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“Mitologia di famiglia” di Cristina Guarducci

mitologia di famiglia guarducciCon il suo “Mitologia di famiglia” Cristina Guarducci è riuscita a dividere il pubblico in maniera decisa: da un lato ci sono i lettori “feriti” e traditi da una quarta di copertina decisamente altisonante, dall’altro una bella fetta di lettori che ne è rimasta conquistata. 
Per conto mio, sono molto più vicina a questa seconda schiera: ho trovato nel romanzo un forte spessore psicologico dei personaggi, in sintonia con il peso del Mito.

Credo che “Mitologia di famiglia” sia quel tipo di romanzo che, quando arrivi all’ultima pagina, non possa che lasciarti soddisfatto, seppure ti lasci addosso una sorta di senso di non detto, quasi una fame, per cui non ti dispiacerebbe se ci fosse un seguito, anche solo per saperne ancora di più. 

Il romanzo della Guarducci (edito per Fazi nel 2005), ambientato in una Prato conformista ruota attorno alle vicende di una famiglia solo all’apparenza normale: un padre chirurgo, una madre casalinga amante dello shopping, il figlio primogenito con una grande connessione con gli uccelli, una figlia bellissima, un figlio timido e appassionato per le scienze (che non esce quasi mai dalla sua stanza) e l’ultimo figlio, con uno spirito saldo e l’io narrante.
In realtà qualcosa di oscuro si muove attorno agli abitanti di Villa Paludosa.

Attraverso gli occhi e la voce di una delle figlie, conosceremo le perversioni e i segreti di questa famiglia fuori dal comune.
Il padre, ad esempio, è un sanguinario, forse addirittura un killer, che usa i bisturi per sfogare la propria frustrazione: relegato nell’Ospedale di Prato, sente una rabbia costante ribollirgli per non aver accettato di partire per gli USA, all’inizio della propria carriera ed aver perso l’occasione di diventare un chirurgo di fama internazionale.
La madre è una casalinga repressa, che cucina sempre la stessa Zuppa Verde per la famiglia, ma che per se stessa nasconde un frigorifero pieno di cibi differenti: cioccolata, salmone, caviale, solo per il suo palato.
La bellissima figlia, durante una vacanza estiva a Villa Paludosa, dopo esser stata morsa da un lupacchiotto, si trasformerà in una licantropa.
Il primogenito crede di essere un gabbiano bipede, l’altro figlio ha la mania di piegare gli animali al suo volere e l’ultimo figlio sarà il fondatore di una setta che sconvolgerà la loro piccola città della Maremma.
La stessa protagonista avrà una relazione con un “mezzo uomo”, dando vita ad una progenie di creature innaturali, che emergeranno dalle acque in cui erano stati gettati i feti.

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Fa da sfondo una natura selvaggia, forte, indomita, talvolta magica. 

Per voce della protagonista, Cristina Guarducci ci farà seguire le vicende della sua famiglia, da quando i figli sono piccoli, fino alla dissoluzione dei segreti e delle magie: segreti, incesti, misteri, sconvolgimenti, paure, intrecci tra nuclei familiari sono solo alcuni degli ingredienti pulp di questa favola horror.

L’uso della prima persona e lo stile fluido e scorrevole permette al lettore di comprende in maniera diretta le dinamiche della famiglia.

Un libro che credo sia difficile catalogare in un unico genere, da leggere nella sua duplice chiave psicologica e sociale: tramutare in creature innaturali e mitologiche i componenti della famiglia permette di evidenziare in maniera paradossale le perfidie nascoste dietro ogni nucleo familiare.

Lo consiglio ad un pubblico giovane, che vive in maniera conflittuale il proprio rapporto con la famiglia e che, con questo libro, può vederne in “chiave moderna e un poco pulp” i suoi meccanismi interni; soprattutto, però, lo consiglio ai genitori, i primi ad essere messi in discussione nel romanzo di Cristina Guarducci.

Autore: Manuela Vitale

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