Dance dance dance |Haruki Murakami
Il mondo e la sua bicromaticità (il grigio e il nero) si riflettono, in Dance dance dance di Haruki Murakami, in un personaggio molto particolare, nel pieno stile dello scrittore giapponese: un giornalista insoddisfatto del proprio lavoro, senza amici, solitario, che sembra tirare avanti per inerzia.
Non avevo nessuna ambizione o aspettativa. Mi limitavo a sbrigare in modo sistematico i lavori che mi arrivavano uno dopo l’altro. Francamente, ogni tanto non potevo fare a meno di chiedermi se non stavo sprecando la mia vita. Ma concludevo che con tutta la carta e l’inchiostro che consumavo, non ero la persona più adatta ad opporsi agli sprechi.
Queste le poche parole che il protagonista usa per descriversi, e queste le poche informazioni su di lui che dovremo farci bastare per l’intera durata del romanzo.
L’albergo del Delfino
In realtà, un piccolo spiraglio di luce si fa capolino da qualche tempo a questa parte tra il grigio e il nero che pervadono la vita di questo personaggio di cui non ci viene svelato neppure il nome. Si tratta del ricordo di un amore, o almeno di qualcosa che gli assomigliava tanto. Una relazione indissolubilmente legata ad un posto specifico, che non si sa nemmeno se si può definire luogo vero e proprio: l’Albergo del Delfino. Impulsivamente, il giornalista decide di mettersi in viaggio per tornare lì, in cerca di qualcosa che ancora neanche lui ha capito bene cosa sia.
Una sorpresa lo attende: l’Albergo come lui lo ricordava non esiste più. Al suo posto, è sorto un super moderno e lussuoso resort a cinque stelle frequentato da gente facoltosa, ben diversa dalla clientela che lo popolava negli anni precedenti. Non c’è neanche traccia del suo simpatico proprietario; piuttosto una serie di bellissime signorine in tailleur accolgono i turisti con un fare decisamente più distaccato e professionale. A quest’eventualità il nostro incolore protagonista non era proprio preparato, spinto fin là da un lontano ricordo, un sogno forse…quello di un albergo che ormai non esiste più, sparito nel nulla come la sua Kiki.
Danza, danza, danza
Un uomo-pecora, ad esempio. L’illusione di un mondo parallelo abitato dalle persone che ci lasciano, ma non muiono: semplicemente passano in un’altra dimensione. Un’introversa tredicenne che ascolta musica tramite le sue cuffiette. Un amico di vecchia data, e un rapporto imbevuto di tenerezza con una donna che mai si sarebbe immaginato. Ecco cosa troverà il nostro protagonista a Sapporo, in seguito alla sua ricerca dell’Albergo del Delfino.
Una serie di personaggi, esseri più o meno umani, più o meno verosimili; una serie di accadimenti, che sembrano volerlo incitare a trovare quello slancio vitale di cui ormai da tempo difetta. E su tutti, un consiglio continua a rimbombargli nel cervello, destinato ad accompagnarlo ancora per tanto tempo:
I tuoi piedi non dovranno mai fermarsi. Anche se quello che fai può sembrarti stupido, non pensarci. Un passo dopo l’altro, continua a danzare. […] I mezzi che hai, usali tutti. Fai del tuo meglio. Non devi avere paura di nulla. […] Devi danzare, e danzare bene. Tanto bene da lasciare tutti a bocca aperta.
Un realismo intriso di magia
Scritto alla fine degli anni ’80 e arrivato in Italia esattamente dieci anni dopo, Dance dance dance è il sequel di Nel segno della pecora; entrambi i romanzi, più un altro non pubblicato in Italia, compongono la cosiddetta Trilogia del Ratto. Tuttavia, come si evince anche dalla trama, non si tratta di un libro accessibile solo a chi abbia letto quello che lo precede; anzi, si costituisce come un capitolo a sè della storia del protagonista.
Il tema della solitudine e della ricerca interiore, così frequente in Murakami, è qui portato all’esasperazione. Ancora una volta i suoi protagonisti sono esseri riservati, chiusi verso il mondo che li circonda, all’apparenza quasi privi di voglia di vivere. Così portati alla malinconia da suscitare rabbia, talvolta.
È presente anche l’elemento surreale, che si inserisce in una quotidianità, quella del protagonista, realistica quasi fino alla noia. Per fortuna lui, ma anche altri personaggi che popolano il libro, hanno questa via di fuga, che non comprendono appieno, ma che li porta ad aspettarsi ancora qualcosa dalla vita.
Nello specifico, l’elemento magico in Dance dance dance è l’uomo-pecora, e il suo mondo accessibile dal sedicesimo piano dell’Albergo del Delfino. Si tratta di un personaggio che abbiamo già conosciuto ne Il segno della pecora e che ritroveremo nel 2015 anche in La strana biblioteca (seppure in un’accezione del tutto differente).
È proprio l’uomo-pecora che si fa portatore del messaggio finale che in quest’opera di Murakami, a differenza di molte altre da lui scritte, si palesa in tutta la sua grandezza. Un messaggio di speranza, un incoraggiamento a non lasciarsi sfuggire quanto di bello la vita può ancora offrire e a danzare sulle note della nostra vita, sempre e comunque.