di gavetta, trascorsi dividendosi fra traduzioni commerciali, medico-scientifiche, rapporti delle istituzioni europee e programmi di musica contemporanea ha intrapreso la carriera di scrittrice.
Successivamente il suo editore ha inaugurato una collana di testi stranieri e le ha proposto la prima traduzione letteraria.
“Ho lavorato a lungo in modalità mista – sottolinea al riguardo – sino a quando ho avvertito che i tempi erano maturi per consacrarmi esclusivamente alla traduzione letteraria; ad oggi posso affermare, con orgoglio, di vivere solo della mia penna”.
E quando si tratta di dare qualche dritta alle nuove leve che si affacciano all’universo della traduzione, la nostra Emma non ha dubbi: “Frequentate gli eventi di settore con spirito proattivo, le associazioni di categoria, in modo da imparare a far rispettare i vostri diritti; fate networking coi colleghi, accettate di redigere delle schede di lettura per gli editori (è un ottimo viatico per sottoporre loro dei vostri progetti autoriali), credete in voi stessi, nella formazione continua, non abbiate paura d’avventurarvi nelle cosiddette “lingue minori” e non lasciatevi scappare alcuna occasione, anche se dovesse venire da un cosiddetto settore di nicchia”.
Del resto è solo innamorandosi di una storia, lavorando alla sua traduzione con dedizione, che si riesce a trasmettere cotanta passione ad un potenziale editore, convincendolo a crederci sino alla pubblicazione.
D’altronde questa è una professione che si basa molto su incarichi di tipo fiduciario: il più grande patrimonio di un traduttore è la sua firma, il passa parola può far la differenza e tocca dunque fare un abile lavoro di public relations.
Quando poi si parla dell’organizzazione quotidiana del lavoro, entrambe concordiamo sull’alta valenza della componente immaginifica, per alimentare il processo creativo.
“Le mie giornate sono sempre alquanto piene – confessa a tal proposito – raramente vado a dormire presto eppure almeno tre volte a settimana sento la necessità di ritagliarmi del tempo tutto per me, facendo delle passeggiate in un bosco o lungo un corso d’acqua; la scrittura viene a me mentre cammino, quando sono in connessione profonda con la natura”.
In definitiva, per imparare a tradurre, occorre leggere molto, con un’attenzione particolare rivolta allo stile: “Una storia m’interessa innanzitutto per il modo in cui essa viene narrata; può rivelarsi molto utile confrontare anche diverse traduzioni di un medesimo testo, in modo da valutare le scelte operate dai diversi traduttori, prima di optare per la propria”.